Uno studio del Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione UE evidenzia che, nonostante un graduale passaggio a fonti energetiche alternative, i dispositivi a combustione per riscaldamento e raffreddamento che determinano inquinamento atmosferico continuano a dominare il mix energetico, rappresentando nel 2022 il 97% della produzione di calore, e l’analisi dei PNEC presentati mostra che 12 Stati membri non sono ancora in grado di soddisfare i requisiti della nuova Direttiva della qualità sull’aria ambiente e molti prevedono ancora quote di energie rinnovabili al 2030 al di sotto dei livelli attesi.
Gli edifici e le nostre case sono una fonte notevole di inquinanti atmosferici, con il settore del riscaldamento e del raffreddamento che contribuisce in modo significativo al rilascio del 73% di particolato fine (PM2.5), il 33% di ossidi di azoto (NOx), il 2% di ammoniaca (NH3), il 18% di composti organici volatili non metanici (COVNM), il 61% di monossido di carbonio (CO) e il 49% di anidride solforosa (SO2), tutti fattori che comportano gravi rischi per la salute.
A ribadirlo è lo studio “Tendenze dell’inquinamento atmosferico nel settore del riscaldamento e del raffreddamento nell’UE-27: uno sguardo al 2030” del Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione UE, che sottolinea come, nonostante un graduale passaggio a fonti energetiche meno inquinanti per il riscaldamento, i dispositivi a combustione che emettono sostanze inquinanti continuino a dominare il mix energetico, rappresentando nel 2022 il 97% della produzione di calore.
Secondo il JRC, a seguito della revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria ambiente, entrata in vigore lo scorso dicembre, diversi Stati membri dovranno compiere ulteriori sforzi per conformarsi agli obiettivi più rigorosi sulla qualità dell’aria entro il 2030, poiché l’UE ha avvicinato i propri standard ai più stringenti livelli delle Linee Guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
In questa situazione, identificare correttamente i fattori che determinano l’inquinamento atmosferico è fondamentale per selezionare e raccomandare alternative più pulite rispetto alle attuali pratiche, dal momento che, nonostante un graduale passaggio a fonti energetiche meno inquinanti per il riscaldamento nell’UE, i dispositivi a combustione che emettono sostanze inquinanti continuano a dominare il mix energetico, rappresentando il 97% della produzione di calore nel 2022.
Mentre l’UE-27 ha ridotto il suo consumo energetico finale lordo complessivo (GFEC) nel 2022 (ultimi dati disponibili al momento dello studio) del 9,5% rispetto al 2005, il consumo per riscaldamento e raffreddamento ha avuto prestazioni migliori, riducendosi del 16% nello stesso periodo, per effetto di un minor fabbisogno energetico per il riscaldamento degli edifici e, in parte, per la maggiore efficienza degli impianti di riscaldamento.
L’uso di pompe di calore, senza emissioni dirette di inquinanti, è aumentato di sei volte dal 2005, rappresentando attualmente il 3,7% del consumo energetico finale lordo. Mentre il settore del riscaldamento e del raffreddamento ha raggiunto una quota di energia rinnovabile del 25% nel 2022, le pompe di calore rappresentano ancora una porzione relativamente piccola, contribuendo solo al 15%.
Le emissioni inquinanti da riscaldamento sono dominate dal settore residenziale (85% di PM2.5, 82% di NMVOC, 79% di ammoniaca e 76% di CO), dimostrando la necessità di stabilire limiti di emissione inquinanti più severi per gli elettrodomestici venduti per l’uso in questo settore, particolarmente rilevante per gli impianti a biomassa per il PM2.5, e per gas e biomassa per i NOx.
Basandosi su precedenti ricerche sulla combustione su piccola scala e sugli sforzi in corso per migliorare le stime dell’inquinamento atmosferico nell’Emissions Database for Global Atmosheric Research (EDGAR), lo studio individua i fattori chiave che influenzano le emissioni:
– il tipo di combustibile utilizzato (ad esempio gas naturale, legna, olio, pellet o elettricità);
– la tecnologia impiegata (come stufe, camini, caldaie o pompe di calore);
– l’efficienza complessiva di questi sistemi.
Lo Studio del JRC ha analizzato, inoltre, Piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC), sia le bozze finali del 2019 sia le ultime stesure che delineano come i Paesi dell’UE intendono raggiungere i propri obiettivi energetici e climatici per il 2030, da cui emerge un aumento degli obiettivi I risultati mostrano un aumento degli obiettivi per le energie rinnovabili.
Ad esempio, la Svezia punta ad aumentare ulteriormente il suo contributo alle energie rinnovabili per il riscaldamento e il raffreddamento rispetto a quanto indicato nel suo PNEC del 2019, raggiungendo una quota del 73% entro il 2030, mentre la Danimarca, che punta a una quota del 77%, mostra il maggiore incremento in percentuale (17%) confrontando le rispettive proposte di PNEC.
Tuttavia, 12 Stati membri non sono ancora in grado di soddisfare i nuovi requisiti dell’UE e molti paesi prevedono ancora quote di energie rinnovabili al 2030 al di sotto dei livelli attesi. La Commissione ha formulato nel dicembre 2023 le sue valutazioni e raccomandazione sui PNEC aggiornati, tra cui, ove pertinente, la necessità di aumentare l’ambizione per le energie rinnovabili.
Secondo le bozze del PNEC del 2023, l’uso delle pompe di calore dovrebbe aumentare del 22% entro il 2030, mentre le proiezioni relative al riscaldamento tramite biomassa sono aumentate solo di poco, con alcuni Paesi che hanno ridotto gli obiettivi a causa di preoccupazioni per la qualità dell’aria.
Questi risultati evidenziano la sfida complessa e multiforme che l’UE deve affrontare per bilanciare il fabbisogno energetico con gli obiettivi di qualità dell’aria e di decarbonizzazione. Infatti, nonostante i progressi compiuti nell’adozione delle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, il continuo ricorso ai combustibili fossili e alla biomassa nei sistemi di riscaldamento comporta rischi costanti per la qualità dell’aria.