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Eurispes: gli italiani temono una crisi economica globale

Le indagini campionarie che arricchiscono il 37° Rapporto Italia di Eurispes, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente osservati dall’Istituto, tra cui la fiducia nelle Istituzioni, i conflitti internazionali, la situazione economica globale e quella delle famiglie, i temi etici, il rapporto con il mondo animale e numerosi altri contenuti di stretta attualità.

L’Italia al bivio, avevamo sottolineato lo scorso anno; e lo è ancora in questo 2025 che continua ad essere carico di tensioni, rotture, tragedie sul fronte interno e su quello internazionale. Siamo ancora di fronte al bivio delle scelte di fondo, personali e collettive, che occorre compiere in risposta alle nuove sfide determinate dai cambiamenti, spesso sorprendenti e radicali. Questa affermazione non è il frutto di un esercizio di retorica, ma trova giustificazione nelle analisi, nella valutazione dei processi di trasformazione della nostra società. Quando dalla superficie proviamo ad andare in profondità, quando decidiamo di alzare il velo delle apparenze, allora emerge in tutta la sua gravità la portata della crisi attuale, una crisi che intacca e deprime i valori e i fattori fondamentali sui quali si sono basati e organizzati i nostri sistemi di convivenza, i nostri processi di crescita e di sviluppo. Lo stato di incertezza coinvolge, ad esempio: la nostra idea di pace, come condizione imprescindibile della convivenza tra i popoli e gli Stati”.

Sono alcune delle considerazioni generali con cui Gian Maria Fara, Presidente dell’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali (Eurispes), apre il Rapporto Italia 2025, giunto quest’anno alla 37ma edizione, diventato nel tempo, un apprezzato punto di riferimento per gli studiosi, per le Istituzioni, per il sistema dell’informazione e per gli osservatori internazionali, e presentato il 29 maggio 2025 nel corso di un evento trasmesso in streaming.

Per scelta metodologica, il Rapporto si costruisce ogni anno attorno a 6 dicotomie (Unione/Divisione  – Cura/Incuria – Concentrazione/Distribuzione – Scelta/Obbligo – Speranza/Rinuncia – Agio/Disagio), illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da sessanta schede fenomenologiche. Vengono affrontati, quindi, con una lettura duale e contrapposta della realtà, temi che l’Istituto ritiene rappresentativi, anche se non esaustivi, della attualità politica, economica e sociale del nostro Paese.

Ad arricchire il Rapporto, le indagini campionarie che, nell’edizione di quest’anno, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente osservati dall’Eurispes: la fiducia nelle Istituzioni; la partecipazione politica; l’opinione sui temi etici; l’italianità; l’antisemitismo; la situazione economica delle famiglie e i consumi; l’uso delle nuove tecnologie; le abitudini alimentari; il rapporto con il mondo animale e numerosi altri contenuti di stretta attualità.

Fiducia nelle Istituzioni
Diminuisce la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema delle Istituzioni
(ad indicare una diminuzione erano il 33,1% nel 2024, oggi sono il 36,5%). Questo andamento negativo non è però riscontrabile in tutte le Istituzioni osservate singolarmente. Infatti, vediamo crescere sempre più la fiducia dei cittadini nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025.

Diminuiscono invece i consensi nei confronti del Parlamento (dal 33,6% al 25,4% di quest’anno); in misura minore per l’Esecutivo (dal 36,2% del 2024 al 30,2%), in linea con il trend degli ultimi anni; cala anche la fiducia nella Magistratura (dal 47% al 43,9%).

Gli italiani temono una nuova crisi economica globale, i conflitti in atto e gli eventi climatici estremi
I dati raccolti dall’Eurispes attestano che gli italiani temono soprattutto una nuova crisi economica globale (67,6%). Sette su dieci (69,5%) temono gli eventi climatici estremi e il 57,8%, teme il verificarsi di terremoti. Lo scoppio della Terza Guerra Mondiale è paventato dal 46,1% dei cittadini e il 45%, teme una nuova pandemia. Teme il fallimento economico-finanziario dello Stato italiano, come accaduto in passato alla Grecia, il 44,4% degli italiani, mentre un prelievo fiscale straordinario per salvare l’economia nazionale è temuto nel 45,2% dei casi.

La condizione economica delle famiglie italiane: permangono la vulnerabilità di una quota della popolazione, una forte capacità di resilienza e l’importanza della rete familiare per far fronte alle difficoltà. Nonostante questo, gli indicatori letti in serie storica sono in miglioramento.

Più della metà degli italiani (55,7%) esprime una valutazione negativa sull’andamento generale dell’economia del nostro Paese nell’ultimo anno. Un quinto del campione (20%) ritiene invece che non vi siano stati cambiamenti rilevanti, indicando una sostanziale stabilità. Guardando al prossimo futuro, nel 36,7% dei casi gli italiani ritengono che la situazione economica italiana è destinata a peggiorare nei prossimi dodici mesi, mentre il 30,9% è convinto che la situazione rimarrà stabile e il 9,5% prospetta un miglioramento.

Per quanto riguarda la dimensione economica individuale e familiare, i dati mostrano un quadro prevalentemente stabile con una quota ampia di cittadini (42%) che dichiara che la propria situazione economica è “rimasta sostanzialmente invariata”; per il 37,3% è migliorata e per il 12,6% è peggiorata.

Il pagamento dell’affitto rappresenta la spesa più problematica (44,3%), seguono mutuo (32%), bollette (29,1%) e spese mediche (24,9%). Il 23,8% degli italiani riesce a mettere da parte risparmi, mentre il 35,4% è costretto ad attingere ai propri risparmi per arrivare a fine mese e, quasi il 60%, riporta difficoltà nell’arrivare a fine mese.

Di fronte alle difficoltà economiche, il ricorso alla famiglia d’origine rappresenta la soluzione più impiegata (29,2%). Un’altra strategia diffusa riguarda il ritardo nei pagamenti: il 20,8% dei cittadini ha pagato le bollette con forte ritardo, mentre il 19,3% dichiara ritardi nel pagamento delle tasse, delle rate condominiali (16,4%) e dei conti aperti presso commercianti locali (11%).

Comportamenti di consumo delle famiglie italiane
I risultati mostrano una realtà ancora attraversata da pratiche di contenimento e riorganizzazione della spesa, che non riguardano soltanto i consumi accessori, ma toccano àmbiti centrali della quotidianità, come la salute, la cura personale e la gestione domestica. L’ampio ricorso alla rateizzazione, l’utilizzo crescente di piattaforme digitali per dilazionare i pagamenti e la rinuncia a prestazioni sanitarie o a servizi di sostegno familiare delineano un quadro in cui la sostenibilità economica è affidata sempre più a strumenti flessibili e a strategie difensive.

Persistono, inoltre, forti diseguaglianze territoriali e sociali, che accentuano la distanza tra le aree più colpite dal disagio economico e quelle in cui il contenimento dei consumi assume forme più selettive. Se da un lato emerge una capacità di adattamento, dall’altro i comportamenti osservati restituiscono l’immagine di una popolazione che, pur cercando di preservare un equilibrio, è spesso costretta a compromessi che impattano direttamente sulla qualità della vita. I consumi, in questo senso, diventano uno specchio delle tensioni tra bisogni reali e possibilità materiali in un contesto in cui l’incertezza continua a condizionare le scelte delle famiglie italiane.

Sul fronte dell’inflazione, la maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento (84,1%), seppur con differente intensità. Per contenere le spese, gli italiani rinviano uno o più acquisti necessari (59,5%), rinunciano alla babysitter (54%), riducono le uscite (50,1%), e tagliano su viaggi o vacanze (50%).

Persistono, inoltre, forti diseguaglianze territoriali e sociali, che accentuano la distanza tra le aree più colpite dal disagio economico e quelle in cui il contenimento dei consumi assume forme più selettive. Se da un lato emerge una capacità di adattamento, dall’altro i comportamenti osservati restituiscono l’immagine di una popolazione che, pur cercando di preservare un equilibrio, è spesso costretta a compromessi che impattano direttamente sulla qualità della vita. I consumi, in questo senso, diventano uno specchio delle tensioni tra bisogni reali e possibilità materiali in un contesto in cui l’incertezza continua a condizionare le scelte delle famiglie italiane.

Sul fronte dell’inflazione, la maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento (84,1%), seppur con differente intensità. Per contenere le spese, gli italiani rinviano uno o più acquisti necessari (59,5%), rinunciano alla babysitter (54%), riducono le uscite (50,1%), e tagliano su viaggi o vacanze (50%).

Nell’ultimo anno, più della metà degli italiani (53,4%; il 31,4% una/qualche volta, il 16,5% spesso, il 5,5% sempre) si è servito della rateizzazione dei pagamenti soprattutto per l’acquisto di elettrodomestici (44,5%), di auto/moto (42,5%) e tecnologia, televisori, smartphone, tablet (42,3%). La necessità di contenere le uscite porta spesso a dover rinunciare a spese necessarie per la salute e il benessere personale: il 28,2% degli italiani ha rinunciato a cure/interventi dentistici, il 27,2% ad effettuare controlli medici periodici e di prevenzione, il 22,3% a visite specialistiche per disturbi/patologie specifiche e il 18,1% a terapie o interventi medici.

Vivere in Italia è una fortuna: la pensa così la maggioranza degli italiani (72%, erano il 62,9% nel 2011).
Le bellezze naturali (21,6%), la tradizione artistica e culturale (19,6%) e la buona cucina (14,8%), la libertà d’opinione ed espressione (13,2%) e il clima favorevole (12%) sono i primi cinque motivi che rendono una fortuna il vivere in Italia. Tra chi invece considera il vivere in Italia una sfortuna le condizioni economiche generali (23,2%) e la precarietà lavorativa (22,7%) occupano i primi posti tra le ragioni indicate.

L’immaginario italiano resta fortemente ancorato a dimensioni affettive e culturali: bellezza del paesaggio, ricchezza storica e tradizione gastronomica rappresentano ancora oggi i principali pilastri di un senso di orgoglio condiviso. All’estero si andrebbe per questioni meramente economiche e lavorative.

Vivere in Italia è una fortuna: la pensa così la maggioranza degli italiani (72%, erano il 62,9% nel 2011). L’immaginario italiano resta fortemente ancorato a dimensioni affettive e culturali: bellezza del paesaggio, ricchezza storica e tradizione gastronomica rappresentano ancora oggi i principali pilastri di un senso di orgoglio condiviso. All’estero si andrebbe per questioni meramente economiche e lavorative.

Negli ultimi dieci anni, secondo i dati dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), oltre 1,2 milioni di cittadini hanno lasciato il Paese. Nel 2025, secondo la rilevazione dell’Eurispes, quasi quattro italiani su dieci (39,5%, erano il 40,6% nel 2011) affermano che si trasferirebbero all’estero se ne avessero la possibilità, a fronte di un 60,5% che preferirebbe restare. I motivi per trasferirsi sono soprattutto: la ricerca di maggiori opportunità lavorative (29,8%), il minore costo della vita (17,1%) e il desiderio di offrire maggiori opportunità ai figli (13,9%).

La condizione economica delle famiglie italiane: permangono la vulnerabilità di una quota della popolazione, una forte capacità di resilienza e l’importanza della rete familiare per far fronte alle difficoltà. Nonostante questo, gli indicatori letti in serie storica sono in miglioramento

Il quadro che emerge dall’indagine dell’Eurispes sulla condizione economica delle famiglie nel 2025 conferma, da un lato, il permanere di una percezione diffusa di difficoltà e vulnerabilità, dall’altro evidenzia una resilienza familiare che si traduce in nuovi adattamenti, scelte difensive e forme di solidarietà interna, segnale di una società che, pur messa alla prova da anni complessi, continua a cercare risposte nel proprio tessuto sociale più che nel sistema istituzionale. Nonostante i dati mettano in luce alcune particolari difficoltà delle famiglie nell’affrontare le spese, analizzando la serie storica dei dati, emerge un quadro di generale miglioramento rispetto agli anni precedenti, con alcuni indicatori che segnalano un’inversione di tendenza positiva.

Più della metà degli italiani (55,7%) esprime una valutazione negativa sull’andamento generale dell’economia del nostro Paese nell’ultimo anno. Un quinto del campione (20%) ritiene invece che non vi siano stati cambiamenti rilevanti, indicando una sostanziale stabilità. Guardando al prossimo futuro, nel 36,7% dei casi gli italiani ritengono che la situazione economica italiana è destinata a peggiorare nei prossimi dodici mesi, mentre il 30,9% è convinto che la situazione rimarrà stabile e il 9,5% prospetta un miglioramento.

Per quanto riguarda la dimensione economica individuale e familiare, i dati mostrano un quadro prevalentemente stabile con una quota ampia di cittadini (42%) che dichiara che la propria situazione economica è “rimasta sostanzialmente invariata”; per il 37,3% è migliorata e per il 12,6% è peggiorata.

Il pagamento dell’affitto rappresenta la spesa più problematica (44,3%), seguono mutuo (32%), bollette (29,1%) e spese mediche (24,9%). Il 23,8% degli italiani riesce a mettere da parte risparmi, mentre il 35,4% è costretto ad attingere ai propri risparmi per arrivare a fine mese e, quasi il 60%, riporta difficoltà nell’arrivare a fine mese.

Di fronte alle difficoltà economiche, il ricorso alla famiglia d’origine rappresenta la soluzione più impiegata (29,2%). Un’altra strategia diffusa riguarda il ritardo nei pagamenti: il 20,8% dei cittadini ha pagato le bollette con forte ritardo, mentre il 19,3% dichiara ritardi nel pagamento delle tasse, delle rate condominiali (16,4%) e dei conti aperti presso commercianti locali (11%).

La maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento nell’ultimo anno. Per far fronte alle necessità si rinuncia a spese anche se necessarie, uscite e vacanze. In molti decidono di rateizzare i pagamenti (53,4%) ed è boom di rateizzazione “zero interessi” su app e piattaforme

I risultati dell’indagine sui comportamenti di consumo delle famiglie italiane mostrano una realtà ancora attraversata da pratiche di contenimento e riorganizzazione della spesa, che non riguardano soltanto i consumi accessori, ma toccano àmbiti centrali della quotidianità, come la salute, la cura personale e la gestione domestica. L’ampio ricorso alla rateizzazione, l’utilizzo crescente di piattaforme digitali per dilazionare i pagamenti e la rinuncia a prestazioni sanitarie o a servizi di sostegno familiare delineano un quadro in cui la sostenibilità economica è affidata sempre più a strumenti flessibili e a strategie difensive.

Persistono, inoltre, forti diseguaglianze territoriali e sociali, che accentuano la distanza tra le aree più colpite dal disagio economico e quelle in cui il contenimento dei consumi assume forme più selettive. Se da un lato emerge una capacità di adattamento, dall’altro i comportamenti osservati restituiscono l’immagine di una popolazione che, pur cercando di preservare un equilibrio, è spesso costretta a compromessi che impattano direttamente sulla qualità della vita. I consumi, in questo senso, diventano uno specchio delle tensioni tra bisogni reali e possibilità materiali in un contesto in cui l’incertezza continua a condizionare le scelte delle famiglie italiane.

Sul fronte dell’inflazione, la maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento (84,1%), seppur con differente intensità. Per contenere le spese, gli italiani rinviano uno o più acquisti necessari (59,5%), rinunciano alla babysitter (54%), riducono le uscite (50,1%), e tagliano su viaggi o vacanze (50%).

Molti (45,3%), pur avendone necessità, hanno dovuto fare a meno dell’aiuto di una badante. Non manca chi ha rimandato lavori o ristrutturazioni in casa (38,2%) o ha deciso di pagare in nero alcuni servizi come ripetizioni, riparazioni, assistenza domestica, medici, ecc. (37,5%) e poco meno (37,2%) sono quanti hanno invece rinunciato ad altre forme di aiuto domestico, come il personale per le pulizie o il giardiniere.

Nell’ultimo anno, più della metà degli italiani (53,4%; il 31,4% una/qualche volta, il 16,5% spesso, il 5,5% sempre) si è servito della rateizzazione dei pagamenti soprattutto per l’acquisto di elettrodomestici (44,5%), di auto/moto (42,5%) e tecnologia, televisori, smartphone, tablet (42,3%). L’uso delle piattaforme e app (es. Klarna, Scalapay, Clearpay, Paypal, Satispay, ecc.), che consentono la rateizzazione senza interessi, è ormai diffusissimo (65,3%).

La necessità di contenere le uscite porta spesso a dover rinunciare a spese necessarie per la salute e il benessere personale: il 28,2% degli italiani ha rinunciato a cure/interventi dentistici, il 27,2% ad effettuare controlli medici periodici e di prevenzione, il 22,3% a visite specialistiche per disturbi/patologie specifiche e il 18,1% a terapie o interventi medici.

Vivere in Italia è una fortuna: la pensa così la maggioranza degli italiani (72%, erano il 62,9% nel 2011).
Più di sette italiani su dieci, la maggioranza (72%, erano il 62,9% nel 2011), considerano, nel 2025, una fortuna vivere in Italia. Le bellezze naturali (21,6%), la tradizione artistica e culturale (19,6%) e la buona cucina (14,8%), la libertà d’opinione ed espressione (13,2%) e il clima favorevole (12%) sono i primi cinque motivi che rendono una fortuna il vivere in Italia. Tra chi invece considera il vivere in Italia una sfortuna le condizioni economiche generali (23,2%) e la precarietà lavorativa (22,7%) occupano i primi posti tra le ragioni indicate.

Negli ultimi dieci anni, secondo i dati dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), oltre 1,2 milioni di cittadini hanno lasciato il Paese. Nel 2025, secondo la rilevazione dell’Eurispes, quasi quattro italiani su dieci (39,5%, erano il 40,6% nel 2011) affermano che si trasferirebbero all’estero se ne avessero la possibilità, a fronte di un 60,5% che preferirebbe restare. I motivi per trasferirsi sono soprattutto: la ricerca di maggiori opportunità lavorative (29,8%), il minore costo della vita (17,1%) e il desiderio di offrire maggiori opportunità ai figli (13,9%).

In 4 case su 10 c’è un pet
Nel 2025 sono il 40,5% degli italiani a dichiarare di accogliere un animale (+3,2% rispetto al 2024): cani e gatti in egual misura (37%). Oltre la metà dei proprietari sostengono una spesa mensile tra i 31 e i 100 euro, con dati in aumento nel tempo. Inizia a diffondersi l’uso di assicurare i propri animali. L’amore per gli animali è confermato dalla larghissima maggioranza di italiani contrari alla vivisezione, alla caccia, alle pellicce e al loro uso nei circhi, ma anche all’abbattimento quando sono in sovrannumero.

L’opinione degli italiani rispetto ai temi etici
Gli italiani favorevoli all’eutanasia sono il 67,9% (tra i dati più bassi rilevati in serie storica), mentre il 65,7% sostiene la possibilità di ricorrere all’eutanasia in caso di demenza senile avanzata se indicato dal soggetto interessato nelle proprie disposizioni anticipate: il suicidio assistito, con l’ausilio di un medico per porre fine alla propria vita, trova favorevoli il 46,9% dei cittadini. Il 77,8% degli italiani sono poi favorevoli al testamento biologico. Largo consenso trova anche la tutela giuridica delle coppie di fatto indipendentemente dal sesso (70,2%) e i matrimoni per le persone dello stesso sesso (66,8%). Poco più di un italiano su due si dichiara favorevole alla possibilità di adottare figli per le coppie omosessuali (51,9%) e per i single (54,3%). La fecondazione eterologa incontra il favore del 59,7% dei cittadini mentre sono pochi a concordare con la pratica dell’utero in affitto (35,5%).

Se la possibilità di cambiare sesso tramite autodichiarazione dell’interessato non trova grande consenso (37,2%), il riconoscimento delle identità di genere che non si rispecchiano nel femminile o nel maschile convince poco più della metà degli italiani (51,1%). Infine, la legalizzazione delle droghe leggere (42%) e quella della prostituzione (48,2%) si fermano al di sotto del 50% dei consensi.

L’ultima indagine (2025) esplora il livello di conoscenza e le opinioni relative alla comunità ebraica e agli episodi di antisemitismo in Italia. Solo 4 italiani su 10 hanno un’idea precisa circa le reali dimensioni della presenza di cittadini ebrei nel nostro Paese (circa 30.000).

Il 37,9% degli italiani è d’accordo con l’idea che “gli ebrei pensano solo ad accumulare denaro”. Per la maggioranza (58,2%) gli ebrei sono una comunità chiusa. Un’altra idea diffusa è quella secondo la quale gli ebrei sono mediamente colti e istruiti (61,7%).

Rispetto all’affermazione secondo la quale gli ebrei in Palestina si sono appropriati di territori altrui, gli italiani tendono a dividersi: prevalgono coloro che si dicono in disaccordo (55,8%) rispetto a chi concorda (44,2%). L’idea che le scelte del Governo israeliano non devono influenzare l’atteggiamento nei confronti degli ebrei, trova ampio consenso (64,6%), sebbene esista una quota non trascurabile di disaccordo (35,4%). Sei italiani su dieci (60,4%) rispondono correttamente: le vittime della Shoah durante il Nazifascismo sono state 6 milioni. Un quarto del campione (25,5%) ritiene che le vittime siano state 2 milioni, mentre altri tra gli interpellati rispondono ottocentomila (7,4%), quarantamila (4,9%), o addirittura circa mille (1,8%).

È opinione diffusa che gli episodi di antisemitismo in Italia siano solo casi isolati, non indicatori di un reale problema di antisemitismo in Italia (54%); un non trascurabile 46% è però di avviso opposto. È condivisa (53,6%) l’idea che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per il 38,9% dei cittadini interpellati gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno nel nostro Paese. Solo per pochi si tratterebbe di bravate messe in atto per provocazione o per scherzo (27,6%).

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