Secondo i dati aggiornati di Aqueduct Water Atlas Risk del World Resources Institute, il consumo di acqua, cresciuto a livello mondiale del doppio rispetto all’aumento della popolazione, potrebbe costringere molti Paesi, tra cui l’Italia, a fare i conti con la necessità di dover razionare l’acqua, se non verranno intraprese adeguate misure, sia di buon senso che tecnologiche.
Il World Resources Institute (WRI), uno degli Istituti di Ricerca leader a livello mondiale con uno staff di quasi 1.000 individui tra esperti e personale che lavorano a livello globale per produrre soluzioni in grado di offrire soluzioni su questioni cruciali del rapporto ambiente e sviluppo (clima, energia, cibo, foreste, acqua, città e trasporti), ha rilasciato il 6 agosto 2019 i dati aggiornati di Aqueduct Water Atlas Risk, l’iniziativa lanciata nel 2013 quale strumento per aiutare aziende, investitori, governi e comunità a comprendere dove e come stanno emergendo i rischi idrici in tutto il mondo.
La scarsità d’acqua è una delle questioni più pressanti del 21 ° secolo e il rischio correlato alla mancanza di acqua è stato inserito dal World Economic Forum nel suo ultimo Rapporto sui Rischi globali al 4° posto tra quelli di maggior impatto dopo i disastri naturali, gli eventi meteorologici estremi e il fallimento delle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
“Le crisi idriche una volta impensabili stanno diventando un luogo comune -sottolineano i ricercatori del WRI – I bacini idrici di Chennai , la sesta città dell’India, sono quasi asciutti in questo momento. L’anno scorso, i residenti di Città del Capo, in Sudafrica, hanno evitato all’ultimo momento il loro ‘Water Day Zero’ e a Roma si razionava l’acqua per conservare scarse risorse”.
Le ragioni di queste crisi sono molto più profonde della siccità. Tramite nuovi modelli idrologici, il WRI ha scoperto che i prelievi idrici a livello globale sono più che raddoppiati dagli anni ’60 a causa della crescente domanda, e non mostrano segni di rallentamento.
Dai dati aggiornati di Aqueduct, che includono per la prima volta lo stress sia superficiale che sotterraneo, si evidenzia come i 17 Paesi che presentano livelli “estremamente elevati” di stress idrico di base, dove l’agricoltura, le industrie e i comuni emungono ogni anno mediamente oltre l’80% della loro disponibilità idrica, siano quelli che ospitano un quarto della popolazione mondiale. Ben 12 dei Paesi di questo gruppo sono del MENA, la Regione del Medio Oriente e Nord Africa, calda e siccitosa dove la risorsa idrica è bassa in partenza, ma la crescita di domanda di acqua ha spinto i Paesi verso lo stress idrico estremo. Di questo Gruppo, unico Paese europeo, fa parte la Repubblica di San Marino occupando l’11° posto, una collocazione dovuta alla sua posizione geografica e alle limitate dimensioni del suo territorio, praticamente privo di riserve idriche, che la rendono quasi totalmente dipendente dall’Italia, da cui attinge più del 90% delle proprie risorse idriche.
Ma di questo Gruppo è estremamente preoccupante la situazione dell’India (13°posto) che sta soffrendo la peggiore crisi idrica della sua storia, con la minaccia incombente di mancanza di mezzi di sussistenza per milioni di individui. Oltre a fiumi, laghi e corsi d’acqua, sono gravemente sfruttate le risorse idriche sotterranee del Paese, in gran parte per irrigare i campi. Le falde acquifere delle regioni settentrionali sono diminuite di oltre 8 centimetri all’anno durante il periodo 1990-2014.
Sono, poi, 44 i Paesi che affrontano livelli “elevati” di stress idrico, mondiale dove vive un terzo della popolazione e dove ogni anno viene consumato più del 40% della disponibilità idrica. Tale divario rende tali Paesi vulnerabili a eventi come periodi di siccità o di maggiori prelievo, per effetto dei quali le comunità sempre di più costrette a razionare l’acqua.
In questo Gruppo, seppure in ultima posizione, c’è l’Italia con un indice di rischio di penuria idrica di 3,01 (2,8 per l’agricoltura; 3,11 per i consumi domestici; 3,09 per gli usi industriali) con la Sicilia a condurre la triste classifica e il Trentino-Alto Adige a chiuderla.
“Lo stress idrico è la crisi più grande di cui nessuno sta parlando – ha affermato Andrew Steer, Presidente e Ceo del WRI – Le sue conseguenze sono sotto i nostri occhi: insicurezza alimentare, conflitti, migrazioni e instabilità finanziaria“.
Eppure le soluzioni in qualsivoglia regione geografica, secondo i ricercatori del WRI, lo stress idrico potrebbe essere ridotto se venissero adottate misure, sia di buon senso che tecnologiche. Tra le più semplici vengono segnalate 3 soluzioni:
1. Aumentare l’efficienza agricola: il mondo deve fare in modo che ogni goccia d’acqua non venga persa nei sistemi alimentari. Gli agricoltori possono utilizzare semi che richiedono meno acqua e migliorare le loro tecniche irrigue, utilizzando l’irrigazione di precisione, anziché inondare i loro campi. I finanziatori possono fornire capitali per investimenti nella produttività idrica, mentre gli ingegneri possono sviluppare tecnologie che migliorino l’efficienza in agricoltura. I consumatori, a loro volta, possono ridurre la perdita e lo spreco di cibo, che costituisce un quarto della risorsa idrica utilizzata in agricoltura.
2. Investire in infrastrutture grigie e verdi: i nuovi dati di Aqueduct mostrano che lo stress idrico può variare enormemente nel corso dell’anno. Le infrastrutture costruite (come tubi e impianti di trattamento) e le infrastrutture verdi (come zone umide e bacini idrici sani) possono lavorare in tandem per affrontare le questioni sia dell’approvvigionamento idrico che della qualità dell’acqua.
3. Trattare, riutilizzare e riciclare: dobbiamo smettere di pensare alle acque reflue come rifiuti. Trattarle e riutilizzarle crea una “nuova” fonte d’acqua. Nelle acque reflue ci sono anche risorse utili che possono essere raccolte per aiutare a ridurre i costi di trattamento delle acque. Ad esempio, impianti a Xiangyang (Cina) e a Washington D. C. (USA) ritilizzano o vendono i sottoprodotti ricchi di energia e sostanze nutritive prodotti durante il trattamento delle acque reflue.
“I dati sono chiari – concludono i ricercatori – ci sono innegabilmente tendenze preoccupanti per l’acqua. Ma agendo ora e investendo in una migliore gestione, possiamo risolvere i problemi idrici per il bene delle persone, delle economie e del pianeta”.
In copertina: Chennai. L’India ha assistito prolungate siccità in quattro degli ultimi cinque anni e il Governo prevede che la disponibilità pro capite di acqua diminuirà del 35% l’anno prossimo, rispetto ai livelli del livelli del 2001 (Fonte: AP)