Media e comunicazione

Liberta di stampa: l’Italia scende dal 41° al 46° posto

L’annuale Rapporto di Report senza frontiere (RSF), pubblicato in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa (3 maggio 2024) denuncia che un numero crescente di governi e autorità politiche non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo.

La libertà di stampa in tutto il mondo è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti: le autorità politiche.

È quanto emerge dal World Press Freedom Index 2024, l’annuale classifica che valuta la situazione della libertà di stampa in 180 Paesi, di Reporters Sans Frontières(RSF), Ong che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa, pubblicato in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa che viene celebrata da 31 anni il 3 maggio e che quest’anno ha avuto come tema “Una stampa per il pianeta: il giornalismo di fronte alla crisi ambientale“,per sottolineare che la libertà di espressione e la possibilità di disporre di informazioni accurate e dettagliate sull’ambiente, non è un dovere etico, ma una necessità urgente per il futuro sostenibile del nostro Pianeta.

La mancanza di regolamentazione dello spazio digitale consente alla disinformazione e alla propaganda di prosperare su Internet, a scapito del giornalismo di qualità e dell’informazione affidabile ha dichiarato Antoine Bernard, Direttore del Dipartimento di consulenza e assistenza di RSF – Il quadro normativo proposto dal Global Digital Compact intende rispondere a questa sfida, motivo per cui sosteniamo l’iniziativa del Segretario generale delle Nazioni Unite. Ma senza forti garanzie per il diritto all’informazione e al giornalismo, questo documento non sarà all’altezza della sfida democratica. Chiediamo ai governi di agire a favore del diritto all’informazione”.

La Classifica viene stilata in base a 5 Indicatori:
Indicatore politico che valuta il grado di sostegno e rispetto per l’autonomia dei media, di fronte alla pressione politica da parte dello Stato o di altri attori politici;
Indicatore economico che valuta i vincoli economici legati alle politiche governative, agli attori non statali (inserzionisti e partner commerciali) e ai proprietari dei media;
Indicatore legale che valuta il contesto legislativo e normativo per i giornalisti (compreso il livello di censura, la capacità di proteggere le fonti e il livello di impunità per la violenza contro i giornalisti);
Indicatore socioculturale che valuta l’impatto dei vincoli sociali e culturali (derivanti da questioni quali genere, classe, etnia e religione) che ostacolano la libertà giornalistica e incoraggiano l’autocensura;
Indicatore di sicurezza che valuta la capacità di identificare, raccogliere e diffondere notizie e informazioni giornalistiche senza inutili rischi di danni fisici, psicologici o professionali.

Ne emerge che l’Indicatore politico è quello che rispetto alla precedente classifica ha subìto il calo medio globale maggiore (-7,6 punti).

Secondo RSF, un numero crescente di governi e autorità politiche non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo e del diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate e sta calando il sostegno e il rispetto per l’autonomia dei media, mentre aumenta la pressione da parte dello Stato o di altri attori politici.

Mentre più della metà della popolazione mondiale si recherà alle urne nel 2024, RSF mette in guardia da una tendenza preoccupante rivelata dal World Press Freedom Index 2024: un calo dell’indicatore politico, uno dei cinque indicatori dettagliati nell’indice – ha sottolineato Anne Bocand, Direttore editoriale della RSF –Gli stati e le altre forze politiche stanno svolgendo un ruolo sempre minore nella protezione della libertà di stampa. Questa perdita di potere a volte va di pari passo con azioni più ostili che minano il ruolo dei giornalisti o addirittura strumentalizzano i media attraverso campagne di disturbo o disinformazione. Un giornalismo degno di questo nome è, al contrario, una condizione necessaria per qualsiasi sistema democratico e per l’esercizio delle libertà politiche”.

Il calo complessivo dell’indicatore politico ha colpito anche il podio del World Press Freedom Index. La Norvegia, ancora al 1° posto, ha visto un calo del suo punteggio politico, e l’Irlanda (8°), dove i politici hanno sottoposto i media a intimidazioni giudiziarie, ha ceduto la sua posizione di leader nell’UE alla Danimarca (), seguita dalla Svezia ().

I 3 Paesi asiatici in fondo all’Indice dello scorso anno (Vietnam, Cina e Corea del Nord) hanno ceduto le loro posizioni a 3 Paesi i cui punteggi politici sono crollati: l’Afghanistan (sceso al 44° posto nella classifica politica), che perseguita incessantemente i giornalisti dai tempi dei Talebani tornato al potere; Siria e Eritrea che ora è ultima sia nella classifica politica che in quella generale. Gli ultimi due paesi sono diventati zone senza legge per i media, con un numero record di giornalisti detenuti, scomparsi o tenuti in ostaggio.

Secondo il Rapporto di RSF la libertà di stampa in UE è “buona”, anche se viene messa a dura prova in Ungheria, Malta e Grecia.

Per quanto riguarda l’Italia, la libertà di stampa è scesa dal 41° al 46° posto, continuando ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio”.

La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti – si legge nella scheda dedicata al nostro Paese – I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una ‘legge bavaglio’ oltre alle procedure SLAPP [Ndr: Strategic Lawsuits Against Public Participation sono le azioni legali intentate non per vincere una controversia legittima, ma per intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico] che sono una pratica comune in Italia”. 

La maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà – si sottolinea nel paragrafo “Contesto politico” – Ma a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. Ciò può essere aggravato per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla ‘legge bavaglio’ sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare”. 

I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo – in termini di “Sicurezza” – Le loro auto o case vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Vengono orchestrate campagne di intimidazione online contro coloro che perseguono questi problemi. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi”.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.