Circular economy Risorse e rifiuti Sostenibilità

Economia circolare e riciclo effettivo delle imprese italiane

economia circolare e riciclo

Come abbiamo sottolineato nel post dedicato a “L’Italia del Riciclo 2016” la novità più interessante dell’annuale Rapporto di FISE-UNIRE (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), che analizza l’andamento delle filiere del riciclo in Italia, è il focus dedicato alle quantità di rifiuti effettivamente trasformate in Materie Prime Seconde (Economia circolare e riciclo effettivo delle imprese italiane).

L’approfondimento, curato da Ecocerved, la società consortile del sistema italiano delle Camere di commercio che opera nel campo dei sistemi informativi per l’ambiente, vuole analizzare come l’industria nazionale del riciclo concorra a coprire il fabbisogno di risorse del sistema produttivo, secondo l’accelerazione prevista nel Pacchetto sull’Economia circolare, adottato un anno fa dalla Commissione UE per assicurare la valorizzazione e il recupero dei materiali e dei residui produttivi, trasformandoli in nuove materie prime da reintrodurre nei cicli di produzione.

In questa prima fase, ci si è limitati ai materiali secondari di cartavetroplasticalegno e organico, attraverso l’analisi svolta sui dati dei MUD (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale) presentati a partire dal 2014, primo anno in cui è stata inserita nel modello un’apposita sezione sulla produzione di materiali secondari derivante dal recupero di rifiuti.
I rifiuti che entrano nel processo di rigenerazione dei materiali di carta, vetro, plastica e legno, spiega Ecocerved nella premessa metodologica, si possono distinguere in 3 tipologie fondamentali: imballaggi (solo CER 15XXXX), rifiuti domestici e assimilabili (CER 20XXXX) e tutti gli altri rifiuti tipici (speciali).

Lo stesso vale per l’organico, fatta eccezione per gli imballaggi. Si sottolinea che una quota parte degli imballaggi, soprattutto se di origine domestica, necessita di pretrattamenti e non arriva ai recuperatori finali classificata con il codice CER 15.

Specularmente si identificano, al livello di massimo dettaglio del Catalogo europeo, i codici rifiuto del flusso output di ogni materiale, che rappresentano quindi gli scarti riconducibili alle attività di riciclo. I recuperatori oggetto di analisi conferiscono tali scarti ad altri gestori che, a loro volta, svolgeranno operazioni classificabili in cinque macro attività: recupero di materiapretrattamenti e stoccaggirecupero di energia e incenerimentodiscarica e altro smaltimento.
Dai rifiuti nel solo 2014 abbiamo ricavato 10,6 milioni di tonnellate di materiali secondari – ha sottolineato nella sua illustrazione il Capo Progetto Marco Botteri – Una quantità che fa registrare una crescita del 2% rispetto all’anno precedente“.

Nel 2014 si contano in totale, per le cinque tipologie di materiali oggetto di analisi, 15,6 Mt di rifiuti recuperati. Si nota in particolare che per la carta il flusso degli imballaggi rappresenta circa il 50% dell’input totale, cui fanno seguito i rifiuti domestici e assimilabili con oltre il 40%.

Per il vetro il peso degli imballaggi è anche superiore, quasi il 60% dell’entrata complessiva; una componente di poco inferiore al 35% spetta poi al raggruppamento di tutti gli altri rifiuti, diversi sia da imballaggi sia da domestici e assimilabili. Per quanto riguarda la plastica, il flusso si ripartisce in due parti pressoché equivalenti tra imballaggi e altri rifiuti tipici. Sul legno, infine, quasi il 75% dell’input totale proviene dal flusso di tutti gli altri rifiuti tipici. Per l’organico, oltre l’85% dei rifiuti in ingresso è costituito da rifiuti domestici e assimilabili.

La lavorazione dei rifiuti finalizzata a generare nuovi materiali di tipo secondario ha una resa, calcolabile come rapporto tra la quantità in output e quella in input, che si differenzia a seconda del raggruppamento merceologico considerato. Il valore di rendimento più alto sfiora il 90% e riguarda la carta: questo vuol dire che mediamente a livello nazionale, sottoponendo a operazioni di recupero 100 kg di rifiuti (tipici e, in quota parte, misti), si ottengono circa 90 kg di materiali secondari classificabili come carta.

Per vetro, plastica e legno la resa media si aggira tra il 75% e l’80%, mentre il valore minimo si registra per l’organico e si attesta al di sotto del 27%, conseguentemente alle peculiarità chimico- fisiche della matrice.

Gli scarti in uscita dai processi di riciclo sono quantificabili in 2,5 milioni di tonnellate nel 2014 per i cinque materiali analizzati. Per la maggior parte tali scarti vengono sottoposti ad altre operazioni di recupero, in misura differente a seconda del materiale considerato. Le percentuali più alte di avvio a recupero di materia, in particolare, sono relative agli scarti della produzione dei materiali di legno e vetro, che si aggirano intorno all’80%. Circa il 9% degli scarti complessivi, con una percentuale più alta per la sola plastica, viene avviato a ulteriori operazioni di trattamento o stoccaggio, non consentendo quindi l’individuazione diretta di un trattamento finale dei residui a valle del processo di riciclo. Il recupero di energia e l’incenerimento superano la quota del 10% solo per gli scarti di legno e carta, mentre per gli altri materiali rappresentano un’alternativa decisamente meno rilevante. In media l’11% degli scarti dei cinque materiali considerati viene conferito in discarica, una percentuale non irrilevante, e sicuramente migliorabile, ma spiegabile in termini gestionali.

In totale, nel 2014, i rifiuti – sia urbani che speciali – prodotti a livello nazionale si attestano a 178 Mt, secondo quanto risulta dai dati contenuti nel Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD) 2015 analizzati ed elaborati da Ecocerved. Le due maggiori componenti derivano dalle attività di costruzione e demolizione e da quelle di gestione dei rifiuti, che complessivamente contano per circa 100 Mt. In generale, la maggior parte dei rifiuti è di tipo non pericoloso, in misura pari al 92% del totale.

A fronte di una sostanziale stabilizzazione della quantità complessiva di urbani e speciali, si può osservare come negli ultimi 5 anni la produzione dei rifiuti tipici per il riciclo dei materiali analizzati risulti in aumento del 9,5% (dovuto soprattutto alla componente degli urbani e in particolare ai rifiuti biodegradabili). Si può ipotizzare, quindi, che questa dinamica, da un lato, sia il risultato di un miglioramento della qualità della raccolta differenziata e, dall’altro, attesti una crescente disponibilità di input per l’industria del riciclo e, a cascata, una potenziale crescita del mercato dei materiali secondari (non quantificabile comunque con precisione).

Dei rifiuti utilizzabili per riciclare i materiali oggetto di studio si conferma che il recupero di materia è la prima attività di destinazione (63%). Al secondo posto si collocano pretrattamenti e stoccaggi, confermando quanto già emerso in altre occasioni di studio in merito alla complessità della filiera dei rifiuti, costellata di passaggi attraverso punti intermedi di gestione; va sottolineato comunque che tali passaggi, se non per la movimentazione sul territorio e il differimento nel tempo, non hanno una connotazione necessariamente negativa dal punto di vista gestionale, poiché potrebbero essere propedeutici a un successivo recupero dei rifiuti. Ciò che colpisce infine è il 7% dei rifiuti tipici, diversi dagli imballaggi nella quasi totalità dei casi, che finisce direttamente a operazioni di smaltimento, sprecando un potenziale input della filiera del riciclo pari a circa 2 milioni di tonnellate. I rifiuti di imballaggio testimoniano un trend molto diverso, in quanto solo quantità marginali (0,5% rispetto al 7% totale) sono destinate a operazioni di smaltimento.

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