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Care International: sfrattate dai cambiamenti climatici

Un Rapporto dell’organizzazione umanitaria CARE International delinea le cause e le conseguenze dello sfollamento indotto dal clima e come la triplice ingiustizia dei cambiamenti climatici, della povertà e della disuguaglianza di genere devono essere affrontare con un’azione trasformativa che permetta alle donne di assumere un ruolo decisionale nelle azioni da intraprendere per rendere le comunità in cui vivono più resilienti agli impatti del clima.

L’organizzazione umanitaria internazionale CARE ha lanciato un nuovo Rapporto Evicted by Climate Change: Confronting the Gendered Impacts of Climate-Induced Displacement” (Sfrattate dai cambiamenti climatici: confrontarsi con lo sfollamento indotto dal clima e con il suo impatto di genere) che evidenzia le cause e le conseguenze dello sfollamento indotto dal clima e l’urgente necessità di una risposta trasformativa di genere.

CARE International, fondata nel 1945 è una delle più importanti organizzazioni umanitarie e ha come scopo di combattere la povertà nel mondo, operando a favore di 30 milioni di persone nei 72 Paesi più poveri di Asia, Africa, America Latina, Medio Oriente e Europa Orientale. L’organizzazione ha il suo quartier generale a Bruxelles e gestisce oltre 500 programmi in tutto il mondo che sono sostenuti da diverse istituzioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e l’Unione europea.

Il Rapporto, attingendo a risultati scientifici chiave, nonché all’esperienza accumulata in 75 anni di attività, delinea le cause e le conseguenze dello sfollamento indotto dal clima e in che modo la triplice ingiustizia dei cambiamenti climatici, della povertà e della disuguaglianza di genere debba essere affrontata da un’azione trasformativa di una maggiore leadership femminile e resilienza ambientale all’interno delle comunità.

Ci sono una serie di ragioni per le quali  le donne sono più vulnerabili la crescente agli impatti dei cambiamenti climatici:
le donne sono le principali custodi delle famiglie e si occupano dei bambini e degli anziani, per cui non sono in grado di lasciare le aree vulnerabili con la stessa facilità degli uomini;
le donne povere hanno 14 volte più probabilità di morire di un disastro climatico rispetto agli uomini;
le donne sono in gran parte escluse dai processi decisionali in cui vengono attuate le strategie per far fronte ai cambiamenti climatici; se avessero un maggiore controllo su questi processi, sarebbero in grado di esercitare le pressioni per le risorse essenziali.

L’esperienza di CARE ci dice che quando le donne si mettono alla guida in situazioni di crisi, intere comunità ne beneficiano e si trovano soluzioni più efficaci e sostenibili – ha affermato Sofia Sprechmann Sineiro, Segretaria generale di CARE International – In modo perverso, tuttavia, raramente viene loro assegnato un posto al tavolo decisionale. Questo rapporto ci mostra che i cambiamenti climatici aggravano le disparità di genere esistenti, con le donne sfollate in prima linea di fronte ai relativi impatti dalle conseguenze più gravi. Le donne sono la chiave per costruire la resilienza. È essenziale che un maggior numero di finanziamenti per il clima sia diretto a sostenere le organizzazioni femminili che stanno già svolgendo questo lavoro nelle loro comunità: non possiamo affrontare la crisi climatica se continuiamo a lasciarle indietro“.

Per affrontare lo sfollamento indotto dal clima in modo trasformativo di genere e basato sui diritti umani, CARE invita tutti gli attori interessati a fare la propria parte per costruire un futuro più sicuro, più equo, inclusivo e resiliente che sfrutti il ​​potere delle donne e delle ragazze all’interno del loro comunità:
garantire che le donne e le ragazze siano in grado di svolgere ruoli significativi nell’elaborazione di politiche di resilienza e prevenzione degli sfollamenti più ambiziose e nelle politiche di prevenzione e risposta, e nei programmi localizzati, rendendole responsabili;
incrementare l’azione e i finanziamenti pubblici nei Paesi in via di sviluppo, in particolare per l’adattamento trasformativo di genere e la riduzione del rischio di catastrofi, per far fronte ai fattori di sfollamento con azioni locali guidate dalle donne;
indirizzare almeno il 25% dei finanziamenti umanitari alle organizzazioni locali, con particolare attenzione alle organizzazioni a guida femminile e che si battono per i diritti delle donne;
– promuovere l’architettura istituzionale e legale nazionale e internazionale in modo che affronti in modo completo gli sfollamenti causati dal clima e fornisca protezione agli sfollati climatici, in particolare donne, ragazze e gruppi altamente vulnerabili.

Lo sfollamento indotto dal clima è un’opzione d ultima istanza poiché livelli maggiori di cambiamenti climatici stanno spingendo milioni di persone a lasciare le loro case, spesso esacerbando le disparità esistenti. Gli scienziati prevedono che lo sfollamento forzato sarà uno degli effetti più diffusi e dannosi per le popolazioni più vulnerabili del mondo se non si riuscirà a mantenere l’innalzamento della temperatura media globale al di sotto di 1,5 °C. Alcuni studi indicano che se la temperatura aumentasse di 3 °C, gli sfollati sarebbero 4 volte di più di quelli che si verificheranno con una temperatura che rimane entro +1,5 °C.

Il RapportoThe Cost of Doing Nothing(I costi del non far nulla), presentato al Summit sul Clima all’ONU (New York, 23 settembre 2019) dalla Federazione Internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (IFRC) sottolinea come il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria ogni anno a causa di catastrofi climatiche potrebbe raddoppiare entro il 2050 e che i costi umanitari legati al clima salirebbero a 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, nello scenario più pessimistico.

Lo sfollamento indotto dai cambiamenti climatici è una dura realtà per milioni di persone oggi – ha sottolineato Sven Harmeling, Responsabile delle politiche sui cambiamenti climatici e la resilienza di CARE International – Ma con i livelli globali di emissioni di CO2 su una traiettoria di un aumento della temperatura di 3 °C o più, la situazione può intensificarsi irrimediabilmente sfrattando centinaia di milioni di individui dalle loro case. Pertanto, i Governi devono rispettare la scadenza del 2020 ai sensi dell’Accordo di Parigi e fornire nuovi piani climatici più ambiziosi che aumentino anche la capacità di ripresa delle persone in situazioni di sfollamento“.

Foto di copertina: Josh Estey/CARE

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