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Eventi estremi e cambiamenti climatici: correlazioni sempre più evidenti

Un’analisi compiuta dal think-tank britannico ECIU che ha monitorato 145 studi accademici pubblicati dopo l’Accordo di Parigi rivela che le prove che mettono in rapporto diretto gli eventi meteorologici estremi con i cambiamenti climatici sono sempre più chiare e dovrebbero costituire un’ulteriore promemoria, qualora ce ne fosse ancora bisogno, dell’importanza di rimanere impegnati nel raggiungimento degli obiettivi climatici sottoscritti.

Alla vigilia del Vertice virtuale sul Clima che si è svolto il giorno 12 dicembre 2020, nel 5° Anniversario dell’Accordo di Parigi, Energy and Climate Intelligence Unit (ECIU) ha pubblicato lo StudioUnder the Weather. Tracking the Fingerprints of Climate Change” (il titolo gioca su Under the Weather che letteralmente significa essere sotto il tempo meteorologico, ma come modo di dire quando non ci si sente bene) che rileva come per quasi l’80% degli studi pubblicati nei cinque anni dalla conclusione del vertice di Parigi sul clima (COP21) i cambiamenti climatici abbiano svolto un ruolo nell’amplificare gli eventi meteorologici estremi, rendendoli più probabili che si verifichino o più dannosi di quanto non lo siano stati al momento del loro verificarsi.

Il Rapporto ha preso in esame 145 studi pubblicati su riviste accademiche nel corso degli ultimi 5 anni per cogliere le possibili correlazioni tra cambiamenti climatici e eventi meteorologici estremi, trovando un collegamento diretto in 113. Sebbene gli impatti sulla salute o sull’economia siano noti per meno della metà di questi eventi, i danni documentati ammontano a molte migliaia di morti, decine di miliardi di dollari di danni economici e minacce per l’approvvigionamento alimentare per molti milioni di persone.

Ricordiamo che il think tank britannico ECIU aveva lanciato l’anno scorso l’iniziativa Net-zero Tracker, con l’obiettivo di monitorare la transizione dei Paesi verso emissioni zero entro la metà del secolo per conseguire l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, aggiornando uno Scorboard sul quale vengono annotate le posizioni dei vari Paesi verso l’obiettivo sulla base delle varie misure e azioni assunte o annunciate

Cinque anni fa era comune sentire la gente dire che nessun evento meteorologico specifico poteva essere collegato ai cambiamenti climatici – ha affermato l’’autore del Rapporto, il Direttore dell’ECIU Richard Black Già allora questa visione era obsoleta, ma ora la scienza del clima ha fatto passi da gigante e sta rilevando le impronte dei cambiamenti climatici in molti tipi di eventi atmosferici e in diversi continenti. I Governi hanno firmato l’Accordo di Parigi in gran parte a causa della crescente influenza che i cambiamenti climatici stanno avendo sulle condizioni meteorologiche, e mentre ci avviciniamo all’Anniversario di questo Accordo, questo Rapporto serve come promemoria tempestivo dei benefici che l’umanità può ottenere se i Governi lo attuassero“.

La relazione con i cambiamenti climatici di origine antropogenica è più forte per le ondate di calore, con tutti i 42 studi relativi che indicano un legame positivo, e più debole per freddo, neve e ghiaccio. Ma vale in tutti i tipi di condizioni meteorologiche estreme e comprende eventi che interessano tutti i continenti e gli oceani. Inoltre, tali avvertimenti sugli eventi meteorologici estremi indagati dalla scienza non sono rappresentativi di tutti quelli causati dal clima nel complesso, stante l’orientamento della ricerca a indagare soprattutto quelli che interessano le nazioni sviluppate.

“Il fatto che i collegamenti tra i cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi siano studiati più da vicino nei Paesi sviluppati piuttosto che in quelli in via di sviluppo non è solo un problema scientifico che non permette di avere un quadro completo degli impatti dei cambiamenti climatici in tutto il mondo – ha sottolineato Friederike Otto, Direttore associato dell’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford – Ma si connette direttamente agli sforzi delle Nazioni Unite per affrontare i cambiamenti climatici in termini di equità. Fondamentalmente, se i collegamenti tra i cambiamenti climatici e gli eventi estremi venissero ignorati o sovrastimati nel mondo in via di sviluppo, ciò non sarebbe giusto, e significa anche che le risorse non possono essere utilizzate nel modo più efficiente e potremmo facilmente adattarci al problema se non valutassimo come i cambiamenti climatici influenzino le persone ovunque esse vivano. Sappiamo che i Paesi più poveri e meno sviluppati del mondo sono in prima linea, individuare quali effetti debbano essere attribuiti ai cambiamenti climatici ci può offrire gli strumenti per quantificarne e quindi alleviarne gli impatti”.

I rapporti che valutano gli impatti complessivi di questi eventi estremi sono meno completi: solo per 49 studi si sono trovate le stime delle ripercussioni su salute, infrastrutture, natura, economia e così via, numero troppo esiguo da cui attingere per conclusioni quantitative, limitandosi il Rapporto dell’ECIU ad evidenziare alcune delle più importanti.

Una recente analisi condotta da Climate Action Tracker (CAT), utilizzando una modellistica che ha tenuto conto di tutti gli impegni assunti negli ultimi mesi per la neutralità climatica entro il 2050, compresi quelli della Cina al 2060 e di Joe Biden come annunciato nel corso della campagna elettorale per le Presidenziali USA, l’obiettivo di  un aumento della temperatura globale alla fine del secolo 1,5 °C concordato a Parigi rimarrebbe “a distanza ravvicinata”, sempre che le misure da intraprendere nel breve termine (2030) siano conseguenti.

Immagine di copertina: Los Alamos National Laboratory, licenza creative commons

E.B.

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