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Cimice asiatica: le Regioni del nord chiedono un piano organico di contrasto

Questo nuovo parassita “alieno”, arrivato con la globalizzazione dei commerci e acclimatatosi con i cambiamenti climatici in atto, sta mettendo in seria difficoltà economica le aziende agricole delle regioni settentrionali del nostro Paese.

Le Regioni Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna hanno chiesto un incontro con Ministri delle Politiche Agricole, dell’Ambiente e della Salute, per definire un piano di azione organico per contrastare, sia dal punto di vista fitosanitario, sia per quanto riguarda le risorse da mettere in campo a sostegno del mondo agricolo, la cimice asiatica (Halyomorpha halys), originariamente diffusa in Cina, Corea, Giappone e Taiwan, che si sta rivelando un vero e proprio flagello per le colture frutticole del Nord Italia.

Peraltro, non solo frutteti (mele, pere, pesche in particolare), ma anche colture orticole (melanzane, pomodori, cetrioli e legumi) sono attaccate da questo fitofago che si nutre, appunto, pungendo i vegetali e succhiandone i fluidi, con conseguenti deformità e necrosi delle parti colpite, ed anche se apparentemente all’esterno i danni sembrano modesti, al suo interno risultano essere molto estesi.

Uno Studio pubblicato nel 2015 sul Journal of Pest Science condotto da entomologi dell’Università del Maryland (USA), mostra che questi parassiti hanno una forte preferenza per i frutti maturi e sono in grado di tracciare durante la stagione di crescita quelli preferiti, nel tentativo di massimizzare il loro accesso al cibo.

Differentemente dalla cimice verde (Nezara viridula) tipica delle nostre zone, la cimice asiatica ha un colore più scuro e maculato (da cui anche denominata cimice marmorata), con zampe e antenne più lunghe, e se schiacciata emette un odore più forte e sgradevole rispetto alla “puzzola” verde, per effetto delle ghiandole odorifere poste sul lato inferiore del torace, con cui tiene lontani eventuali predatori.

Introdotta accidentalmente negli Stati Uniti con i primi esemplari esaminati nel 1998, è stata individuata in Europa, presso Zurigo nel 2007, e in Italia nel 2012 nel modenese.

Ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) in uno Studio  pubblicato nel 2016 su Biological Invasions, hanno dimostrato che le temperature in aumento in Italia avrebbero favorito l’acclimatazione degli esemplari di Halyomorpha halys e la loro sopravvivenza e che, al contrario di quanto avviene negli altri Paesi europei, è “bivoltina” ovvero è presente con 2 generazioni all’anno.

Come per altri “effetti indesiderati” della globlizzazione dei commerci e dei cambiamenti climatici, quali il cinipide del castagno (Dryocosmus kuriphilus), il punteruolo rosso delle palme (Rhynchophorus ferrugineus), il moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzukii), il coleottero degli alveari (Aethina tumida) o il ben più tristemente famoso batterio (Xylella fastidiosa) che provoca il disseccamento dell’ulivo, attualmente mancano efficaci strumenti di contenimento della cimice asiatica, in quanto non ci sono insetticidi registrati per questo impiego, e oltretutto l’insetto rimane presente sulla coltura per un periodo molto lungo dell’anno, ed è capace di sopportare temperature ben al di sotto di 0 °C.

Per questo le Regioni chiedono un intervento a livello nazionale con l’istituzione di un fondo mutualistico o di un aiuto di stato per assistere le imprese agricole in questo momento di difficoltà, come per gli olivicoltori colpiti dalla Xylella, e di istituire un tavolo nazionale per fare il punto della situazione sulla sperimentazione dell’insetto antagonista, la cosiddetta vespa samurai (Trissolcus japonicus), finora impiegata solo in prove in laboratorio.

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