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Vino bianco fermo italiano: il più venduto al mondo

vino bianco fermo italiano

Organizzato dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Nonisma Wine Monitor) nell’ambito di Progetto Vino di Collisioni (30 agosto-2 settembre) che quest’anno ha avuto per protagonista indiscusso il Verdicchio che festeggia i 50 anni di DOC, si è svolto a Jesi (An) il Convegno “Bianco come il vino”.

Nel corso dell’evento sono stati presentati i risultati di un’indagine, condotta da Nonisma Wine Monitor, l’Osservatorio sulle dinamiche del mercato del vino di Nonisma, società leader nella ricerca applicata ai fenomeni dell’economia nazionale e internazionale, da cui emerge che il vino bianco fermo è ormai la tipologia più consumata in Italia e nel Regno Unito (e si avvia a diventarlo anche negli Usa), la più presente sulle tavole dei ristoranti del Belpaese, quella che si sta avvantaggiando, assieme alle “bollicine”, per effetto dei cambiamenti climatici e dell’approccio femminile alla bevanda.
Sebbene i vini rossi rappresentino ancora la tipologia più consumata al mondo, con circa il 55% dei volumi totali, negli ultimi anni i bianchi hanno registrato dinamiche di crescita più rilevanti – ha affermato Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor – Questa crescita generalizzata risulta trainata da nuove tendenze e modalità di consumo contraddistinte dalla ricerca di prodotti più versatili e da consumare in particolare fuori casa”.

Il vino bianco fermo è, soprattutto, una leva fondamentale per l’export del prodotto enologico Made in Italy. Con un valore di 1,287 miliardi di euro l’anno, è infatti il più venduto al mondo e fa meglio della Francia (1,276 miliardi), che ci sovrasta sui rossi e sugli sparkling, di Nuova Zelanda, Spagna, Germania e Australia.

Secondo il focus, negli ultimi 5 anni gli “still white italian wine” esportati hanno risentito meno del boom delle bollicine (+88%) e sono cresciuti del 26% a valore, contro il +16% dei rossi. Un trend frutto del successo dei consumi sia in Europa che, soprattutto, in Nord America, dove nell’ultimo decennio la richiesta a valore è lievitata del 73%. Stati Uniti (36,6%), Germania (16,5%) e Regno Unito (14,2%) sono i 3 principali buyer su cui si concentrano i 2/3 delle vendite made in Italy, nettamente primo Paese esportatore per volume e primo anche a valore, nonostante un prezzo medio (2,80 euro al litro) molto più basso dei propri competitor: Nuova Zelanda (4,93 euro al litro) e la Francia (4,69 euro al litro).

Anche in patria l’Italia si scopre sempre più “bianchista”, sia nei consumi (40,1% contro il 39,8% dei rossi) che in vigna, con il rapporto bianchi/rossi nella produzione vinicola ribaltato nell’ultimo decennio: oggi infatti il 54% del vino prodotto è bianco, più o meno la stessa quota che era dei rossi e dei rosati.

Ed è proprio nel “fuori casa”, secondo il Rapporto di Wine Monitor, che i bianchi fermi battono i rossi anche in Italia, risultando i più consumati al ristorante e secondi solo agli sparkling nei wine bar, con i rossi che restano leader nei consumi casalinghi, anche se gli acquisti nella grande distribuzione organizzata (GDO) parlano di un +14% di vendite a valore dei vini bianchi nell’ultimo quinquennio a 666 milioni di euro) contro un +7% per i rossi (858 milioni di euro).

La carta vincente, anche per il futuro, sembra essere quella degli autoctoni, con il 45% degli italiani che li elegge vini del futuro, al pari di quelli green (biologico 38%, sostenibili 18%).
I vini bianchi stanno dimostrando tutta la loro versatilità – ha sottolineato il Direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Alberto Mazzoni – e quelli italiani piacciono perché sono in gran parte frutto di uve autoctone molto diverse tra loro e in grado di far scoprire tutta la varietà e le diverse caratterizzazioni del nostro vigneto. Con il Verdicchio, che fa della versatilità la propria arma vincente, abbiamo lavorato molto anche sulla sua longevità: i risultati sono sorprendenti per freschezza e struttura ma soprattutto perché si prestano ad abbinamenti impensabili fino a qualche tempo fa”.

È di circa 18 milioni la produzione di bottiglie per la DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi, di cui circa la metà è destinata all’estero. Sono 2.190 gli ettari coltivati e 493 le aziende produttrici per uno dei vigneti più ristrutturati delle Marche. Negli ultimi 10 anni il principale autoctono bianco delle Marche è cresciuto nell’export di quasi il 50%.

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