Cambiamenti climatici Diritto e normativa

GCCA: l’iniziativa dell’UE non è stata all’altezza delle ambizioni

La Corte dei Conti europea ha riscontrato che le azioni completate dell’iniziativa Alleanza Mondiale contro il Cambiamento Climatico (GCCA) per le quali sono stati stanziati 728,8 milioni di euro, compresi i contributi forniti dai Paesi dell’UE (2007-2020) a 728,8 milioni di euro, compresi i contributi forniti dai Paesi dell’UE, hanno prodotto i loro risultati, ma che c’era spazio per ridurne i costi e dimostrarne l’impatto.

L’Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico (GCCA), l’iniziativa UE avviata nel 2007 per sostenere i Paesi poveri in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico, non è stata all’altezza delle aspettative.

È questa la conclusione della Relazione speciale pubblicata il 15 febbraio 2023 dalla Corte dei conti europea (ECA) che ha trovato pochi elementi a conferma del successo dell’iniziativa nell’accrescere la resilienza dei paesi al cambiamento climatico e, relativamente all’efficienza, le azioni che sono state portate a termine hanno generalmente prodotto il risultato previsto, ma talvolta a un costo elevato.

Abbiamo rilevato che l’impatto dell’iniziativa “Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico” è stato inferiore alle aspettative e che il passaggio previsto fra lo sviluppo di capacità e le azioni più concrete a sostegno diretto della popolazione non è stato sistematico – ha dichiarato Hannu Takkula, il membro della Corte responsabile dell’audit – Crediamo che la Commissione dovrebbe concentrarsi sui soggetti maggiormente colpiti dal cambiamento climatico e far confluire quanto appreso sia nelle future azioni di contrasto del cambiamento climatico che nelle future iniziative di sostegno”.

La GCCA è stata istituita dall’UE nel 2007 nell’intento di stabilire un dialogo con le comunità più vulnerabili al fine di individuare le modalità più efficaci per aiutarle ad adattarsi agli effetti negativi del cambiamento climatico. L’iniziativa non aveva una propria linea di bilancio nel sistema contabile della Commissione UE, ma era finanziata attraverso lo strumento di cooperazione allo sviluppo e il Fondo europeo di sviluppo. Nel 2014 l’iniziativa divenne GCCA (+) con l’obiettivo di affrontare il nuovo contesto internazionale della governance dei cambiamenti climatici e per sostenere gli sforzi di attuazione dell’Accordo di Parigi da parte dei Paesi partner post-2015.

Da allora l’iniziativa si concentra su due pilastri:
promuovere il dialogo e la condivisione delle conoscenze;
fornire sostegno tecnico e finanziario per le misure di adattamento, mitigazione e riduzione del rischio di catastrofi.

Gli stanziamenti totali a favore dell’iniziativa sono ammontati a 728,8 milioni di euro, compresi i contributi forniti dai Paesi dell’UE: 308,8 milioni di euro per la prima fase (2007-2013) e 420 milioni di euro per la seconda (2014-2020).

Nel 2020 la Commissione ha deciso di non proseguire l’iniziativa con un’ulteriore fase. Nel periodo 2021-2027, la Commissione finanzierà una serie di azioni volte a contrastare il cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo attraverso un sostegno tematico e geografico nel quadro dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale.

La Corte ha riscontrato che l’iniziativa non ha misurato i miglioramenti della situazione dei beneficiari, né ha prestato sufficiente attenzione alle necessità dei soggetti più colpiti. Gli aiuti non sono sempre arrivati ai destinatari vulnerabili che ne avrebbero dovuto beneficiare: ad esempio, poche azioni includevano attività specificamente rivolte alle esigenze delle donne, e altre attività avevano costi proibitivi per i nuclei familiari più poveri. Inoltre, le attività pilota che avevano ottenuto buoni risultati avrebbero potuto essere estese in modo che un numero maggiore di persone ne potesse beneficiare.

L’Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico non ha mai attirato i finanziamenti aggiuntivi che Stati membri e settore privato avrebbero dovuto fornire. Malgrado il significativo deficit di finanziamenti, la Commissione UE non ha mai rivisto gli ambiziosi obiettivi inizialmente definiti. Inoltre, durante la seconda fase (2014-2020), i criteri adottati dalla Commissione per assegnare i finanziamenti hanno finito per ridurre proporzionalmente il sostegno ai Paesi più vulnerabili.

Secondo l’ECA, la Commissione non ha esaminato in misura sufficiente la ragionevolezza dei costi iscritti nei bilanci della maggior parte delle azioni valutate dagli auditor della Corte. Ad esempio, le spese di gestione delle azioni variavano ampiamente ed erano particolarmente elevate nella regione del Pacifico. La Corte ha concluso che un’analisi dei costi più dettagliata avrebbe consentito di realizzare risparmi.

Inoltre, c’è stato un problema di notorietà e visibilità: nonostante abbia fornito sostegno ad oltre 80 Paesi, l’iniziativa non era granché conosciuta nei Paesi in via di sviluppo né all’interno dell’UE, in parte perché le azioni finanziate non risultavano distinguibili da altre azioni dell’UE volte a contrastare il cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo. L’efficienza dell’iniziativa ha risentito inoltre della complessità della relativa organizzazione, in particolare della duplicazione dei meccanismi di sostegno e dei flussi di finanziamento.

La Commissione UE ha risposto alle osservazioni che figurano nella Relazione speciale della Corte dei conti europea, che sono contestualmente pubblicate.

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