Un nuovo studio condotto da ricercatori europei di varie istituzioni nell’area protetta di Scandola (Corsica) rivela che le ondate di caldo marine correlate alla crisi climatica stanno decimando le popolazioni di coralli del Mediterraneo, tra cui le specie emblematiche di gorgonia e corallo rosso, la cui biomassa totale, in alcuni casi, si è ridotta dal 2003 dall’80% al 90%.
Theodosius Dobzhansky: “Niente in biologia ha senso se non alla luce dell’evoluzione” (1973)
La citazione è contenuta nell’Editoriale “Evoluzione nei ,mari che cambiano” dell’ultimo numero di Proceedings of the Royal Society B dedicato, appunto, alle conseguenze allarmanti che il rapido cambiamento ambientale continua ad avere per gli oceani del mondo, compresi i cambiamenti nella distribuzione e nella fenologia delle specie, la natura e la forza delle interazioni tra le specie e l’alterazione degli ecosistemi e della fornitura dei loro servizi, suggerendo che le minacce alla biodiversità, dovute al sovrasfruttamento, ai cambiamenti climatici, all’invasione di specie aliene, al degrado degli habitat, alle malattie e ai loro effetti combinati, potrebbero determinare presto a estinzioni locali e globali.
Nonostante il crescente corpus di ricerche che documentano gli effetti del cambiamento ambientale sulle specie marine, sulle comunità e sugli ecosistemi, non ci sono ancora studi previsionali su come le specie e gli ecosistemi marini alla fine risponderanno, resisteranno o si riprenderanno da queste minacce, che richiedono una comprensione di base di come gli organismi si sono adattati ai loro ambienti attuali e di come tale adattamento può modellare la capacità di risposta delle generazioni future, dal momento che qualsiasi quadro predittivo di successo deve integrare i principi della biologia evolutiva.
Tra gli studi inseriti nel numero dedicato che valutano la capacità di recupero a lungo termine di specie marine, c’è quello condotto da un gruppo di ricercatori europei, coordinati da Daniel Gómez Gras della Facoltà di Biologia -Istituto di Ricerca sulla Biodiversità (IRBio) dell’Università di Barcellona e dell’Istituto di scienze marine di Barcellona ( ICM-CSIC), nonché principale autore dello Studio “Population collapse of habitat-forming species in the Mediterranean: a long-term study of gorgonian populations affected by recurrent marine heatwaves”.
Lo Studio, realizzato grazie al sostegno del Parco Naturale Regionale della Corsica, del progetto Piano Nazionale HEATMED, dei progetti europei H2020, MERCES e Futurmares, e degli Interreg, MED MPA-Engage e MED MPA-Adapt, .ha analizzato i risultati ottenuti da un monitoraggio a lungo termine nell’area marina protetta di Scandola (Corsica, Francia), su diverse popolazioni di corallo colpite da una grande mortalità di massa causata da un’ondata di caldo nel 2003, in particolare di due specie icone del Mar Mediterraneo: la gorgonia rossa ( Paramricea clavata ) e il corallo rosso (Corallium rubrum) che forniscono habitat complessi, essenziali per una grande diversità della fauna associata e, pertanto, determinanti per comprendere la loro resilienza rispetto alle ondate di caldo sempre più frequenti e intense.
I risultati mostrano che queste popolazioni a 15 anni dall’evento climatico, sono considerate praticamente estinte dal punto di vista funzionale.
“Abbiamo osservato – ha dichiarato Gómez – una perdita media di biomassa, rispetto a quella iniziale dell’80% nelle popolazioni di gorgonie rosse e fino al 93% per quanto riguarda la popolazione studiata di corallo rosso”.
“Questi dati sono preoccupanti per la conservazione di queste specie emblematiche – ha osservato Joaquim Garrabou, dell’ICM-CSIC e co-autore dello Studio – e indicano che gli effetti della crisi climatica stanno accelerando con ovvie conseguenze per i paesaggi sottomarini, dove la perdita di coralli equivale alla perdita di alberi nelle foreste“.
I coralli sono longevi, con dinamiche demografiche molto lente (sono lenti a crescere e lenti a generare nuove generazioni), quindi la comprensione accurata della loro risposta ai cambiamenti climatici ha richiesto decenni di studi.
“Riteniamo che uno dei motivi principali per cui abbiamo osservato queste traiettorie di collasso sia la potenziale esposizione ricorrente alle ondate di caldo, incompatibile con la lenta dinamica demografica di queste specie – ha sottolineato Cristina Linares, Docente presso il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica, Ecologia e Scienze Ambientali all’Università di Barcellona e membro della Facoltà di Biologia e membro deli’IRBio, co-autrice dello Studio – In particolare, durante il periodo di studio (2003-2018), hanno registrato importanti ondate di caldo in almeno quattro annate: 2009, 2016, 2017, 2018”.
“Durante queste ondate di caldo – ha continuato Linares – le condizioni di temperatura nell’area studiata hanno raggiunto livelli estremi incompatibili con la vita di questi coralli, che probabilmente hanno causato nuovi eventi di mortalità alle popolazioni decimate e reso impossibile il recupero”.
I ricercatori prevedono che il numero e l’intensità delle ondate di caldo marine aumenteranno nei decenni successivi a causa della crisi climatica, tal che la vitalità di molte popolazioni di coralli potrebbe essere seriamente minacciata, anche se con ogni probabilità ci saranno alcune aree del Mediterraneo in cui, per effetto di diversi fattori, la ricorrenza di tali impatti climatici potrebbe essere inferiore. Ciò rende particolarmente rilevante, per quanto riguarda altri potenziali impatti, mantenere questi rifugi climatici dove le traiettorie delle popolazioni di coralli potrebbero essere più positive di quelle osservate nello Studio
“Tuttavia, è urgente l’adozione di misure più forti contro la crisi climatica – concludono i ricercatori – prima che la perdita di biodiversità diventi irreversibile“.