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L’Italia non riesce a recepire le normative europee sull’efficienza energetica

Italia non riesce a recepire le normative europee su efficienza energetica

Dopo la lettera di “messa in mora” di febbraio per gli aspetti contraddittori e lacunosi del Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva sull’efficienza energetica, con il “pacchetto di infrazioni” del mese di aprile è arrivato il “parere motivato” all’Italia per non aver ancora recepito alcune disposizioni della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia.
Nel contempo, con lo stesso provvedimento la Commissione UE ha deferito il nostro Paese per la seconda volta alla Corte europea di Giustizia per il mancato recupero di aiuti di Stato concessi illegalmente all’industria alberghiera in Sardegna, chiedendo una penale forfetaria di circa 20 milioni di euro, oltre al pagamento di una penalità di mora giornaliera di circa 160.000 euro.

Evidentemente l’efficienza energetica non è ancora una priorità per l’Italia, se dopo la lettera di messa in mora inviata al nostro Governo a fine febbraio 2015 dal Commissario UE per l’Energia e il Clima, Miguel Arias Cañete che ha riscontrato ben 35 punti contraddittori o lacunosi che dovrebbero essere corretti o colmati del Decreto legislativo 4 luglio 2014 di recepimento nella legislazione italiana della Direttiva 2012/27/UE sull’Efficienza energetica, ora con il pacchetto di infrazioni mensile, adottato il 29 aprile 2015 dalla Commissione UE, si è aggiunto “un parere motivato” affinché la Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (2010/31/UE) sia integralmente recepita nel nostro ordinamento nazionale.
Gli Stati membri avrebbero dovuto attuare entro il 9 luglio 2012 tale Direttiva, conosciuta come Direttiva “net zero energy building” perché impone, tra l’altro, che dal 2021 tutti i nuovi edifici abbiano altissime prestazioni energetiche con “fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo che dovrebbe essere coperto in maniera molto significativa da energia proveniente da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o nelle vicinanze”.

L’Italia aveva già ricevuto un “parere motivato” per non aver adottato alcuna misura volta al suo recepimento, rispettivamente nel gennaio e nel giugno del 2013, a cui il nostro Paese non aveva dato alcun seguito pertinente, tant’è che il Governo Letta era stato poi costretto ad approvare il 24 maggio 2013 un Decreto Legge per recepire la Direttiva al fine di evitare il deferimento alla Corte europea di Giustizia.
Nell’occasione veniva completato, altresì, la trasposizione corretta della Direttiva 2002/91/CE che la Direttiva 2010/31/UE aveva rifuso e contestualmente abrogato, per la cui parziale attuazione, tramite il D.Lgs. n. 192 del 19 agosto 2005, la Commissione UE aveva deferito il nostro Paese alla Corte europea di Giustizia.
Si era trattato di una corsa contro il tempo per evitare sanzioni e multe, nel tentativo, come si suol dire, di “prendere due piccioni con una fava”. Ma come spesso accade, per la fretta non c’è stata un’adeguata trasposizione dell’ultima Direttiva.
Così, a seguito di un’ulteriore analisi da parte della Commissione è risultato tuttavia che alcune disposizioni della stessa non sono state ancora recepite, per cui nei confronti dell’Italia è stato adottato il “parere motivato”. Ora il Governo ha due mesi di tempo per notificare alla Commissione le misure adottate per rendere la legislazione nazionale conforme al diritto dell’UE. In caso contrario la Commissione può decidere di deferire il nostro Paese alla Corte europea di Giustizia, con eventuali conseguenti multe e sanzioni.

Deferimento che l’Italia non è riuscita ad evitare, invece, per quanto attiene il mancato recupero di aiuti di Stato concessi illegalmente all’industria alberghiera in Sardegna.
Nello stesso pacchetto di infrazioni di Aprile, la Commissione ha deciso di sottoporre al giudizio della Corte europea  di Giustizia per la seconda volta, dato che le autorità italiane non hanno dato esecuzione alla prima sentenza emessa dalla Corte nel marzo 2012 (causa C-243/10). Ciò fa seguito a una decisione del luglio 2008 in cui la Commissione ha dichiarato che gli aiuti concessi dalla Regione autonoma della Sardegna ad alcune aziende alberghiere violavano le condizioni stabilite nel quadro approvato dalla Commissione.
La Commissione ingiungeva all’Italia di recuperare gli aiuti concessi illegalmente, consistenti in una somma pari a quasi 15 milioni di euro. Di tale somma ad oggi risulta non recuperato un importo di quasi 13 milioni di euro.
La Commissione ha chiesto, pertanto, alla Corte di condannare l’Italia una seconda volta e di imporle una penale forfetaria di circa 20 milioni di euro, oltre al pagamento di una penalità di mora giornaliera di circa 160.000 euro fino a quando non avrà recuperato interamente l’aiuto concesso, ponendo quindi fine all’infrazione.

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