Fonti rinnovabili

Idrogeno verde: Italia grande assente per progetti in UE

L’Hydrogen Innovation Report 2023, redatto dall’Energy & Strategy Group del POLIMI, evidenzia che l’Italia è molto indietro rispetto agli altri principali Paesi europei per progetti di impianti per la produzione di idrogeno da elettrolisi, sia a causa di una vera e propria Strategia nazionale che per le criticità legate alle infrastrutture di trasporto e stoccaggio.

In un contesto in cui, rispetto agli obiettivi al 2030 contenuti nella Strategia europea (40 GW di capacità d’elettrolisi), si osservano annunci più che doppi – e in particolare nel quinquennio 2026-2030, quando dovrebbero entrare in funzione 154 progetti (70,6 GW), ammonta ad appena 24 progetti su un totale europeo di 631 il contributo annunciato dall’Italia all’installazione di impianti per la produzione di idrogeno da elettrolisi nei prossimi 7 anni.

Sono alcuni dei dati contenuti nell’Hydrogen Innovation Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy Group (E&S) della School of Management del Politecnico di Milano e presentato il 6 luglio 2023, che indaga le tendenze normative, tecnologiche e di mercato che caratterizzano il nascente mercato dell’idrogeno e che quest’anno punta i riflettori in particolare sulle criticità legate al trasporto e allo stoccaggio, due ulteriori sfide per la diffusione dell’idrogeno “verde”.

Le recenti calamità climatiche che hanno investito il nostro Paese, così come molte altre parti del Mondo, devono portare ad accelerare il raggiungimento degli obiettivi di totale decarbonizzazione previsti nella Strategia del Green Deal europeo. Per realizzare ciò, un ruolo fondamentale potrà essere giocato dall’idrogeno, componente essenziale per la decarbonizzazione dei settori Hard-to-Abate (acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro) e passaggio chiave per gestire la necessaria forte penetrazione delle rinnovabili mediante il sector coupling.

La realizzazione di una forte penetrazione dell’idrogeno nel nuovo contesto energetico globale comporta però scelte strategiche a livello nazionale, se non continentale, dove la nascita di un sistema coerente di regole e di necessari sistemi di supporto e incentivazione devono andare di pari passo con il progresso delle tecnologie lungo tutta la catena del valore, dalla produzione all’utilizzo finale, passando per il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno.

(Fonte Energy & Strategy Group

L’Italia, nonostante gli ingenti investimenti per l’idrogeno previsti, e in gran parte già assegnati, all’interno del PNRR (3,6 miliardi di euro già assegnati al 63%, in controtendenza rispetto ad altri ambiti), non si è ancora data una chiara strategia nazionale (ci sono solo Linee guida) con il rischio di perdere la visione di insieme e di non gettare le basi per lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno.

In Europa i 5 Paesi europei più attivi (circa il 75% della produzione) e cioè Germania, Spagna, Olanda, Danimarca e Regno Unito, hanno annunciato ciascuno superiori a 10 GW al 2030, più precisamente tra gli 11,4 di Gran Bretagna e i 17 della Germania. 

Fonte: Rielaborazione Energy & Strategy su dati IEA e fonti secondarie

Le nostre analisi evidenziano che lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno verde costituisce lo strumento principale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nei settori industriali cosiddetti hard-to-abate e nel trasporto pesante – ha dichiarato Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano – Occorre però maggiore chiarezza a livello comunitario sulla definizione di green gas, per non rallentare le iniziative in partenza e chiarire le possibili configurazioni di produzione ammissibili, così come servono specifici strumenti di incentivazione per l’idrogeno. In Italia, in attesa del documento finale sulla Strategia Nazionale per l’idrogeno, vanno definiti chiaramente obiettivi e linee guida per raggiungere una piena decarbonizzazione: snellire gli iter autorizzativi necessari alla crescita delle rinnovabili, favorire l’installazione di nuova capacità legata agli elettrolizzatori e i progetti per applicare l’idrogeno ai settori hard-to-abate, definire le norme tecniche di sicurezza in merito a produzione, trasporto, stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno, come previsto dal PNRR. Allo stato attuale della tecnologia e dei costi di produzione, senza incentivazioni o qualche forma di ‘prescrizione’ gli utilizzatori industriali hanno una scarsa convenienza economica a sostituire il metano o l’idrogeno grigio con l’idrogeno verde”.

Lo sviluppo del mercato dell’idrogeno rappresenta un’opportunità d’innovazione sia a livello tecnologico che di business anche per le nuove realtà imprenditoriali e l’Europa gioca in prima linea in questa filiera. Su 274 startup nel mondo, analizzate nel Rapporto, sono la metà quelle europee e tuttavia hanno raccolto appena il 26% dei finanziamenti, mentre quelle statunitensi (38% del campione) sono andati ben 1,9 miliardi di dollari, pari a due terzi del totale (2,9 miliardi). In Europa i Paesi più attivi sono Gran Bretagna (38 startup e il 41% dei finanziamenti europei), Germania e Francia, mentre l’Italia contribuisce con appena 8 startup

La mancanza di una chiara strategia nazionale frena anche la nascita di nuove realtà imprenditoriali, perché pone gli investitori in una situazione di incertezza – ha chiarito Davide Chiaroni, Vicedirettore dell’Energy&Strategy Group – Invece le startup sono fondamentali per sviluppare tutte le nuove tecnologie di cui l’intera filiera dell’idrogeno ha bisogno, anche per contenere i costi che al momento sono uno degli ostacoli principali, e a cui i player tradizionali sono meno interessati”.

Quasi il 90% delle startup offre principalmente (se non esclusivamente, 73%) soluzioni hardware e si rivolge a clienti business, più propensi a sperimentare l’utilizzo dell’idrogeno nei propri processi produttivi. Unica eccezione la categoria “veicoli a idrogeno”, dove il 47% delle startup offre soluzioni combinate B2B e B2C.

Le tecnologie a disposizione per lo stoccaggio d’idrogeno hanno generalmente un buon grado di maturità, grazie anche alla notevole esperienza dell’industria chimica nella gestione di questa molecola, pura o associata a un carrier, ad esempio l’ammoniaca. Tuttavia, le differenti performance tecno-economiche delle soluzioni analizzate vincolano però il loro utilizzo a specifiche finalità in termini di orizzonti temporali e volumi stoccabili. Per soddisfare le varie necessità di accumulo degli utilizzatori finali e del sistema energetico (stoccaggio stagionale) sarà dunque necessaria la coesistenza di molteplici soluzioni che tengano conto delle tecnologie esistenti, delle performance ottenibili e dei costi.

La costruzione di un’infrastruttura per il trasporto dell’idrogeno richiederà la combinazione di tecnologie eterogenee sia in termini di mezzi di movimentazione (trasporto su strada, su rotaia, via pipeline e via nave) che di stato chimico-fisico dell’idrogeno (idrogeno puro, in blending o hydrogen carrier), in funzione non solo dei volumi da trasportare, ma anche delle distanze da coprire (trasporto locale, nazionale ed intercontinentale).

Si sottolinea, inoltre, che gli investimenti e i costi operativi imputabili al trasporto saranno trasferiti sul prezzo del prodotto alla consegna; pertanto, in una logica di sistema e di minimizzazione dei costi, risulta importante valutare la riconversione delle attuali infrastrutture esistenti (quali ad esempio i gasdotti, gli oleodotti e le navi cisterna) per il traporto dell’idrogeno e dei suoi carrier.

A livello globale, gli Stati Uniti al 2030 puntano non solo sull’idrogeno da elettrolisi, ma anche su quello low carbon; a fronte di 58 progetti di produzione di idrogeno tramite elettrolisi per un totale di 11,5 GW, principalmente (78%) alimentati tramite un mix di rinnovabili, ve ne sono 32 di idrogeno low carbon (4,3 MtonH2/anno), l’89% legati alle tecnologie di reforming del metano. I massicci sussidi per gli utilizzatori nella forma di tax credit per kg. di idrogeno decarbonizzato prodotto previsti dalla Legge statunitense Inflation Reduction Act (IRA) approvata dal Congresso la scorsa estate) hanno infatti reso gli USA un Paese appetibile da parte degli investitori.

Ciò ha spinto l’UE ad accelerare sul fronte della produzione di idrogeno, strategico nel nuovo Piano industriale per aumentare la competitività dell’UE nelle tecnologie pulite, creando la Banca Europea per l’Idrogeno per sussidi ad hoc.

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