In occasione delle giornate per la raccolta di adesioni per la petizione popolare promossa dalle rete delle ONG europee People4Soil al fine di chiedere l’introduzione di un quadro normativo dell’Unione europea, Legambiente ha diffuso un Dossier in cui sono raccontati alcuni dei numerosi casi italiani di spreco di territorio, frutto della mancanza di regole nazionali e comunitarie.
Il suolo è una delle più importanti risorse naturali del pianeta, essenziale, limitato, non rinnovabile e insostituibile. Tutelare il suolo vuol dire proteggere il paesaggio, la biodiversità e i servizi fondamentali per il nostro benessere che dipendono da un suolo in buona salute. Nonostante la sua importanza, l’UE non ha ancora una legislazione per arginare il consumo e il degrado di suolo.
Ogni anno in Europa vengono inghiottiti dal cemento 1.000 Km2 di suolo nell’assenza totale di norme condivise che lo difendano. Per questo oltre 400 Associazioni in tutta Europa, tra cui Legambiente, si sono mobilitate assieme ai cittadini per chiedere all’Unione europea un quadro legislativo che tuteli i suoli europei dall’eccessiva cementificazione, dalla contaminazione, dall’erosione, dalla perdita di materia organica e dalla perdita di biodiversità.
In occasione della Giornata Mondiale della Terra, l’Associazione ambientalista del cigno verde ha organizzato dei banchetti tra il 22 e il 25 aprile 2017 per incrementare le adesioni alla petizione popolare, promossa dalla rete di ong europee People4Soil che può essere firmata anche online con cui si chiede all’UE di introdurre una legislazione specifica sul suolo, riconoscendolo e tutelandolo come un patrimonio comune. Il traguardo da raggiungere è un milione di firme in tutta Europa entro il 12 settembre 2017 e quelle da raccogliere in Italia per raggiungere il quorum sono 54.000.
Frenare il consumo di suolo è per il nostro Paese una vera priorità: per la sua estensione in rapporto alle dimensioni territoriali italiane; perché è un processo sostanzialmente irreversibile; perché in molti casi è la ‘proiezione al suolo’ di scelte, pianificazioni o investimenti infrastrutturali discutibili sotto molti altri profili; perché si tratta di un fenomeno che macroscopicamente concorre a peggiorare la qualità della vita delle persone e il paesaggio, l’habitat delle comunità umane; perché in Italia la cattiva qualità dei processi di pianificazione e di controllo delle trasformazioni porta con sé, insieme al degrado del suolo, anche il peggioramento del paesaggio urbano, l’abusivismo, la crescita del rischio per le persone, il danno ambientale; perché oggi il nostro Paese, e non solo esso, ha di fronte una necessità e una sfida di rigenerazione urbana.
Eppure, nonostante la prima proposta di legge risalga a 5 anni fa, e l’anno scorso la Camera dei Deputati abbia licenziato la Legge “Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato” il Senato non è ancora riuscito a discuterlo in aula e c’è il rischio che anche questa legislatura si concluda prima che si giunga ad una conclusione condiva, viste le polemiche e le prese di posizioni che hanno contrassegnato il travagliato iter parlamentare della proposta legislativa.
In Italia in base ai dati ISPRA, l’urbanizzazione del territorio ha impermeabilizzato o compromesso, fino al 2015, circa 2,11 milioni di ettari: si tratta del 7% del territorio nazionale, e di una dimensione territoriale pari a circa un sesto della superficie coltivata (SAU). Siamo dunque in presenza di dati superiori alla media europea, ma la divergenza è del tutto interpretabile in base ai dati di maggior densità demografica, così che il dato procapite (pari a 346 mq/abitante) risulta coerente con la media degli altri Paesi europei.
Negli ultimi due anni si è rilevato un rallentamento che, ove confermato dalle ulteriori e future rilevazioni, appare del tutto ascrivibile alle particolari condizioni di crisi congiunturale del settore delle costruzioni: è troppo presto per affermare che il dato riscontrato nel biennio 2014-2015 (35 ettari/giorno) corrisponda ad un cambiamento strutturale.
Al fine di raccontare l’entità del consumo di suolo in Italia, Legambiente ha diffuso nei giorni scorsi il Dossier “Storie di suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi” dove vengono “narrate” 19 storie italiane emblematiche di spreco di territorio, frutto della mancanza di regole nazionali e comunitarie sulla tutela del comparto ambientale del suolo.
C’è quella di Megalò in Abruzzo, uno dei più grandi Centri commerciali d’Italia sorto sulla naturale cassa d’espansione del fiume Pescara vincolata a inedificabilità, e dei progetti di Megalò 2 e 3.
C’è, in Calabria, il progetto dell’isola ecologica Battaglina, che prevedeva la realizzazione, in un bosco asservito a usi civici, di una delle discariche più grandi d’Europa. Dopo anni di battaglia giudiziaria non si farà, ma sul terreno 10 ettari di bosco sono stati sostituiti da un vasto cratere.
In Emilia-Romagna, c’è l’avvio dei lavori per la realizzazione del primo lotto della Tirreno Brennero, che sarà con tutta probabilità anche l’ultimo, dato che i 2 miliardi necessari per completare l’opera non sono, né saranno, disponibili in futuro, si interromperà in piena campagna, nel comune di Sissa-Trecasali, senza alcun collegamento a poli logistici, produttivi, o ad agglomerati urbani significativi, ma al contrario, attraversando aree di grande pregio agricolo e naturalistico.
Un’altra colata di asfalto inutile è quella della Pedemontana lombarda, di cui al momento sono stati realizzati solo i primi due lotti per una ventina di km, sostanzialmente privi di traffico, più le tangenziali di Como e Varese: questi lotti hanno comportato la più grande deforestazione mai compiuta in Lombardia dalla fine della seconda guerra mondiale.
A Roma, continua il suo iter tra polemiche e conflitti, revisioni e limature di cubature, il progetto dello stadio della Roma: dal milione di metri cubi si è ora scesi a 600.000 ma non cambia la sostanza di un progetto viziato dalla scelta sbagliata che riguarda l’area di Tor di Valle, ansa del Tevere che richiederebbe di essere dispensata sia da volumetrie che da opere di difesa idraulica, proprio per consentire al fiume di occupare all’occorrenza i suoi spazi.
In Sicilia, tra Punta Religione e Marina di Modica un lembo di area costiera classificato come Sito di Interesse Comunitario, protetto dalla direttiva Habitat per la presenza di ambienti preziosi e vulnerabili, ha visto ripartire le ruspe (già bloccate nel 2006) per la realizzazione di un complesso turistico di 40.000 m2 di superficie, di cui 3.000 di edifici.
Ma sono tante altre ancora le vicende di autostrade, aeroporti, ville e insediamenti e centri commerciali raccontate nel dossier. Né mancano le storie di chi dice “no”, storie di suoli salvati come quelle, per esempio, della Regione Sardegna, del comune di Tollo in Abruzzo per la difesa del suolo agricolo, delle varianti urbanistiche con cui comuni come Artegna in Friuli Venezia Giulia e Borgarello in Lombardia hanno restituito a verde agricolo vaste porzioni di territorio destinata ad aree industriali o commerciali.
Immagine di copertina: Lavori per la Pedemontana lombarda (fonte: Strade & Autostrade)