Cambiamenti climatici Clima

Clima: raggiunti i “punti di non ritorno” per alcune aree polari?

Secondo la Prof.ssa Winkelmann del PIK di Potsdam le temperature raggiunte in Groenlandia e alcune regioni dell’Antartide sono già all’interno del range del “tipping point” per queste aree e che quanto sta accadendo dovrebbe provocare “punti di svolta sociali” in grado di sollecitare azioni rapide di cambiamento.

Il Global Systems Institute dell’Università di Exeter (Gran Bretagna) ha organizzato una Conferenza (29-31 luglio 2019) per celebrare i 100 anni dello scienziato britannico James Lovelock, conosciuto per aver teorizzato 40 anni fa l’ipotesi di Gaia ovvero che la Terra sia un ecosistema autoregolante che riesce a mantenere le condizioni di vita sul pianeta.

Nel corso della seconda giornata, è intervenuta la Prof.ssa Ricarda Winkelmanndell’Istituto di ricerca sull’impatto climatico (PIK) di Potsdam, co-autrice dello Studio Trajectories of the Earth System in the Anthropocene” dove si dimostra che “Anche se le riduzioni delle emissioni di carbonio richieste nell’Accordo di Parigi siano rispettate, esiste il rischio che la Terra entri in quelle che gli scienziati chiamano condizioni ‘Hothouse Earth’ [una serra]”.

Secondo la Winkelmann le temperature nelle regioni polari avrebbero già raggiunto il “tipping point” climatico, con conseguenti enormi quantità di ghiaccio che si scioglie, entrando nelle acque degli oceani.

Nel suo V Rapporto di valutazione (AR5) il Gruppo intergovernativo di esperti ONU sui cambiamenti climatici (IPCC) definisce il tipping point (punto di non ritorno) come un cambiamento irreversibile del sistema climatico. Quali siano i livelli precisi di cambiamento climatico in grado di innescare il “punto di non ritorno” rimangono incerti, tuttavia osserva l’IPCC il rischio associato all’incrocio di più punti di non ritorno aumenta con l’aumentare delle temperature.

La Winkelmann ha affermato che le temperature sono già all’interno del range del “punto di non ritorno” stimato per la calotta glaciale della Groenlandia e per i ghiacciai del Mar di Amudsen in Antartide, che ospita abbastanza ghiaccio da innalzare il livello globale del mare di un metro. Non è chiaro quanto tempo ci vorrà, ma c’è bisogno di un’azione rapida per limitare le emissioni di carbonio.

Tutti dovremmo preoccuparci delle calotte glaciali – ha aggiunto la Winkelmann – È importante acquisire la consapevolezza che ci sono queste soglie critiche“.

La ricercatrice spera che il rapido cambiamento già in atto nell’Artico e in Antartide possa costituire un “sistema di allarme rapido“, in grado di provocare “punti di svolta sociali” che facciano cambiare gli atteggiamenti e le azioni umane in meglio.

Quanto sta accadendo in queste settimane alle alte latitudini settentrionali del Pianeta, dà ragione alle preoccupazioni della scienziata.
Vasti tratti della Siberia, dell’Alaska ed anche della Groenlandia hanno raggiunto temperature record, creando le condizioni per gli incendi che stanno devastando foreste e torbiere, come ci mostrano le immagini satellitari diffuse dai media.

Gli incendi che si sono sviluppati in Siberia tra i 57° e i 70° di Lat. N, ripresi dal satellite il 21 luglio 2019
(Foto: Aqua and Terra MODIS data attraverso NASA Worldview, trattati da Pierre Markuse/Flickr/cc)

In Siberia le temperature di luglio sono state superiori di 5,5 °C rispetto alla media del trentennio 1981-2010, dopo che già in giugno era stata la regione con le maggiori anomalie positive.
La natura remota di molti incendi significa che stanno bruciando senza controllo, spesso, attraverso aree di torba che sono normalmente ghiacciate o mollicce e che si sono asciugate a causa del caldo. Peraltro, le torbiere sono serbatoi di carbonio che a causa degli incendi viene rilasciato in atmosfera.  

Anchorage la principale città dell’Alaska rammenterà a lungo l’Indipendence Day (4 luglio) del 2019, per essere stato il giorno più caldo mai registrato (32,2 °C), quando le temperature medie di quel giorno erano state attorno ai 18 °C. Dei 26 nuovi incendi segnalati in Alaska, tra il 15 e il 16 luglio 2019,  10 si sono verificati oltre il Circolo Polare Artico.

Poi c’è lo strano incendio che è scoppiato in Groenlandia il 10 luglio 2019, che potrebbe essere stato provocato da qualche escursionista visto che non ci sono alberi. Tuttavia, è la seconda volta negli ultimi tre anni che un incendio si è sviluppato nella Groenlandia occidentale, ed anche se non sono del livello di quelli in Siberia e Alaska, sono un altro sintomo di una transizione dell’Artico verso uno stato di instabilità, che va di pari passo con il riscaldamento del Pianeta.
L’ondata di calore che ha investito la scorsa settimana l’Europa centro-settentrionale si è spostata a nord e sta ora parcheggiando sull’isola più grande del mondo, determinando temperature al di sopra della media di 5-6 °C.

L’area della calotta glaciale della Groenlandia che mostra indicazioni di scioglimento è cresciuta quotidianamente e ha raggiunto al 31 luglio 2019 il record del 56%, ha twittato Ruth Mottram, Scienziata del clima presso il Danish Meteorological Institute, e più di 10 miliardi di tonnellate di ghiaccio si sono sciolte, disperdendosi nell’oceano.

C’è da osservare, poi, secondo i dati elaborati dal Programma UE Copernicus, che l’attività degli incendi nelle foreste boreali “senza precedenti” hanno emesso in atmosfera tra il 10 e il 25 luglio 2019, quasi l’equivalente delle emissioni di carbonio della Svezia nell’intero nel 2017.
È insolito vedere fuochi di questa portata e durata a latitudini così elevate – ha dichiarato Mark Parrington, Scienziato senior del Copernicus Atmosphere Monitoring Service Ma le temperature nell’Artico sono aumentate a un ritmo molto più rapido rispetto alla media globale, e le condizioni più calde incoraggiano gli incendi a svilupparsi e a persistere una volta che si sono innescati”.

E che questi avvenimenti siano di origine antropica non sussistono più dubbi.

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