Per quanto tempo sarà ancora possibile vivere nelle nostre città? I moderni contesti urbani mantengono tutt’oggi la forte attrattiva basata sui servizi offerti e sulle maggiori possibilità lavorative. Eppure, emerge un diffuso ripensamento su quanto sia reale tale stato di benessere. Sono in molti, infatti, a muoversi verso l’idea che l’avere di più non corrisponda automaticamente allo stare meglio.
Mal’Aria 2025, qual è il livello di inquinamento atmosferico?
Le città sono sempre più care, caotiche, violente e inesorabilmente inquinate. Proprio su quest’ultimo aspetto, non può essere presa sottogamba la nuova allerta che arriva dal recente report Mal’Aria 2025 di Legambiente. Si tratta di un’analisi degli ultimi dati raccolti sull’inquinamento atmosferico nei capoluoghi di provincia italiani. Da questa, le nostre città sono state diagnosticate come malate croniche di smog e valutate ancora assai lontane dagli standard stabiliti nel Green Deal europeo che mira a migliorare, entro il 2030, la qualità della vita nelle aree urbane del continente.

A meno di cinque anni dall’ambizioso obiettivo, diventa importante e sempre più urgente comprendere quali sono le situazioni a rischio per la salute e, non meno, quali sono le azioni da intraprendere per riuscire a salvare l’aria che respiriamo. Secondo i dati analizzati da Legambiente, infatti, nel corso del 2024 ben 25 città le italiane delle 98 monitorate non sono rimaste entro i valori limite stabiliti dalla legge per quanto riguarda la presenza di PM10. Sempre secondo quanto fornito da Legambiente l’Italia ha, purtroppo, il primato europeo per i decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico (circa 50mila l’anno).
(Approfondimento)Qual è il limite di legge previsto per le polveri sottili? secondo il D.Lgs. 155/2010, attuativo della direttiva europea 2008/50/EC, il limite del PM10 è pari a 50 µg/mc da non superare per più di 35 volte ad anno civile, mentre il limite annuale non deve superare la media di 40 µg/mc.la direttiva europea 2008/50/EC, prende in considerazione anche il PM2,5 (materiale particolato sottile) in quanto ritenuto ancora più pericoloso per la salute umana, data la sua capacità di entrare nei polmoni e nel flusso sanguigno, essendo di dimensione simile a quella di un batterio.La direttiva, con l’obiettivo di raggiungere il miglioramento dell’aria in Europa entro il 2030 attraverso standard UE rafforzati e un totale azzeramento dell’inquinamento entro il 2050, intende disciplinare le principali sostanze alla base dell’inquinamento atmosferico, come il particolato e il particolato fine (PM2,5 e PM10), il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2), il benzene, l’arsenico, il piombo e il nickel.

Il materiale particolato aerodisperso comprende l’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria ambiente. Si indicano con PM10 le particelle di diametro inferiore o uguale ai 10 µm, mentre le PM2,5 o “particolato fine”, descrive tutte quelle particelle sospese con diametro minore di 2,5 µm.
Quali sono le principali cause di inquinamento dell’aria in città?
Se consideriamo che ogni essere umano inala circa 14 kg di aria al giorno (Fonte: consilium.europa.eu) è facile comprendere quanto sia importante migliorare la qualità di ciò che respiriamo. Sappiamo come gli inquinanti presenti nell’aria siano in grado di entrare nei polmoni e nel flusso sanguigno e, per conseguenza, di aumentare il rischio di farci incorrere in malattie respiratorie, cancro e ictus. Ma da dove hanno origine gli inquinanti atmosferici?
Secondo il grafico fornito dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) gli inquinanti atmosferici derivano, in varia percentuale, dal consumo energetico proveniente dalle nostre abitazioni, dalle strutture commerciali e istituzionali per quanto riguarda il PM2,5 (58%) e il PM10 (44%). L’industria manifatturiera ed estrattiva contribuisce invece all’aumento del biossido di zolfo (37%) e dei composti organici volatici non metanici (47%). Il trasporto stradale causa la presenza di ossidi di azoto nell’aria (37%), PM2,5 e PM10 (9%) mentre la presenza di ammoniaca è dovuta per il 94% dall’agricoltura.
Per ridurre in maniera significativa tali emissioni, servirà dunque adottare una serie di azioni finalizzate a contrastare la presenza di inquinanti atmosferici che derivano da queste ed altre attività e settori produttivi.
La tua città è tra quelle con più inquinamento atmosferico?
Arriviamo al sodo. Sicuramente ciascuno di noi vorrebbe sapere qual è il livello di inquinamento della città in cui vive in modo da capire se è il caso di raccogliere le proprie cose e tagliare la corda o di pretendere che le amministrazioni locali considerino come prioritario il miglioramento della qualità dell’aria. Ed ecco, quindi, la classifica delle città con più inquinamento atmosferico stilata in occasione del Report Mal’Aria 2025 di Legambiente.
Prima classificata per il superamento dei limiti consentiti di PM10 è la città di Frosinone (70 giorni oltre i limiti consentiti). Milano segue al secondo posto (68 giorni). Al terzo posto del podio troviamo Verona (66 giorni) e Vicenza (64 giorni). Seguono Padova e Venezia con 61 sforamenti. Superano i limiti consentiti dalla direttiva anche le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Per quanto riguarda la presenza di biossido di azoto (NO2), ossia l’inquinante diffuso nei centri urbani che deriva prevalentemente dal trasporto su strada, nessuna città italiana ha superato i limiti imposti dalla normativa, anche se Napoli e Palermo, hanno toccato proprio questa soglia (40 µg/mc), seguite da Milano e Como (32 µg/mc), Catania (32 µg/mc), Torino (31 µg/mc), Roma (30 µg/mc), Brescia e Trento (29 µg/mc). Si tratta comunque di un valore medio tra quelli registrati dalle singole centraline di raccolta, dove in realtà, ben undici di queste hanno registrato il superamento del valore limite, evidenziando in tal modo una reale minaccia alla salute di coloro che vivono nei quartieri con elevata presenza di inquinanti.
In conclusione, i dati rilevati dal report non possono che portarci a riflettere su come, nonostante le emissioni di inquinanti atmosferici siano diminuite dagli anni ’90 ad oggi, non ci troviamo affatto in una situazione ideale per la nostra salute e, ancor di più per quella delle generazioni future. Diventa doveroso, dunque, agire nell’immediato.
Cosa possiamo fare per ridurre l’inquinamento dell’aria?
L’inquinamento dell’aria può portare all’aumento di patologie respiratorie e cardiovascolari, diabete e tumori. Sempre secondo i dati forniti dall’AEA sono sempre di più i decessi causati dall’esposizione a concentrazioni di inquinanti superiori ai livelli imposti dalla legge e da quelli raccomandati dall’OMS. Si sono contati, nel 2020, 238000 decessi causati dal Particolato fine (PM2,5), 49000 dal Biossido di azoto (NO2) e 24000 dall’Ozono (O3). C’è da sottolineare anche che l’inquinamento atmosferico non ha ricadute che riguardano la sola salute umana ma anche gli ecosistemi, la biodiversità, le coltivazioni, le foreste e, in generale, comporta anche a ingenti perdite economiche.
Un esempio è il processo di eutrofizzazione che avviene quando gli ossidi di azoto (NOX) e l’ammoniaca (NH3) nell’aria si depositano sul terreno e nelle acque facendo crescere rapidamente alghe e piante acquatiche che, nel decomporsi, riducono i livelli di ossigeno. Come diretta conseguenza si hanno gravi danni per la fauna acquatica e l’acidificazione dei suoli forestali e dei corsi di acqua dolce.
Certamente, per migliorare la situazione in maniera globale sarà necessario l’intervento di tutti: a partire dalle istituzioni e, insieme, anche dai singoli cittadini. Serve avere una maggiore consapevolezza dei rischi causati dagli inquinanti e ottenere maggiori informazioni sulle alternative possibili. È necessario comprendere e diventare determinati nell’intraprendere il cambiamento, partendo anche dalle piccole azioni e abitudini come, ad esempio, fare scelte di acquisto che privilegiano filiere brevi o a km0, utilizzare mezzi di trasporto green per compiere i brevi tragitti, ridurre gli sprechi, installare determinati impianti energetici, riciclare e riusare, vivere la riparazione come alternativa all’acquisto di oggetti nuovi e molto altro ancora.
Fonti:
- Report Mal’Aria 2025 Legambiente
- Direttiva 2008/50/CE Del Parlamento Europeo e del Consiglio
- European Environment Agency
- Grean Deal Europeo