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Certificati Blu: per investire nel risparmio di una risorsa sempre più scarsa

Il Waste Management Report 2019 di E&S Group lancia la proposta di Certificati Blu come meccanismo di incentivazione, analogo ai Titoli di Efficienza Energetica, per spingere gli investimenti verso le soluzioni tecnologiche disponibili di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua.

Introdurre i Certificati Blu, sulla falsa riga dei Certificati Bianchi adottati con successo nel settore dell’efficienza energetica, per supportare attraverso meccanismi di incentivazione le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua, che purtroppo nel nostro Paese non è affatto percepita come una risorsa da salvaguardare.

È la proposta concreta lanciata dal 3° Water Management Report 2019, redatto da Energy&Strategy Group (E&S Group) della School of Management del Politecnico di Milano e presentato il 21 novembre 2019 nel corso del Convegno “La sfida dell’innovazione tecnologica, il riuso e l’economia circolare nelle filiere dell’acqua in Italia”, con l’obiettivo di riportare al centro del dibattito l’efficientamento idrico e toglierlo dal limbo dove la scarsa attenzione dell’opinione pubblica e il ridotto valore economico dell’ “oro blu” lo hanno relegato.

Come è emerso dall’evoluzione del mercato dell’efficienza energetica – ha spiegato Vittorio Chiesa, Direttore di E&S Group – una policy incentivante per i risparmi d’acqua potrebbe portare, oltre alla mitigazione della barriera economica, a una spinta allo sviluppo di soluzioni di riuso e riciclo della risorsa e a una modifica culturale nell’approccio degli stakeholders al tema dell’acqua, accrescendo la sensibilità sia degli utilizzatori civili che delle imprese”.

A fronte del modesto costo dell’acqua, perché ci sia una reale convenienza nell’investire in innovazione tecnologica occorre che gli incentivi siano cospicui, e questo è possibile solo con una reale presa di coscienza collettiva dell’importanza del risparmio idrico. Purtroppo, invece, l’analisi contenuta nel Report dimostra con le cifre che nel nostro Paese nessuno percepisce lo spreco di acqua come un problema: “Non se ne preoccupa il mondo industriale – ha aggiunto Chiesa – che confessa un impatto trascurabile, o comunque marginale, del costo dell’acqua sul proprio conto economico e quindi non vede perché fare investimenti per ridurne il consumo, anche quando è consistente. Ma non se ne curano nemmeno i gestori del servizio idrico, ossia coloro che ‘controllano’ l’acqua poi consumata nelle nostre case, perché stretti tra lungaggini burocratiche che rendono infinitamente complesso ogni intervento sulla rete e mancanza di lungimiranza politica. Senza dimenticare che ci sono ancora troppe infrastrutture, soprattutto quelle legate alla depurazione, che devono essere realizzate prima di poter mettere mano seriamente al tema delle perdite di acqua e quindi alla riduzione dei prelievi”.

Il recente volume dell’Istat su utilizzo e qualità della risorse idrica in Italia segnala che il nostro Paese è primo nell’UE per il prelievo di acqua potabile: con 428 litri giornalieri a persona. Ma le tariffe sono tra le più basse più basse, tanto che non spingono ad azioni concrete di riduzione degli sprechi, “come non lo è la politica, molto più impegnata nel dibattito sulla privatizzazione che su quello dell’efficienza idrica”, osserva l’E&S Group.

Secondo i dati aggiornati di Aqueduct Water Atlas Risk del World Resources Institute, il consumo di acqua, cresciuto a livello mondiale del doppio rispetto all’aumento della popolazione, potrebbe costringere molti Paesi, tra cui l’Italia, a fare i conti con la necessità di dover razionare l’acqua, se non verranno intraprese adeguate misure, sia di buon senso che tecnologiche.

Il momento è cruciale per gli attori che compongono il complesso ecosistema dell’acqua nel nostro Paese, poiché siamo contemporaneamente alla vigilia dell’entrata in vigore del nuovo Metodo Tariffario Idrico per il periodo 2020- 2023 il cui procedimento avviato dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) dovrà concludersi entro la fine dell’anno e in Parlamento si sta discutendo la proposta di Legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” (la cosiddetta “Legge Daga”) propone di modificare alle fondamenta la struttura del ciclo idrico integrato.

A fronte di una situazione decisamente complessa del nostro sistema idrico, E&S Group ha lanciato un’indagine rivolta agli attori della filiera (Gestori del Servizio Idrico e Imprese), le cui risposte raccolte coprono il 45% dell’intera popolazione servita, per oltre 90.000 km di rete gestiti, e cubano circa 2,3 miliardi di m3 di acqua annui.

Ne è risultato che per i Gestori la proposta di Legge Daga non va a toccare le vere barriere agli investimenti, che a loro parere sono la disorganicità dimensionale dei soggetti gestori, ancora troppo parcellizzati e dunque non in grado di raccogliere, in ottica di investimento di impresa, i capitali necessari e la conseguente difficoltà di accesso ai finanziamenti.

Per le Imprese, sono i tempi di ritorno dell’investimento, troppo lunghi a causa ancora una volta del basso prezzo dell’acqua rispetto al livello di qualità da rispettare, a determinare la mancata adozione di soluzioni per il riuso e riutilizzo dell’acqua. È dunque abbastanza evidente che, in assenza di sistemi che vadano al cuore del problema, è assai difficile immaginare un’azione concreta del comparto industriale verso soluzioni di risparmio o di riuso e riutilizzo dell’acqua, nonostante esistano varie opportunità dal punto di vista tecnologico e siano state applicate in casi virtuosi (per i due terzi nel nord Italia).

Il Waste Management Report 2019 di E&S Group lancia la proposta di Certificati Blu come meccanismo di incentivazione, analogo ai Titoli di Efficienza Energetica, per spingere gli investimenti verso le soluzioni tecnologiche disponibili di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua.

Di qui la proposta di E&S Group di Certificati Blu ovvero di un meccanismo di incentivazione strutturato in maniera analoga al sistema dei Titoli di Efficienza Energetica (o Certificati Bianchi), rispetto al quale sussistono diverse analogie. Al fine di valutare quale valore del Certificato Blu permetta di rendere economicamente conveniente un intervento di risparmio della risorsa idrica si sono presi in esame 13 casi rappresentativi di altrettante soluzioni, applicate sia ad usi civili che ad usi industriali.

Per ogni caso, si sono analizzati gli aspetti tecnici e le condizioni al contorno specifiche (costo dell’acqua, del trattamento dell’acqua, dell’intervento di risparmio, O&M, ecc) e la sostenibilità economica è stata analizzata secondo due indicatori con i relativi valori soglia, rispettivamente un tempo di ritorno dell’investimento di 3 anni e un tasso interno di rendimento (IRR) a 20 anni del 15%. Si sono prese in esame tecnologie per il risparmio di acqua in due macro aree: le soluzioni di utilizzo efficiente, che riducono i consumi perché abbassano il fabbisogno di acqua, e quelle di riuso/riutilizzo, che riducono il prelievo di acqua ma non il fabbisogno.

Dall’analisi è emerso che, senza l’apporto di incentivi, solo 4 dei 13 casi mostrano degli indicatori economici “sostenibili” per gli utilizzatori finali in base al primo criterio (3 sono di risparmio d’acqua, 1 di recupero/riuso) e solo 6 rientrano nella soglia fissata per l’IRR.

Un valore dei Certificati Blu di 3.000 euro (3,00 euro/m3) abbasserebbe sotto i 3 anni il tempo di ritorno ed innalzerebbe sopra il 15% l’IRR in quasi tutti i casi studio analizzati – ha sottolineato Chiesa – Se poi si arrivasse a 4.000 euro, tutti i casi manterrebbe indicatori economici di investimento vantaggiosi, ma basterebbero valori nell’ordine di 1-1,5 euro/m3 per fare entrare nel novero degli interventi economicamente sostenibili quelli di riuso/riutilizzo in ambito industriale. Non va dimenticato però che stiamo parlando di cifre di 3 ordini di grandezza superiori all’attuale costo di acquisto della risorsa idrica per le utenze industriali”.

Si tratta quindi di numeri importanti – ha concluso il Direttore di E&S Group – come importanti sono stati gli incentivi per l’efficienza energetica o la generazione distribuita da rinnovabili. Senza una convergenza di intenti e di vedute tra i vari attori dell’ecosistema dell’acqua, senza la disponibilità della politica e senza un cambio culturale che renda comprensibile ai consumatori finali la necessità di investire nel risparmio idrico, stiamo parlando di cifre ‘impossibili’. Eppure è uno sforzo necessario, se non vogliamo trovarci tra qualche anno a rimpiangere una risorsa che sta divenendo sempre più scarsa”.

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