Il Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente evidenzia che nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, il fenomeno dell’eutrofizzazione dei mari regionali dell’Europa, indotto dall’apporto antropico dei nutrienti, costituisce tuttora un problema che i cambiamenti climatici potrebbero esacerbare. Il caso studio del Mar Adriatico.
L’Agenzia Europea dell’ambiente (AEA) ha pubblicato l’11 dicembre 2019 il Rapporto “Nutrient enrichment and eutrophication in Europe’s seas” che analizza se e come l’Europa sia stata in grado di invertire le tendenze all’eutrofizzazione nei suoi mari regionali.
La valutazione si basa sui dati di monitoraggio disponibili, raccolti principalmente nel contesto della Direttiva quadro sulle Acque, della Direttiva quadro sulla Strategia Marina e delle Convenzioni marittime Regionali.
Il Rapporto dell’AEA indica che sono stati mappati per valutare l’eutrofizzazione 2.400.000 km2 di mari europei. Tuttavia, la copertura dell’area valutata varia in modo significativo tra i mari regionali, dal 99% del Mar Baltico, si passa al 27% dell’Atlantico nord-orientale, al 9% del Mar Nero, per finire al solo 4% del Mar Mediterraneo.
Secondo la valutazione dell’AEA, circa 563.000 km2 (il 23%) di queste aree presentano problemi di eutrofizzazione. La situazione peggiore si riscontra nel Mar Baltico, dove il 99% delle aree valutate ne è affetta eutrofizzazione, seguito dal 53% del Mar Nero, dal 7% in alcune parti dell’Atlantico nord-orientale (7%) e del 12% di alcune zone costiere del Mar Mediterraneo, per lo più vicino a coste densamente popolate o bacini che sono a valle di attività agricole.
Nel complesso, osserva l’Agenzia, i mari regionali europei si stanno lentamente riprendendo dall’eutrofizzazione, principalmente per effetto degli sforzi compiuti negli ultimi decenni per ridurre l’apporto di nutrienti, tuttavia è improbabile che gli obiettivi concordati vengano raggiunti in tutti i mari d’Europa entro i termini concordati. Per avere un’ambiente marino sano è necessaria un’ulteriore riduzione di immissione di nutrienti nelle aree più sensibili, insieme alla considerazione degli effetti dei cambiamenti climatici sul fenomeno.
In particolare, il Mar Mediterraneo è il mare regionale europeo con il minor numero di aree con problemi di eutrofizzazione (18%). Ciò è in parte dovuto al fatto che aree in mare aperto del Mar Mediterraneo sono caratterizzate da concentrazioni di nutrienti molto basse, per cui è tra i mari più oligotrofici al mondo, anche se diverse aree costiere vicino alle grandi città sono state classificate come aree con problemi. Questo non giustifica tuttavia che il monitoraggio del Mar Mediterraneo sia decisamente scarso.
Per migliorare la valutazione dell’eutrofizzazione del Mar Mediterraneo, sottolinea l’Agenzia, occorre, tra l’altro, migliorare l’accesso ai dati, instituendo anche un repository (un archivio digitale che raccoglie e visualizza i set di dati raccolti).
Mar Adriatico caso studio
All’interno del Report si analizza il caso del Mar Adriatico, sulla base dello Studio condotto da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste e pubblicato su “Estuarine, Coastal and Shelf Science”
L’area marina dell’Adriatico durante l’estate si presenta stratificata, limitando la miscelazione della colonna d’acqua. L’apporto antropogenico di nutrienti, l’inquinamento indotto dall’agricoltura e dalle grandi città costiere, come pure dai fiumi come il Po, ha determinato un grande impatto, causando dagli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80 una graduale elevata eutrofizzazione dell’ecosistema, con eventi ipossici (mancanza di ossigeno disciolto mell’acqua).
I dati storici dal 1972 al 2010 indicano una tendenza all’inversione del fenomeno a partire dagli anni 2000, con concentrazioni basse di clorofilla; diminuzione dei carichi di azoto fluviale (tranne che dal fiume Po dal quale il carico è aumentato), di fosforo e di silice, con correlata diminuzione degli eventi ipossici rispetto alla fine degli anni ’80 e ’90. Il cambiamento di rapporto delle componenti minerali disciolte fu dovuto alla riduzione delle concentrazioni di fosfati per effetto dei nuovi regolamenti sui polifosfati nei detergenti e dal minor afflusso di nutrienti dal fiume Po tra il 2000 e 2008, a seguito di un periodo climatico secco con ridotte precipitazioni.
Tuttavia, le concentrazioni di azoto nell’acqua di mare, stanno ancora influenzando l’ecosistema, alterando la comunità del fitoplancton, riducendo il numero di flagellati eterotrofi e facendo diminuire la biomassa totale. Per effetto anche dell’aumentata pressione delle attività di pesca, la biomassa degli stock ittici commerciali è diminuita tra il 1975 e il 2000.
Oltre all’eutrofizzazione, l’ecosistema del Mar Adriatico è soggetto a ulteriori pressioni per effetto dei cambiamenti climatici: innalzamento del livello del mare, aumento della salinità, diminuzione delle precipitazioni, aumento della temperatura dell’acqua, con conseguente acidificazione delle acque e aumento del numero di specie non autoctone termofile.
La IUNC ha presentato alla COP25 di Madrid un voluminoso Rapporto sugli effetti potenzialmente disastrosi dei cambiamenti climatici sull’ecosistema marino, sulle attività di pesca e sulle comunità costiere, a causa dell’aumento delle zone di mare ipossiche, chiamate “zone morte” (dead zones)