Agenda Agroalimentare Fiere e convegni

Bollicine: se Trump vuole nuovi dazi sui vini frizzanti esportati dall’UE

Di certo, la notizia è stata accolta con disappunto a Vinitaly dove si sta chiudendo la 53ma edizione, ma dove nuove prospettive di esportazione per le nostre bollicine vengono offerte da mercato dell’Asia orientale.

Mentre la 53ma edizione di Vinitaly (Fiera di Verona, 7-10 aprile 2019) sta per chiudere con un’eccezionale successo di pubblico e buyer, a guastare la festosa atmosfera che si è respirata in questi giorni tra i Padiglioni di questa edizione dei record, è giunta la notizia che il Presidente USA Donald Trump è intenzionato a proporre una serie di altri dazi alle merci importante dall’UE per un totale di 11 miliardi di euro, che colpirebbero, tra gli altri, alcuni prodotti del Made in Italy, quali prosecco, olio extravergine e formaggi.

Cercano di gettare acqua sul fuoco i vertici di VeronaFiere: “Negli ultimi tempi si sono ripetuti allarmi di questo tipo che hanno condizionato i mercati e le filiere di riferimento. La nostra opinione è quella che si debba fare leva sull’azione diplomatica dell’Unione Europea nell’auspicio che, in questa come in altre occasioni, il problema commerciale possa rientrare. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il primo Paese buyer del vino made in Italy per un valore che, nel 2018, ha sfiorato 1,7 miliardi di euro”.

La black-list al momento diffusa dall’Amministrazione USA parla genericamente di “vini frizzanti”, ma resta il fatto che l’Italia è il primo Paese fornitore di “bollicine”, trainate dal Prosecco, con oltre un terzo del mercato complessivo in valore davanti alla Francia (28%).

La nuova edizione dell’indagine annuale sul Settore vinicolo italiano e internazionale, condotta dall’Area Studi Mediobanca e presentata alla vigilia di Vinitaly 20019, ha testimoniato che l’export del vino italiano nel Nord America è cresciuto nel 2018 del 3,9% (per una quota pari al 32,3%). Comunque, in percentuale a crescere di più nell’export è l’Asia (+42,2% sul 2017, per un totale pari al 5,7% del fatturato estero), seguita da Sud America (+11,9%, l’1,6% del totale) è nei Paesi UE, dove si concentra la gran parte dell’export (+5,6%, 52% del totale). In flessione nel resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non Ue rappresentano l’8,4% del totale, -12,5% sul 2017). 

A livello globale tra le due macrotipologie di vino, le bollicine crescono del 7,2%, più del mercato interno; mentre i vini fermi dati in stallo sui mercati stranieri hanno messo a segno un +7,6, spinti dalle vendite domestiche (+10,8%).

In particolare, secondo Nonisma Wine Monitor, l’Osservatorio sulle dinamiche del mercato del vino di Nonisma, società leader nella ricerca applicata ai fenomeni dell’economia nazionale e internazionale, il vino bianco fermo è ormai la tipologia più consumata in Italia e nel Regno Unito e si avvia a diventarlo anche negli USA, ed è la più presente sulle tavole dei ristoranti del Belpaese, quella che si sta avvantaggiando, per effetto dei cambiamenti climatici e dell’approccio femminile alla bevanda.

Di pari passo è cresciuta pure l’occupazione del settore (+3,4% sul 2017), soprattutto grazie ad aziende private e case spumantiere), e decisamente positivo anche il dato sugli investimenti, a +25,9% sul 2017.

Nell’analisi di Mediobanca, c’è pure la struttura del mercato del vino.
In Italia si conferma il dominio della GDO, che interessa il 38,8% delle vendite, davanti a HoReCa (Hotellerie-Restaurant-Café) (17,1%), grossisti e intermediari (15%) e la rete diretta (12,3%), mentre enoteche e wine bar coprono il 7,6%.

Sui mercati esteri domina l’importatore intermediario (75%), evidenziando un punto di potenziale debolezza nel presidio diretto delle vendite.

C’è da osservare, inoltre, che le aziende vinicole italiane quotate in Borsa hanno chiuso la seduta odierna alla pari o in leggera flessione, lasciando intravedere che al momento non c’è alcun panico. D’altra parte se dovesse restringersi il mercato statunitense, si aprono grandi prospettive per quello asiatico.

Non casualmente, a Vinitaly 2019 proprio oggi (10 aprile 2019) è stata annunciata per il 2020 una nuova piattaforma multicanale “Wine To Asia” tramite una newco di cui la VeronaFiere spa detiene la quota di maggioranza, con l’obiettivo di costituire un riferimento permanente per il Far East Asiatico.

È un’area da presidiare costantemente e per la quale abbiamo creato un’iniziativa permanente, come previsto dal nostro piano industriale, dopo oltre vent’anni di attività continuativa – ha affermato Maurizio Danese, Presidente di VeronaFiere – Basti dire che la domanda globale di vino dell’Asia Orientale vale 6,45 miliardi di euro di import ed è prossima all’aggancio del Nord America che somma 6,95 miliardi di euro. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227%: undici volte in più rispetto ai mercati UE e quasi il quadruplo sull’area geoeconomica Nordamericana”.

 

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.