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Corruzione percepita: l’Italia migliora ma rimane dietro alla Namibia

Corruzione percepita italia migliora

Ogni anno Transparency Internationall’organizzazione non governativa leader nel mondo nella lotta alla corruzione, pubblica il Rapporto “Corruption Perceptions Index” (CPI), un indice composito, costruito con sondaggi e inchieste, realizzati da vari organismi indipendenti, internazionalmente riconosciuti, che valuta le percezioni dei livelli di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nella classe politica, aggregando dati di 12 fonti diverse.

Ad ogni Paese (ne sono stati monitorati 180) viene assegnata una valutazione che va da 0 (il livello più alto di corruzione) a 100 (praticamente inesistente).

I Paesi meno corrotti, secondo L’ultimo Rapporto presentato il 21 febbraio 2018, risultano Nuova Zelanda, (1° posto con il punteggio di 89), Danimarca 2° posto con 88), FinlandiaNorvegia e Svizzera (3° posto con lo stesso punteggio di 85); mentre SiriaSud Sudan Somalia occupano le posizioni più basse, con punteggio rispettivamente di 14, 12 e 9.

L’ultimo Rapporto presentato il 21 febbraio 2018, segnala che l’Italia con un punteggio di 50/100 si colloca al 54° posto, alla pari con Mauritius e Slovacchia e dietro la Namibia, recuperando qualche posizione in questa classifica rispetto all’anno precedente, ma rimanendo agli ultimi posti in Europa (peggio fanno solo la Grecia e alcuni Paesi dell’Est).

Nell’ “Inclusive Development Index 2018”, presentato lo scorso gennaio alla vigilia del World Economic Forum, ha collocato il nostro Paese al 27° posto all’interno del gruppo dei 29 Paesi dalle economie più avanzate, e a penalizzare la performance dell’Italia ha pesato non poco i bassi punteggi ottenuti negli indicatori di Governance, quelli che hanno le potenzialità per guidare sia una forte crescita che una maggiore inclusione sociale, tra i quali uno dei livelli più bassi è toccato proprio all’indicatore “Corruzione” (punteggio di 3,75/10, al 28° posto).

Il miglioramento registrato quest’anno è frutto dell’impegno italiano in questi ultimi anni sul fronte anticorruzione: dopo la legge Severino del 2012 sono stati fatti diversi progressi, tra cui l’approvazione delle nuove norme sugli appalti, l’introduzione dell’accesso civico generalizzato e, soprattutto, la recente legge a tutela dei whistleblower – ha dichiarato Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia che proprio per far uscire l’Italia dalla brutta classifica in cui era precipitata aveva stilato lo scorso anno un’Agenda per i politici – Non va neppure trascurato l’importante lavoro svolto da Anac per prevenire il fenomeno e garantire un migliore funzionamento delle amministrazioni pubbliche”.

La legislazione sul whistleblowing, (alla lettera “suonatori di fischietto“) termine che non ha equivalenti in italiano che rendano il concetto, riguarda un individuo che denuncia, per il bene pubblico, comportamenti illeciti che avvengono nel luogo in cui lavora.

Dopo un lungo iter parlamentare è entrata in vigore il 29 dicembre 2017, con la pubblicazione sulla G.U n. 291 del 14-12-2017 della Legge n. 179 del 30 novembre 2017, recante “ Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”.

Tuttavia, sono numerosi i commentatori che ne sollecitano una revisione nella prossima legislatura. Se da un lato viene giudicata adeguata la protezione dell’identità, nonché la possibilità di imporre delle sanzioni, per il settore privato ci sarebbero lacune sulle misure di protezione per le segnalazioni a regolatori esterni o all’autorità giudiziaria, come pure delle scappatoie e modi per far ritrattare.

Ci sarebbe bisogno, inoltre, di una cultura della segnalazione, dal momento che ad oggi chi segnala viene percepito come uno “spione” che dimostra infedeltà verso la propria organizzazione e azienda, non già come attore chiave nell’ottica di protezione dell’organizzazione stessa e della gestione dei rischi.

Peraltro, proprio l’esperienza diretta di Transparency International che ha segnalato che negli ultimi 6 anni 9 giornalisti su 10 sono stati uccisi in Paesi che totalizzano meno di 45 puntinell’Indice di percezione della corruzione, e che 1 su 5 indagava su casi di corruzione, conferma che “si deve fare di più per proteggere coloro che parlano – ha affermato Patricia Moreira, Amministratrice delegata di Transparency International – Campagne diffamatorie, molestie, azioni legali e burocrazia sono tutti strumenti utilizzati da alcuni Governi nel tentativo di calmare coloro che guidano gli sforzi anti-corruzione”.

Viene segnalato il caso dell’Ungheria che ha visto diminuire di 10 punti il punteggio dell’Indice negli ultimi 6 anni, passando da 55 nel 2012 a 45 nel 2017, quale uno degli esempi più allarmanti di restringimento dello spazio dalla società civile nell’Europa orientale, che si appresta anche a varare una Legge che limiterebbe le attività delle Ong.

Per tornare al nostro Paese, “Nonostante gli importanti passi avanti compiuti in questi ultimi anni – ha proseguito Carnevali – rimangono ancora diversi angoli bui nel settore pubblico e nella politica, a partire dai finanziamenti a quest’ultima. È vero che abbiamo una maggiore trasparenza sul fronte dei finanziamenti ai partiti rispetto al passato, ma ci sono altri soggetti che vengono usati per canalizzare le risorse e che non hanno gli stessi obblighi di trasparenza e rendicontazione, a partire dalle fondazioni e dalle associazioni politiche”.

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