Un gruppo di ricercatori coordinati dall’Istituto londinese di ricerca biomedica Francis Crick ha sviluppato un nuovo modo per analizzare il DNA antico, che ha permesso di rivelare modelli di migrazione precedentemente ignorati nell’Europa dell’alto Medioevo, ribaltando le ipotesi di lunga data sui movimenti delle popolazioni durante il tramonto dell’Impero romano e l’alba dell’era vichinga.
La conoscenza delle ondate di migrazione umana in Europa durante il primo millennio d.C. e delle condizioni di vita di queste popolazioni durante un periodo cruciale della storia: quello che, in concomitanza con la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, ha visto molte popolazioni spostarsi e mescolarsi tra di loro e che, oltre a livello culturale e sociale, ha lasciato una traccia anche nell’impronta genetica nei discendenti di quelle popolazioni.
Più mutazioni genetiche (differenze nel nostro DNA) condividiamo con un’altra persona, più tendiamo a essere imparentati. Questo perché ereditiamo il nostro DNA attraverso i nostri antenati, e quindi ereditiamo le stesse mutazioni che anche loro portavano con sé. Il nostro DNA è quindi un proxy per gli “alberi genealogici” genetici che ci collegano tutti.
Negli ultimi anni, gli scienziati hanno trovato il modo di ricostruire direttamente questi alberi genealogici genetici osservando come le mutazioni sono condivise tra le persone, collegando il nostro DNA odierno con quello delle persone antiche. Questi alberi genealogici genetici rivelano quanto sono vecchie le mutazioni e da chi sono condivise.
I ricercatori possono tracciare un quadro di come le persone si sono spostate nel mondo osservando i cambiamenti nel loro DNA, ma ciò diventa molto più difficile quando i gruppi storici di persone sono geneticamente molto simili.
Ora, grazie a una ricerca coordinata dal Francis Crick Institute, un centro di ricerca biomedica indipendente di Londra, i cui soci fondatori sono il Medical Research Council (MRC), il Cancer Research UK, Wellcome, l’University College London, l’Imperial College London e il King’s College London, che riunisce 1500 scienziati e personale di supporto che si dedicano alla comprensione della biologia per capire perché si sviluppano le malattie e a tradurre le scoperte in nuovi modi per prevenirle, diagnosticarle e curarle, hanno messo a punto un nuovo metodo di analisi dei dati che consente di misurare con maggiore precisione le differenze tra gruppi geneticamente simili, rivelando dettagli precedentemente sconosciuti sulle migrazioni in Europa.
Come esaminando gli anelli di crescita di un albero antico, gli scienziati hanno sviluppato un nuovo modo per analizzare i “ramoscelli” degli alberi genealogici genetici umani. Questo nuovo approccio, chiamato Twigstats (statistiche f2 per coppie di popolazioni), esamina le mutazioni più recenti per rivelare connessioni tra persone che hanno vissuto più vicine nel tempo.
“Abbiamo già strumenti statistici affidabili per confrontare la genetica tra gruppi di persone che sono geneticamente molto diversi, come i cacciatori-raccoglitori e i primi agricoltori, ma analisi solide di cambiamenti della popolazione su scala più fine, come le migrazioni sono state in gran parte oscurate fino ad ora – ha affermato Leo Speidel, principale autore dello Studio “High-resolution genomic history of early medieval Europe”, pubblicato su Nature, ex ricercatore post-dottorato presso il Crick e l’University College London (UCL) e ora capogruppo presso RIKEN, la più grande e completa organizzazione di ricerca giapponese per la scienza di base e applicata – Twigstats ci consente di vedere ciò che prima non potevamo, in questo caso le migrazioni in tutta Europa che hanno avuto origine nel nord Europa nell’età del ferro, e poi di nuovo in Scandinavia prima dell’era vichinga. Il nostro nuovo metodo può essere applicato ad altre popolazioni in tutto il mondo e, si spera, rivelare altri pezzi mancanti del puzzle“.
I ricercatori hanno applicato il nuovo metodo a 1556 genomi europei (il set completo di DNA di una persona) provenienti da popolazioni vissute principalmente durante il primo millennio d.C., che comprende l’età del ferro, la caduta dell’Impero romano, il periodo delle migrazioni altomedievali e l’era vichinga.
“L’obiettivo era un metodo di analisi dei dati che avesse fornito una lente più nitida per la storia genetica su scala fine – ha sottolineato Pontus Skoglund, a Capo del Gruppo Group Leader del Laboratorio del DNA antico al Crick Institute e autore senior dello studio – Domande a cui prima non sarebbe stato possibile rispondere sono adesso alla nostra portata, quindi ora dobbiamo ampliare il record delle sequenze antiche dell’intero genoma“.
Le popolazioni di lingua germanica si spostano verso sud all’inizio dell’età del ferro
I Romani, il cui impero era fiorente all’inizio del primo millennio, hanno descritto conflitti con gruppi germanici al di fuori dei confini dell’Impero. Utilizzando il nuovo metodo, gli scienziati hanno scoperto ondate di questi gruppi che migrarono verso sud dalla Germania settentrionale o dalla Scandinavia all’inizio del primo millennio, aggiungendo prove genetiche alla documentazione storica.
Questa discendenza è stata riscontrata in persone provenienti dalla Germania meridionale, dall’Italia, dalla Polonia, dalla Slovacchia e dalla Gran Bretagna meridionale; nell’Europa meridionale c’è una persona che presenta un’ascendenza scandinava al 100%.
I ricercatori hanno dimostrato che molti di questi gruppi alla fine si sono mescolati con popolazioni preesistenti. Le due principali zone di migrazione e interazione rispecchiano i tre rami principali delle lingue germaniche, uno dei quali è rimasto in Scandinavia, un altro cha costituito la base del tedesco e dell’inglese moderni, e quello orientale ormai estinto parlato dai Goti in Ucraina-
Inoltre, un individuo romano più antico, risalente al II-IV secolo d.C. circa, rinvenuto nel presunto cimitero militare o dei gladiatori di York, in Inghilterra, aveva circa il 25% di ascendenza scandinava dell’inizio dell’età del ferro, evidenziando che c’erano persone con antenati scandinavi in Gran Bretagna prima dei periodi anglosassone e vichingo, iniziati nel V secolo d.C.
Le popolazioni di lingua germanica si spostarono a nord, in Scandinavia, prima dell’era vichinga
Il team ha poi utilizzato il metodo per scoprire un’ulteriore ondata migratoria verso nord in Scandinavia alla fine dell’età del ferro (300-800 d.C.) e appena prima dell’era vichinga. I ricercatori hanno dimostrato che molti individui dell’era vichinga nella Scandinavia meridionale avevano antenati provenienti dall’Europa centrale.
Un diverso tipo di analisi biomolecolare dei denti ha scoperto che le persone sepolte sull’isola di Öland, in Svezia, che avevano origini provenienti dall’Europa centrale, erano cresciute localmente, il che suggerisce che questo afflusso di persone verso nord non fu un evento isolato, ma un cambiamento duraturo nelle origini.
Esistono prove archeologiche di ripetuti conflitti in Scandinavia in quel periodo e i ricercatori ipotizzano che questi disordini possano aver avuto un ruolo nel guidare gli spostamenti delle persone, ma sono necessari ulteriori dati archeologici, genetici e ambientali per far luce sui motivi per cui le persone si spostarono in Scandinavia e nei suoi dintorni.
Espansione vichinga dalla Scandinavia
Storicamente, l’era vichinga (circa 800-1050 d.C.) è associata alle incursioni e agli insediamenti dei popoli scandinavi in tutta Europa. La ricerca ha dimostrato che molte persone residenti fuori dalla Scandinavia in quel periodo mostravano un mix di origini locali e scandinave, a sostegno dei documenti storici. Ad esempio, il team ha trovato alcuni individui dell’era vichinga nell’est (oggi Ucraina e Russia) che avevano antenati provenienti dall’attuale Svezia, e individui in Gran Bretagna che avevano antenati provenienti dall’attuale Danimarca.
Nelle fosse comuni dell’epoca vichinga in Gran Bretagna, i resti di uomini morti di morte violenta mostravano legami genetici con la Scandinavia, il che suggerisce che potrebbero essere stati membri giustiziati di gruppi di incursori vichinghi.
Lo studio ha osservato pure che le popolazioni odierne dell’Ungheria non sembrano avere ascendenza rilevabile da individui dell’alto medioevo provenienti da contesti longobardi, e sono invece più simili a fonti di ascendenza legate agli Sciti, in linea con il successivo impatto di Avari, Magiari e altri gruppi orientali.
“Fonti storiche – ha affermato Peter Heather, Professore di storia medievale al King’s College di Londra e coautore dello studio – indicano che la migrazione ha avuto un ruolo nella massiccia ristrutturazione del paesaggio umano dell’Eurasia occidentale nella seconda metà del primo millennio d.C., che per prima ha creato i contorni di un’Europa politicamente e culturalmente riconoscibile, ma la natura, la scala e persino le traiettorie dei movimenti sono sempre state fortemente dibattute. Twigstats apre l’entusiasmante possibilità di risolvere finalmente queste questioni cruciali. Attraverso l’analisi del materiale genetico estratto da reperti umani, possiamo comprendere meglio le migrazioni, le interazioni e l’evoluzione delle popolazioni nel corso dei millenni. Questi dati offrono oggi una visione senza precedenti del nostro passato e delle dinamiche che hanno plasmato le società antiche”.
Le analisi sul DNA antico, sebbene ancora agli albori, stanno aprendo nuove e affascinanti prospettive, non solo nel campo della storia e dell’evoluzione umana, ma anche in quello medico, come testimonia l’assegnazione del Premio Nobel 2022 per la Medicina allo svedese Svante Pääbo, per “le sue scoperte sui genomi degli ominidi estinti e sull’evoluzione umana”, aprendo un nuovo campo di ricerca, a paleogenomica.
Tra gli studi sul DNA antico per conoscere i flussi migratori dell’Europa Centro-orientale tra il 400 e il 900 rientra anche HistoGenes, progetto finanziato dal Consiglio Europeo per la Ricerca che si propone di ricostruire i cambiamenti demografici e le condizioni di vita delle popolazioni che hanno abitato l’Europa centro-orientale in quel periodo e che si sono mescolate tra di loro, lasciando traccia anche nell’impronta genetica dei discendenti di quelle popolazioni e fornendo pure gli indizi per capire come certi stimoli ambientali (epidemie, carestie, dieta ecc.) possono aver modellato il genoma dei nostri antenati e come questo può influenzare ancora oggi la nostra salute. Una ricerca condotta sul DNA antico da un pool di scienziati di varie Università europee e statunitensi, ha rivelato le origini evolutive della sclerosi multipla (SM), aprendo alla comprensione dell’architettura genetica di questa malattia e delle sue cause, con implicazioni per il suo trattamento.
In copertina: L’immagine del primo numero del 2025 di Nature, realizzata dal creativo Oliver Uberti, ispirata alle incisioni serpentine rinvenute sulle pietre runiche dell’era vichinga, raffiguranti le rune per le “lettere” del DNA: A, T, G e C.