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Rivoluzione alimentare: il consumo dell’olio di oliva è aumentato del 73%

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Siamo arrivati alla fine del 2016 e, come molti settori, anche quello alimentare tira le somme sulle vendite dei propri prodotti. L’olio di oliva vede due andamenti contrastanti: da una parte la crescita, riguardante la domanda e il consumo in tutto il mondo; dall’altra il calo della sua produzione, in particolar modo in Italia.

Il Made in Italy ha visto un record di vendite e di esportazioni dell’olio di oliva. Solo nei primi 8 mesi di questo anno, infatti, le esportazioni sono aumentate dell’8%.

Per quanto riguarda gli scambi, l’Italia ha importato meno olio dall’estero, soprattutto grazie all’abbondante produzione del 2015 e, allo stesso tempo, le nostre imprese hanno visto aumentare le esportazioni, con oltre 265 mila tonnellate di olio di oliva e sansa vendute oltre confine, il 10% in più rispetto all’anno passato, mentre l’extra e vergine hanno superato le 186 mila tonnellate, con un incremento del 7,1%.

Andando nel particolare, i Paesi che hanno aumentato l’uso dell’olio di oliva sono stati: Cina, con un +18%, dove però le quantità sono ancora ridotte; Giappone con un +7% e Stati Uniti con un aumento dell’11%. Il commercio statunitense è quello più redditizio per il nostro Paese, in quanto circa un terzo dell’olio di oliva esportato si dirige proprio dentro i suoi confini.

Nel 2016, nel mondo si sono consumati 2,99 miliardi di chili di olio di oliva. Il maggior consumatore è ancora, ovviamente, l’Italia con 581 milioni di chili, seguita da Spagna, 490 milioni di chili, e al terzo posto, per la prima volta, gli Usa, con un consumo di 308 milioni di chili.

I dati riguardanti il solo 2016 sono generalmente buoni, ma ancora migliore è la visione del cambiamento avvenuto nella popolazione mondiale riguardo all’alimentazione negli ultimi 25 anni. Infatti, secondo i dati in questo ultimo quarto di secolo, la domanda mondiale di olio di oliva è cresciuta del 73%.

Sicuramente le campagne mondiali a favore di un’alimentazione sana hanno favorito il consumo dell’olio di oliva. Basta pensare che moltissimi studi scientifici hanno dimostrato che il suo utilizzo può contrastare il colesterolo cattivo e l’invecchiamento cellulare (ostacola quindi l’insorgere di varie malattie e tumori); protegge le ossa, in quanto è presente la vitamina E, la quale preserva la salute delle ossa e contrasta l’insorgere di osteoporosi e malattie legate all’apparato scheletrico; è ottimo nella crescita dei bambini, contribuisce al processo di mielinizzazione del cervello e aiuta la creazione di difeseimmunitarie.

A fornire i dati riguardanti l’andamento del consumo all’estero dell’olio di oliva in questi 25 anni è Coldiretti, in occasione della Celebrazione della giornata mondiale dell’olio di oliva indetto dal Consiglio Oleicolo Internazionale (COI).

L’aumento del consumo dell’alimento riguarda moltissimi Paesi, dall’Europa, all’Asia, per arrivare in America.

Se si inizia a considerare coloro che hanno sconvolto la propria alimentazione, non si può non partire dagli Stati Uniti, che hanno aumentato il consumo di olio di oliva del 250% nell’arco di 25 anni. A fare la differenza, però, è stato il Giappone, con il suo aumento del 1400% per un consumo di 60 milioni di chili nel 2015. In Europa è stata la Gran Bretagna ad incrementarne maggiormente l’utilizzo del 763% con 59 milioni di chili, seguita dalla Germania con un +465% e 58 milioni di chili, mentre la Francia con un +268%. La rivoluzione alimentare è avvenuta, però, in Paesi inaspettati, come il Brasile, con un aumento del 393% e 66,5 milioni di chili e la Russia con un +320%.

Se da una parte i Paesi che avevano, e hanno tuttora, carenza di produzione di olio di oliva hanno cambiato la loro dieta per avvicinarsi a quella mediterranea, dall’altra gli Stati, uno su tutti l’Italia, che ne sono produttori e che l’olio di oliva è la base dell’alimentazione quotidiana, non hanno mostrato né un aumento della domanda né dei consumi, rimanendo pressoché stabili: l’Italia con un +8%, la Spagna ha visto un aumento del 24%, mentre un caso anomalo è la Grecia, che ha assistito addirittura ad una diminuzione del 27%.

In Italia, un dato negativo è il continuo calo della produzione dell’olio di oliva. Nonostante siano in aumento domanda e vendite, questo calo continua ad infierire negativamente sull’economia del nostro Paese. Secondo gli ultimi dati previsionali, infatti, ci si attende una diminuzione del 5% rispetto al 2015, in termini di quantità 243 mila tonnellate, circa la metà rispetto all’anno passato. Il calo più forte è stato nelle regioni del Sud, soprattutto a causa del clima avverso e delle malattie che hanno infestato le coltivazioni, a soffrirne maggiormente sono state Calabria, Molise, Basilicata e Puglia. È migliore la situazione al Nord, in particolare Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.

Purtroppo, l’annata 2016 per l’olio italiano è simile a quella del 2014 e raramente due stagioni “nere” si trovano così vicine. La situazione climatica fa rimanere l’Italia seconda in produzione, dietro alla Spagna, che presenta quantitativi in linea con il 2015, ma davanti alla Grecia.

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