Dalla Conferenza UE ad alto livello di Vienna (20-21 settembre 2018) la conferma della necessità di un check fitness della legislazione acque, che la Commissione UE ha già intrapreso, anche attraverso il lancio di pubbliche consultazioni, visto che gli obiettivi fissati, nonostante alcuni miglioramenti, sono ancora lontani.
Si è chiusa a Vienna la Conferenza europea ad alto livello sull’acqua (20-21 settembre 2018) che ha avuto per focus l’esame dei progressi compiuti dai Paesi membri nell’attuazione della legislazione europea in materia di acque e se l’attuale legislazione sia in grado di affrontare le sfide idriche attuali e future, quali l’inquinamento da microplastiche o da prodotti farmaceutici e gli impatti dei cambiamenti climatici.
All’evento, organizzato congiuntamente dalla Direzione generale Ambiente (DG ENV) della Commissione europea e dalla Presidenza austriaca di turno dell’UE, hanno partecipato circa 400 rappresentanti dei Paesi membri, soggetti interessati di vari settori economici, sociali e ambientali, la Commissione UE, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ed altre istituzioni dell’UE, che hanno rappresentato le rispettive esperienze sull’efficacia e adeguatezza della Direttiva quadro sulle acque e le correlate Direttive, la Direttiva sulle alluvioni e la Direttiva sul trattamento delle acque reflue.
L’obiettivo principale, previsto dall’attuale legislazione, è il raggiungimento di un buono stato delle risorse idriche dell’UE entro il 2027, visto che l’obiettivo previsto al 2015 è stato mancato. L’ultimo Rapporto dell’AEA sullo stato delle acque europee, pubblicato il 3 luglio scorso, ha rilevato che solo il 40 % dei laghi, dei fiumi, delle acque costiere e degli estuari monitorati ha raggiunto almeno lo stato ecologico di “buono” o “elevato” della Direttiva durante il periodo di monitoraggio 2010-2015.
Quantunque siano stati compiuti progressi in tutta Europa nel miglioramento della qualità dell’acqua, nella gestione più integrata della risorsa, nella disponibilità di dati, compresi quelli relativi alla gestione dei rischi per prevenire le alluvioni, permangono problemi strutturali, in particolare gli inquinamenti derivanti dall’agricoltura, l’eccessiva estrazione di acqua, le acque reflue non adeguatamente trattate e le alterazioni geomorfologiche determinate da infrastrutture che danneggiano i corsi fluviali e i bacini lacustri.
In merito, la Commissione UE si appresta a trovare misure ed azioni strategiche nell’ambito del processo in corso di valutazione e revisione complessiva della legislazione acque, compresa la Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.
A tal fine la Commissione UE ha avviato il 17 settembre 2018 la Consultazione Pubblica sulla Direttiva acque e sulla Direttiva alluvioni, a cui è possibile partecipare fino al 4 marzo 2019, rispondendo al Questionario on line disponibile in alcune o in tutte le lingue ufficiali dell’UE.
Mentre l’altra Consultazione sulla Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane avviata il 13 luglio 2018 scadrà il 17 ottobre 2018. Quest’ultima Consultazione ci chiama in causa in modo diretto ,visto che l’Italia, non essendo riuscita dopo quasi 20 anni a dotare 74 agglomerati urbani sopra i 15.000 abitanti di impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue, è stata recentemente condannata dalla Corte di Giustizia europea ad una somma forfettaria di 25 milioni di euro, nonché ad una penalità di 30 milioni di euro per ogni 6 mesi di ritardo nell’attuazione della normativa.