Società

Lavoro minorile: anche l’Italia non ne è esente

In occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile (12 giugno), lanciata nel 2002 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e di mobilitare il movimento mondiale che lotta per l’eliminazione del lavoro minorile, UNICEF Italia ha presentato il 1° Rapporto statistico “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Il 12 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, lanciata nel 2002 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle situazioni inaccettabili che poggiano sullo sfruttamento lavorativo di bambini e adolescenti e di mobilitare il movimento mondiale che lotta per l’eliminazione del lavoro minorile.

Per due decenni, il mondo ha realizzato un notevole progresso nella riduzione del lavoro minorile. Ma negli ultimi anni, i conflitti, le crisi e la pandemia di COVID-19 hanno fatto precipitare più famiglie nella povertà e costretto milioni di bambini in più al lavoro minorile. La crescita economica non è stata abbastanza inclusiva per alleviare la pressione spinge troppe famiglie e comunità a ricorrere al lavoro minorile.

Il lavoro priva i bambini del loro diritto all’istruzione, ipotecando le opportunità di ottenere un lavoro dignitoso durante l’età adulta. È più che mai urgente trovare delle soluzioni che eliminino definitivamente il lavoro minorile che è dovuto principalmente al perpetuarsi della povertà e dell’esclusione sociale.

L’esclusione dall’istruzione e dalla formazione è spesso sistemica – ha affermato Gianni Rosas, Direttore dell’Ufficio ILO per l’Italia e San Marino – Essa è anche alla radice del lavoro minorile, dei lavori sotto remunerati e di scarsa qualità, e della segmentazione del mercato del lavoro. È piuttosto probabile che un bambino che non ha frequentato la scuola perché costretto a lavorare sarà un lavoratore povero durante tutta la vita lavorativa”.

Il lavoro minorile continua ad essere un fenomeno di portata globale e tutti i Paesi ne sono colpiti, sia direttamente che attraverso i canali del commercio mondiale e delle filiere globali di fornitura. Anche l’Italia non è esente da sacche di sfruttamento del lavoro minorile. Le rilevazioni di EUROSTAT evidenziano che in Italia nel 2022 un minore su quattro (il 26,9%) era a rischio di povertà e esclusione sociale.

L’ultimo Rapporto dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA) indica che la dispersione scolastica degli alunni delle scuole secondarie di primo grado (età 11–14 anni) riguarda principalmente i bambini e gli adolescenti e le regioni del Sud e le isole, con la Sicilia che registra il tasso più alto. In queste regioni, il rapporto segnala un’apparente correlazione tra abbandono scolastico e lavoro minorile che riguarda in particolare i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 15 anni.

In generale, il lavoro minorile in Italia rimane sottotraccia a causa della mancanza di rilevazioni statistiche e di dati amministrativi – ha aggiunto Rosas – I dati sono il punto di partenza e lo strumento indispensabile per monitorare il fenomeno e per attuare interventi efficaci e basati sui bisogni e le caratteristiche individuali dei bambini e sulle specificità dei diversi comparti economici e zone geografiche maggiormente colpite”.

In occasione dell’incontro “Tutelare i diritti dei minorenni che lavorano“, svoltosi in occasione della Giornata internazionale contro il lavoro minorile, UNICEF Italia ha presentato il 1° Rapporto statistico Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro“, da cui emerge che nel 2022:
– erano 69.601 i lavoratori minorenni 15-17 anni, in aumento rispetto ai 51.845 del 2021;
– la posizione di “dipendente” raccoglie la maggiore percentuale di lavoratori, seguita da “operai agricoli” e “voucher“;
la fascia di età entro i 19 anni nel 2021 i lavoratori erano 310.258, in aumento rispetto ai 243.856 del 2020.

Proponiamo oggi una riflessione pubblica sui dati, grazie alla collaborazione avviata con l’Università di Salerno nell’ambito dell’Osservatorio UNICEF per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile – ha sottolineato Carmela Pace, Presidente UNICEF Italia – Al fine di garantire un’attenzione particolare ai minorenni che lavorano, favorendo la diffusione di una cultura della prevenzione, nello scorso mese di febbraio abbiamo firmato un Protocollo con il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali per unire le forze nel perseguimento di questo importante obiettivo. Già nel giugno 2022 avevamo dato vita all’Osservatorio UNICEF per la prevenzione dei danni alla salute da lavoro minorile, proprio allo scopo di contrastare lo sfruttamento degli adolescenti e tutelare la legalità, a partire dalla realizzazione di studi, analisi e proposte da rivolgere alle Istituzioni competenti“.

Altri dati offerti dal Rapporto
Lavoro minorile. Le cinque regioni con il maggior numero di ragazzi fino a 19 anni occupati complessivamente nell’arco dei cinque anni presi in esame sono rispettivamente: Lombardia (240.252), Veneto (155.987), Emilia Romagna (134.694), Lazio (119.256) e Puglia (108.867);
Lavoro minorile e genere. Dei 310.287 minorenni fino a 19 anni coinvolti nel lavoro nel 2021, 193.138 sono maschi e 117.149 sono femmine – in aumento rispetto ai 154.194 maschi e le 89.674 femmine nel 2020.

Il maggiore impiego di lavoratori di sesso maschile entro i 19 anni rispetto a lavoratrici di sesso femminile, mostra la tendenza delle donne a essere più istruite degli uomini. Secondo l’Istat, il 65,3% delle donne ha almeno un diploma (rispetto al 60,1% degli uomini); le laureate arrivano al 23,1% (rispetto al 16,8% degli uomini). Si può osservare che il divario di genere nel tasso di occupazione (55,7% contro 75,8%) si riduce al crescere del livello di istruzione (31,7 punti per i titoli bassi, 20,3 per i medi e 7,3 punti per gli alti). Inoltre, per le giovani donne che decidono di abbandonare gli studi, ottenendo al più un titolo secondario inferiore, le possibilità di occupazione rispetto ai loro coetanei maschi sono di gran lunga minori (20,8% rispetto a 41,9%)

Denunce di Infortunio. Le regioni con le percentuali più elevate di denunce totali di infortunio nel quinquennio (-2021) dei lavoratori sotto i 19 anni sono: Lombardia (76.942), Emilia Romagna (40.000), Veneto (39.810) e Piemonte (31.997) che da sole ricoprono più del 50% delle denunce di infortunio nazionali.

Infortuni con esito mortale. Tra il 2017 e il 2021 sono stati 7 gli infortuni con esito mortale per i minorenni sotto i 14 anni e 67 per la fascia di età 15-19 anni. Sebbene il numero di denunce di infortunio sia stato maggiore nella fascia di età sotto i 14 anni, gli infortuni con esito mortale sono fortemente sbilanciati verso la fascia di età 15-19 anni.
Il Veneto rappresenta la prima Regione per infortuni con esito mortale. Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta non registrano alcun infortunio con esito mortale nel quinquennio preso in esame.

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