Il Rapporto dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale evidenzia che fenomeni di aumento di temperature, di periodi di siccità, di quantità delle precipitazioni, di numero di cicloni, sono in continuo aumento.
Il primo decennio del XXI secolo (2001-2010), oltre ad essere stato il più caldo, sia nell’emisfero boreale che in quello australe, da quando sono iniziate nel 1850 le misurazioni delle temperature, è risultato pure quello che ha visto fenomeni meteorologici estremi di impatto tale da causare la morte di oltre 370.000 persone, come le ondate di calore che hanno colpito l’Europa e la Russia, la siccità che ha prosciugato vaste zone dell’Australia, l’uragano Kathrina negli USA o il ciclone Nargis in Birmania.
Lo rivela l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) che ha appena presentato il nuovo Rapporto “The Global Climate 2001-2010. A Decade of Climate Extremes”.
Il decennio in esame è stato, inoltre, il 2° più piovoso dal 1901 e il 2010 è risultato l’anno più piovoso dall’inizio delle relative misurazioni.
“Molti di questi eventi e tendenze possono essere spiegati con la variabilità naturale del sistema climatico, ma anche l’aumento delle concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra sta provocando ripercussioni – ha affermato il Segretario generale dell’OMM, Michel Jarraud – Capire i rispettivi ruoli della variabilità del clima e i cambiamenti climatici indotti dall’uomo è una delle principali sfide che i ricercatori debbono affrontare oggi, visto che le crescenti concentrazioni di gas a effetto serra stanno trasformando il nostro clima”.
Il Rapporto di 100 pagine che incorpora i risultati di 139 Servizi Meteorologici e ideologici Nazionali e i dati socio-economici e le analisi delle diverse agenzie e partenariati delle Nazioni Unite, è stato rilasciato in occasione della prima sessione del Consiglio Intergovernativo sui Servizi Climatici (Ginevra, 1-5 luglio 2013) che si occupa dell’attuazione del Global Framework for Climate Services, iniziativa internazionale per migliorare e ampliare le informazioni scientificamente fondate sul clima, per aiutare la società a far fronte alla variabilità naturale del clima e ai cambiamenti climatici indotti dall’uomo.
Nel Rapporto si evidenzia che la temperatura media della terra e della superficie oceanica per il decennio 2001-2010, è stimabile in 14,47 °C (0,47 °C al di sopra della media mondiale 1961-1990 e 0,21 °C al di sopra della media 1991-2000 globale (con un fattore di incertezza di ± 0,1 °C).
Il tasso decennale di aumento della temperatura globale si è accelerato tra il 1971 e il 2010. Ogni anno del decennio, tranne il 2008, è stato tra i 10 anni più caldi mai registrati. L’anno più caldo mai registrato è stato il 2010, con una temperatura stimata in 0,54 °C al di sopra del 14,0 °C, media del periodo di base a lungo termine 1961-1990, seguito da vicino dal 2005.
Quantunque le temperature superiori alla media siano state osservate su gran parte del globo nel 2001-2010, il fenomeno è risultato particolarmente marcato alle alte latitudini dell’emisfero settentrionale, con la Groenlandia a registrare la maggiore anomalia decennale, pari a 1,71 °C al di sopra della media di lungo periodo e con una temperatura nel 2010 di +3,2 °C sopra la media.
Il decennio 2001-2010 è stato il secondo più piovoso dal 1901,con il 2010 l’anno più piovoso dall’inizio delle registrazioni strumentali.
La maggior parte delle regioni a livello mondiale hanno avuto precipitazioni superiori al normale durante il decennio. Particolarmente umide sono risultate le aree del continente nord-americano (USA orientali e Canada nord-orientale orientale), molte parti dell’Europa e dell’Asia centrale.
Secondo il Rapporto WMO, le alluvioni sono risultati gli eventi estremi più frequentemente sperimentati nel corso del decennio. Particolarmente colpite sono state: l’Europa orientale, nel 2001 e nel 2005; l’India nel 2005; l’Africa, nel 2008; l’Asia (in particolare il Pakistan, dove 2.000 persone sono morte e 20 milioni sono state sfollate) nel 2010; l’Australia, nel 2010.
La siccità ha colpito più persone di qualsiasi altro tipo di pericoli naturali a causa della loro grande ampiezza e della lunga durata. Il decennio 2001-2010 ha visto la siccità si verificano in tutte le parti del mondo. Particolarmente colpita l’Australia (nel 2002 e in altri anni), l’Africa Orientale (2004 e 2005, con conseguente perdita di vite umane) e il Bacino amazzonico (2010), con impatti negativi sull’ambiente.
Tra il 2001 e il 2010, ci sono stati 511 eventi correlati a cicloni tropicali che hanno provocato la morte di circa 170.000 persone, oltre 250 milioni di persone hanno subito danni economici, per una stima i danni economici di US $ 380.000.000.000.
Secondo la US National Oceanic and Atmospheric Administration, il periodo 2001-2010 è stato il decennio più attivo dal 1855 in termini di attività dei cicloni tropicali nel bacino Atlantico settentrionale, con una media di 15 eventi all’anno, ben al di sopra della media a lungo termine di 12.
L’Oceano Indiano settentrionale ha visto il più mortale ciclone tropicale registrato nel corso del decennio, quando Nargis ha colpito il Myanmar all’inizio di maggio 2008. Sono decedute più di 138.000 persone, 8 milioni sono state quelle coinvolte e migliaia le case distrutte.
Durante il decennio 2001-2010, più di 370.000 persone sono morte a causa di condizioni meteorologiche e climatiche estreme, tra ondate di calore, ondate di freddo, siccità, tempeste e alluvioni, secondo i dati forniti dal Centro per la Ricerca sulla Epidemiologia di Disastri (CRED), con un incremento del 20% rispetto al periodo 1991-2000, determinato principalmente dall’ ondata di calore del 2003 in Europa e del 2010 in Russia, che ha contribuito ad un aumento di oltre il 2.000% nel numero di morti a livello mondiale da ondate di calore (da meno di 6.000 nel 1991-2000 a 136.000 nel 2001 – 2010).
Peraltro, c’è stato un calo del 16% dei decessi a causa di tempeste e il 43% in meno di morti per alluvioni, soprattutto grazie a migliori sistemi di allarme rapido e una maggiore preparazione, nonostante un aumento delle popolazioni e delle aree coinvolte.
Secondo il Global Assessment Report del 2011, la media della popolazione esposta a inondazioni ogni anno è aumentata del 114% a livello globale tra il 1970 e il 2010, periodo in cui la popolazione mondiale è aumentata del 87% da 3.700.000 a 6.900.000 individui, con il numero di persone esposte a fenomeni intensi che è quasi triplicato nelle aree soggette a vulnerabilità.
Molte ricerche sono state condotte per verificare che singoli eventi estremi siano da attribuire ai cambiamenti climatici piuttosto che alla variabilità naturale. Gli scienziati hanno concluso che la probabilità di un evento come l’ondata di calore europea del 2003 è stato con ogni probabilità indotto dall’aumento delle temperature globali. Quindi, è importante sviluppare la ricerca per rafforzare la scienza del clima e per migliorare i servizi climatici per aiutare la società ad adattarsi ai cambiamenti climatici.
“I servizi climatici sono più che mai necessari per far fronte ai cambiamenti globali del clima, aggravati a scala regionale e nazionale, nonostante la diminuzione significativa delle vittime a causa di tempeste e inondazioni – ha concluso Jarraud – Il Rapporto ha evidenziato un preoccupante impatto sui tassi di mortalità causato dalle ondate di calore in Europa e in Russia. Dal momento che è previsto che i cambiamenti climatici provocheranno ondate di calore più frequenti e intense, dobbiamo essere preparati”.