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Ecomafia 2020: il “virus” non si arresta né conosce crisi

Ecomafia 2020, l’annuale Rapporto di Legambiente che fornisceun’analisi dei dati frutto dell’attività svolta da forze dell’ordine,attesta che i reati contro l’ambiente nel 2019 sono aumentati (+23,1% sul 2018) e gli illeciti nel ciclo del cemento sono aumentati più di tutti (+74,6%), superando quelli contestati nel ciclo dei rifiuti.

A conclusione degli incontri tematici organizzati in questi mesi da Legambiente con istituzioni, imprese e associazioni per individuare le migliori proposte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (RRF) che il Governo italiano dovrà inviare alla Commissione UE entro aprile 2021, è stato presentato l’11 dicembre 2020 il Rapporto Ecomafia 2020Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia” che, anche quest’anno, fornisce un’analisi dei dati frutto dell’attività svolta da forze dell’ordine (Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e delle Regioni a statuto speciale, Capitanerie di porto, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Direzione investigativa antimafia), del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), dell’Istituto di ricerche Cresme (per quanto riguarda il capitolo relativo all’abusivismo edilizio), magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale e gli avvocati dei Centri di azione giuridica di Legambiente, con il sostegno di Cobat e Novamont,.

Ne emerge che non si arresta né conosce crisi il “virus” dell’ecomafia, neologismo coniato da Legambiente che indica quei settori della criminalità organizzata che hanno scelto il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l’abusivismo edilizio e le attività di escavazione come nuovo grande business in cui sta acquistando sempre maggiore peso anche i traffici clandestini di opere d’arte rubate e di animali esotici.

I reati contro l’ambiente nel 2019 sono aumentati: ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018. In particolare preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 (+74,6% rispetto al 2018), che superano quelli contestati nel ciclo dei rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018).

La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria (prima regione del Sud come numero di arresti). E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86.

Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 miliardi. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti; dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.

“I dati e le storie presentati in questa nuova edizione del rapporto Ecomafia 2020 raccontano un quadro preoccupante sulle illegalità ambientali e sul ruolo che ricoprono le organizzazioni criminali, anche al Centro-Nord, nell’era pre-Covid – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – Se da un lato aumentato i reati ambientali, dall’altra parte la pressione dello Stato, fortunatamente, non si è arrestata. Anzi. I nuovi strumenti di repressione garantiti dalla Legge 68 del 2015, che siamo riusciti a far approvare dal Parlamento dopo 21 anni di lavoro, stanno mostrando tutta la loro validità sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione. Non bisogna però abbassare la guardia, perché le mafie in questo periodo di pandemia si stanno muovendo e sfruttano proprio la crisi economica e sociale per estendere ancora di più la loro presenza. Per questo è fondamentale completare il quadro normativo: servono nuove e più adeguate sanzioni penali contro la gestione illecita dei rifiuti, i decreti attuativi della legge che ha istituito il Sistema nazionale protezione ambiente, l’approvazione delle leggi contro agromafie e saccheggio del patrimonio culturale, archeologico e artistico, una forte e continua attività di demolizione degli immobili costruiti illegalmente per contrastare la piaga dell’abusivismo, l’introduzione di sanzioni penali efficaci a tutela degli animali e l’accesso gratuito alla giustizia per le associazioni che tutelano l’ambiente. Noi non faremo mancare il nostro contributo per arrivare entro la fine della legislatura all’approvazione di queste riforme fondamentali”.

Le piaghe da sanare
Anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 Tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.

Oltre ai reati legati al ciclo del cemento, resta diffuso l’abusivismo edilizio con 20 mila nuove costruzioni (ampliamenti compresi) che secondo le stime utilizzate dall’Istat nell’ambito dell’indicatore del Benessere Equo e Sostenibile (BES) resta su livelli intollerabili per un Paese civile: quella, provvisoria, del 2019 è del 17,7% sul totale delle nuove costruzioni e degli ampliamenti significativi.

La causa di questa persistenza dell’abusivismo edilizio in Italia è duplice: le mancate demolizioni da parte dei Comuni e i continui tentativi di riproporre condoni edilizi da parte di Regioni, ultima in ordine di tempo la Sicilia, leader e forze politiche – ha spiegato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità Legambiente – Per questo diventa indispensabile, oggi più che mai, lanciare una grande stagione di lotta all’abusivismo edilizio, prevedendo in particolare un adeguato supporto alle Prefetture nelle attività di demolizione, in caso di inerzia dei Comuni, previste dalla legge 120/2020;  la chiusura delle pratiche di condono ancora giacenti presso i Comuni; l’emersione degli immobili non accatastati, censiti dall’Agenzia delle entrate, per avviare la verifica della loro regolarità edilizia e sottoporre quelli abusivi all’iter di demolizione”.

Una particolare attenzione dovrà essere dedicata agli investimenti in appalti e opere pubbliche, soprattutto nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa, anche alla luce delle ingenti risorse in arrivo dall’Europa attraverso il Next Generation EU.
I dati che pubblichiamo in questo Rapporto – ha aggiunto Fontana – dimostrano come in tutti i casi di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose (29 quelli ancora oggi commissariati, dei quali ben 19 sciolti soltanto nel 2019) il principale interesse dei clan è proprio quello di condizionare gli appalti di ogni tipo, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei rifiuti. Un fenomeno che s’intreccia con quello della corruzione”.

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