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Da “Kapeleti” a “Parmezali”: il falso Made in Italy all’estero

da Kapeleti a Parmezali falso Made in Italy

Al Paladozza di Bologna il 28 aprile 2016, durante la Manifestazione organizzata da Coldiretti in difesa del Made in Italy dagli attacchi di prodotti contraffatti, è stato riprodotto un grande supermercato con corsie suddivise per capitale europea, dove sono stati esposte le falsificazioni all’estero dei nostri prodotti agroalimentari: dai “Kapeleti” e “Mortadella” sloveni al “Parmezali” rumeno; dalla “Milaneza” pasta portoghese, fino al “Carpaccio formaggio” olandese.

Si è trattato dell’esemplificazione visiva del Dossier “Cosa mangiano di italiano in Europa”, realizzato con il Comando Carabinieri Tutela della Salute (NAS), nell’ambito di un progetto europeo dell’Europol, attraverso una ricerca sul campo all’estero per verificare nei supermercati delle capitali dei principali Paesi europei quel che viene venduto come “italiano”, utilizzando immagini, parole e tricolore che richiamano impropriamente alla qualità del Made in Italy.
Il risultato è stato che 2 nostri prodotti agricoli su 3 venduti all’estero sono risultati non avere niente a che fare con la realtà produttiva italiana.

Dalla lotta alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere, secondo Coldiretti, 300.000 nuovi posti di lavoro.
Per capire la rilevanza di questo settore, l’Italia nel 2015 ha raggiunto il record storico delle esportazioni agroalimentari di 36,8 miliardi, un valore che è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni (+74%).
L’esportazione del vino registra un aumento dell’80% nel decennio con un valore nel 2015 delle esportazioni di 5,4 miliardi.

Al 2° posto si posiziona l’ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi di euro nel 2015, ma con una crescita ridotta e pari al 55%, mentre al terzo c’è la pasta che raggiunge i 2,4 miliardiper effetto di una crescita dell’82% nel decennio, mentre i formaggi hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi con un balzo del 95% in dieci anni. La classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi (+88% nel decennio), l’olio di oliva è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi.

Ma fattura anche il falso Made in Italy con tutto ciò che comporta, e la stima di Coldiretti è di 60 miliardi nel mondo, “quasi il doppio dei prodotti originali”.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina.
Poi i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele, gli extravergine di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano.
Se gli Stati Uniti sono i “leader della falsificazione”, le imitazioni dei formaggi italiani sono però molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.

L’Unione Europea – ha affermato il Presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – anziché difendere le distintività territoriali, spinge verso un appiattimento verso il basso delle normative sotto il pressing delle multinazionali, per dare spazio a quei Paesi che non possono contare su una vera agricoltura e puntano su trucchi, espedienti e artifici della trasformazione industriale per poter essere presenti sul mercato del cibo. Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori italiani e i consumatori i quali trovano sul mercato prodotti di imitazione che non hanno certo le stesse caratteristiche degli originali”.

Il fenomeno è talmente radicato che non ci si preoccupa neppure di mantenere la fedeltà al nome originale della specialità Made in Italy copiata. Così gli spaghetti perdono consonanti o cambiano vocali a seconda del Paese “imitatore”, diventando Spageti in Slovenia, Spaghete in Romania, fino all’incredibile Spagheroni scovati nei supermercati olandesi. A volte il termine spaghetti viene invece mantenuto, ma abbinato a parole che richiamano specialità inesistenti in Italia, come “Bolognese”, oppure accompagnato da aggettivi come “Italiano”, ovviamente senza curarsi del corretto uso di singolare e plurale.

Ma tra i termini più usati dal Made in Italy “taroccato” c’è anche “maccheroni”, anch’esso variamente storpiato, per di più con l’aggravante di assomigliare al termine con cui gli italiani venivano indicati in senso dispregiativo. È il caso dei “Makaroni” in vendita nei supermercati britannici e in quelli ungheresi, dei “Macarone” e “Macaroni” trovati in Romania e Bulgaria. Altrettanto diffuso è il fenomeno delle contraffazioni del nostro Prosecco, divenuto a tal punto star dei mercati internazionali da trovare una folta schiera di imitatori che ne mettono a rischio l’ascesa, peraltro attingendo a un repertorio che pare inesauribile di “Prosecco sounding”. Si va dai SemiseccoConsecco e White Secco fatti in Germania dove si producono pure Meer Secco e Krissecco, al Crisecco imbottigliato in Romania, fino al Prisecco inglese aromatizzato alla frutta.

Ma le storpiature del Made in Italy la fanno da padrone un po’ per tutti i prodotti. La vicina Slovenia si distingue più degli altri per fantasia, dalla Mortadela al Bovizola, formaggio bovino che dovrebbe evocare il gorgonzola, dalla Milanska salama al Maskarpone con la “kappa”. In Austria si fanno sughi Arrabbiata e Bolognese, mentre la Germania del rigore chiude un occhio se tra i suoi confini si fanno e commercializzano “Mortadella a macina grossa italiano”, Zottarella, “Firenza salami”, Cambozola invece del gorgonzola.
In Olanda si può acquistare “Carpaccio formaggio” e in Belgio “Italiano sugo”, “Sugo Napoli”, Ravioli e Cappelletti con la scritta in italiano “Come a casa” fino alle “Tagliatelle Carbonara” che non esistono nella cultura culinaria nazionale. Pure nei Paesi dell’Est Europa che hanno fatto il loro ingresso nell’UE dilagano i finti prodotti tricolori, dagli “Italia Biscuit” della Bulgaria ai “Salam parmezali” rumeni, che producono anche i “Mini salamini piccollini”. Sugli scaffali ungheresi si possono, invece, acquistare mozzarella “Grande Napoli”, caffè in versione “Sicilia style”, “Milano style” e “Corso Verona”, oltre a “Donna pasta” e San Francesco “Tricolore penne”.

La Manifestazione, a cui hanno partecipato tra gli altri, il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Maurizio Martina, l’Europarlamentare Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, Paolo De Castro, il Presidente della Regione Emilia-Romagna e Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, si è tenuta, non casualmente, in Emilia-Romagna la regione con il primato italiano ed europeo della qualità per il maggior numero di prodotti a denominazione di origine riconosciute dall’UE e dove si tiene CIBUS (Parma, 9-12 maggio 2016), la Fiera Alimentare più conosciuta, anche all’estero.

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