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Xylella: non ci sono cure contro il disseccamento dell’olivo

Con due pareri sulla Xylella fastidiosa, l’EFSA ha messo in guardia circa la necessità di mettere in atto le misure di controllo definite dalla Commissione UE, perché il batterio, per contrastare il quale non ci sono attualmente cure, rischia di diffondersi nelle regioni dell’UE, infestando anche altre specie vegetali.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha confermato, come era stato evidenziato anche dalla pubblicazione del documento che riprendeva i contributi apportati dai 260 ricercatori europei ed extra-europei alla “Conferenza europea su Xylella fastidiosa”, la pericolosità del batterio vegetale xylella fastidiosa, responsabile del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO) e che l’applicazione immediata delle misure di controllo definite dalla Commissione UE (taglio delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di 100 metri) ) resta finora l’unico modo per fermarlo, dal momento che attualmente non ci sono cure per contrastarlo.

Lo si evince dai 2 pareri pubblicati il 15 maggio 2019:
uno sui rischi per la salute delle piante nel territorio dell’UE da parte del batterio;
– l’altro sull’efficacia delle misure di controllo poste in essere, tra cui il monitoraggio dei vettori del batterio, in particolare del Philaenus spumarius, denominato Sputacchina (foto in basso) di cui viene allegato lo Studio commissionato dall’EFSA.

Il Gruppo di lavoro dell’EFSA (Plant Health Panel) ha utilizzato la modellazione al computer per simulare il modo con cui la Xylella . fastidiosa si diffonde su brevi e lunghe distanze in condizioni diverse. La modellizzazione ha mostrato l’importanza di attuare misure di controllo, quali indicate dalla Commissione UE, per prevenire un’ulteriore diffusione e persino di sradicare epidemie, illustrando l’efficacia zone tampone di dimensioni diverse per controllare un’area infetta.

La lotta alla xylella è complicata dal ritardo con cui si manifestano i sintomi. Le simulazioni condotte dall’EFSA suggeriscono che l’eradicazione potrebbe essere ottenuta anche con un raggio inferiore ai 100 metri, ma solo in caso di diagnosi precoce della malattia, controllo degli insetti vettori molto efficiente per adulti e larve, rimozione immediata delle piante. Al contrario, se il vettore è scarsamente controllato, anche nel caso del raggio di taglio attuale, l’eradicazione potrebbe fallire. Ridurre le zone tampone, quelle che separano l’area infetta dall’area indenne, aumenta drasticamente la probabilità di espansione dell’epidemia.

Si è trattato di una complessa sfida scientifica con molte aree di incertezza, ma siamo giunti ad alcune conclusioni importanti che aiuteranno i gestori e valutatori del rischio, e i ricercatori – ha dichiarato Stephen Parnell, Presidente del Panel di lavoro – Le simulazioni al computer sono al centro di questi pareri scientifici. I modelli che abbiamo sviluppato sono sicuri e, soprattutto, flessibili in modo che possano adattarsi ad esplorare un’ampia gamma di scenari e supportare la pianificazione di emergenza. È stata resa disponibile una grande quantità di nuove informazioni dal nostro ultimo parere pubblicato nel 2015, in gran parte generato da progetti finanziati dall’UE. La nostra comprensione di questo pericoloso parassita delle piante prosegue incessantemente grazie a queste iniziative, anche se permane molta incertezza, in particolare a livello di sottospecie e tipo di sequenza. È fondamentale continuare a investire in ricerche che possano aiutarci non solo a controllare le epidemie, ma a prevederle“.

Le simulazioni al computer hanno dimostrato che sebbene la maggior parte del territorio dell’UE abbia tipi climatici in cui è noto che il patogeno si trova in altre parti del mondo, le aree più a rischio si trovano nell’Europa meridionale. Tuttavia, la modellazione ha mostrato alcune variazioni a questa regola generale in base alla sottospecie coinvolta. Ad esempio, suggeriva che la Xylella fastidiosa subsp. multiplex aveva un potenziale maggiore di stabilirsi nell’Europa settentrionale rispetto ad altre sottospecie.

Il batterio, scoperto per la prima volta in Europa nel 2013, quando iniziò l’epidemia in Puglia, si sta espandendo: è stato identificato in Francia, in Corsica e nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Nel 2016 è stata la volta delle Baleari, con infezione di ulivi, viti e mandorli, e di una serra in Germania. Le piante nel focolaio tedesco sono state distrutte e il batterio eliminato, operazione resa più semplice dal fatto che si trattava di un vivaio e non di una vasta area, come accade in Puglia o nella Spagna sud-orientale, dove nel 2017 il batterio viene trovato sui mandorli nella provincia di Alicante, con l’area dell’epidemia che oggi supera i 134mila ettari.Nel 2018, la Spagna ha notificato la presenza del patogeno in un ulivo situato nella regione autonoma di Madrid, e nello stesso periodo un vivaio belga distruggeva tutti gli ulivi in azienda dopo averne trovato uno infetto.
All’inizio del 2019 sono stati segnalati due nuovi focolai, uno in Toscana sul Monte Argentario e l’altro nel distretto di Porto in Portogallo su piante ornamentali e spontanee.

 

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