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Blue Transformation: per celebrare la Giornata Mondiale Oceani

In occasione della Giornata mondiale degli oceani, il Direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura della FAO, Manuel Barange spiega come l’oceano sia fondamentale per la sicurezza alimentare e per il sostentamento della popolazione mondiale, per la salute del Pianeta e anche per combattere i cambiamenti climatici.

L’oceano è la chiave per la sicurezza alimentare globale, il sostentamento di oltre 600 milioni di persone ed è essenziale per trasformare i sistemi agroalimentari.

A sottolinearlo è il Direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura della FAO, Manuel Barange che in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani (8 giugno 2023), ha rilasciato un’intervista in cui spiega perché l’oceano è importante e in che modo gli alimenti acquatici sono importanti per la sicurezza alimentare e per la salute del Pianeta.

La FAO sta guidando l’Iniziativa Blue Transformation che sottolinea l’importanza dei sistemi alimentari acquatici come motori dell’occupazione, della crescita economica, dello sviluppo sociale e del recupero ambientale, che sono tutti alla base degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG)

Come scienziato Barange sottolinea che l’oceano è essenziale per un clima stabile, poiché assorbe un quarto delle emissioni di carbonio che emettiamo e il 90% del calore che produciamo. Occupa inoltre i tre quarti del pianeta e il 90% dello spazio abitabile per qualsiasi animale o pianta.

Francamente posso dire che non c’è un solo problema che abbiamo al giorno d’oggi, che si tratti del cambiamento climatico, della sicurezza alimentare o della povertà che possa essere risolta senza considerare l’oceano come parte della soluzione”.

Barange evidenzia come sia necessario che le persone capiscano che l’oceano non è un acquario, il che significa che non è lì per essere ammirato, ma è il luogo da cui noi umani cibo e mezzi di sussistenza.

Siamo parte dell’oceano; non siamo separati dall’oceano – aggiunge – La Giornata Mondiale degli Oceani diventa la nostra giornata, la Giornata dell’Uomo. Il giorno in cui cerchiamo soluzioni”.

Per lui, la considerazione che gli esseri umani sono parte degli oceani è un cambiamento concettuale fondamentale, ovvio per le comunità dipendenti dagli oceani, ma non così ovvio per tutti: “Se ci considerassimo parte dell’oceano, allora non saremmo solo parte del problema, ma anche parte della necessaria soluzione”. 

Per comprendere la dimensione della sfida di nutrire il mondo, l’esperto ci ricorda che la FAO è stata creata in un momento in cui il 70% del mondo viveva in povertà e che  l’opinione scientifica diffusa era che non fosse possibile nutrire 3 miliardi di persone. Il mondo ha ora una popolazione di sette miliardi e mezzo e crescerà fino a dieci miliardi in pochi decenni.

Tutto ciò che affronta questa sfida è un’opportunità – aggiunge Barange – E i cibi acquatici sono un’enorme opportunità. Non solo per il volume della produzione, ma anche per la loro composizione nutrizionale, essenziale soprattutto per i bambini e le donne in età riproduttiva”.

Il termine alimenti acquatici si riferisce alle 3.000 diverse specie di pesci, molluschi, crostacei e alghe che catturiamo e alle oltre 650 specie che coltiviamo. Secondo l’esperto, si tratta di un’enorme biodiversità che offre eccezionali opportunità alimentari a lungo termine e soluzioni rinnovabili, se gestita correttamente. Inoltre, la coltivazione di molte specie ha un impatto ambientale assai inferiore rispetto ai sistemi di produzione animale sulla terraferma.

Barange chiarisce che mentre la domanda di alimenti acquatici è cresciuta a livello globale, ad un tasso doppio rispetto alla crescita della popolazione, è sbagliato pensare che sia cresciuta anche la pressione sugli oceani e quindi sulla pesca di cattura: “Non è così. La pesca globale è stata incredibilmente stabile a livello globale negli ultimi 30 anni. Quindi, come possiamo soddisfare questa domanda supplementare?  Con l’acquacoltura. L’acquacoltura è stato il sistema di produzione alimentare in più rapida crescita negli ultimi cinquant’anni, da praticamente zero nel volgere di tre o quattro decenni oggi ha la stessa produttività della pesca di cattura”.

Per Barange, mentre la pesca eccessiva continua a essere una grande sfida per l’oceano e i suoi alimenti acquatici, in molti Paesi sono stati fatti progressi significativi e ora ci sono più strumenti, informazioni e politiche per affrontarla rispetto al passato.

 “Contrariamente alla maggior parte delle risorse che coltiviamo per il cibo, i pesci si muovono liberamente – sottolinea il responsabile  per la pesca e l’acquacoltura della FAO – Non hanno confini. Non hanno passaporti. E i cambiamenti climatici stanno causando variazioni nella loro distribuzione, facendoli muovere verso i poli. Stanno cambiando anche la loro produttività e stagionalità. E ciò ha importanti implicazioni su tutta la catena del valore“.

Tuttavia, il cambiamento climatico ha portato a un problema completamente nuovo e il mondo deve essere pronto ad adattarsi. Ma in che modo questa sfida influisce sulla nostra capacità di nutrire il mondo con cibi acquatici?

Ad esempio, se un pescatore abituato a un particolare pesce comincia a catturare una specie diversa, allora i suoi attrezzi potrebbero non essere efficaci, potrebbero non avere permessi specifici e potrebbe incontrare problemi nel trovare acquirenti e consumatori – continua Barange – Quindi, per affrontare il cambiamento climatico nel contesto della sicurezza alimentare, dobbiamo assicurarci di adattarci e di rendere i nostri adattamenti non già un meccanismo di coping, ma parte della soluzione a lungo termine. L’adattamento deve riguardare sia la pesca che l’acquacoltura. Ciò include il cambiamento del modo in cui funzionano le istituzioni, i pescatori, i mercati e i consumatori, ed essere pronti alle innovazioni tecnologiche nei casi in cui ciò sia possibile“.

Barange mette anche in guardia contro una ”spirale di disadattamento”, ovvero di trovare solo soluzioni a breve termine che potrebbero ridurre il potenziale di adattamento degli altri: ”Sono fermamente convinto che il cambiamento climatico sia la più grande sfida che abbiamo quando si tratta di pesca in termini di fornitura di cibo per una popolazione in crescita”.

Soffermandosi su ruolo della Blue Transformation della FAO per la trasformazione dei sistemi alimentari acquatici, una migliore produzione, una migliore alimentazione, un ambiente migliore e una vita migliore per tutti, Barange spiega che “ Ha due grandi princìpi. Il primo è accettare che i cibi acquatici facciano parte della soluzione alla fame e alla malnutrizione. Il secondo è il riconoscimento che è avvenuta una trasformazione senza il nostro intervento mirato”.

Sottolinea, inoltre, che la crescita esponenziale dell’acquacoltura è un esempio dell’enorme trasformazione avvenuta nel settore, guidata dall’innovazione del settore privato: “Se abbiamo assistito a questi cambiamenti senza che noi li dirigessimo, quali interventi mirati possiamo implementare per assicurarci che la trasformazione futura sia più efficace e di maggiore impatto?”.

Secondo l’esperto, il primo passo è continuare a sviluppare in modo sostenibile l’acquacoltura. Si prevede che il settore crescerà di circa il 22% da qui alla fine di questo decennio. Ma anche questo non sarà sufficiente per nutrire una popolazione in crescita: “Quindi, dobbiamo sostenere i Paesi a sviluppare l’acquacoltura in modo più efficace”.

Il secondo obiettivo è garantire che tutte le attività di pesca siano sottoposte a una gestione efficace: “’Questo potrebbe sembrare semplice da capire, ma il 50% del pesce sui mercati proviene da specie gestite scientificamente, l’altro 50% non ha tale livello. II 50% che è gestito si sta sempre più ricostituendo ed è sostenibile, l’altro 50% non lo è. Quindi, se diciamo di mettere tutto sotto una gestione efficace è perché sappiamo che ciò rende la pesca sostenibile a lungo termine”.

Il terzo obiettivo è sviluppare le catene del valore degli alimenti acquatici, il che significa ridurre le perdite e gli sprechifacilitare l’accesso dei prodotti ai mercati regionali e globalisensibilizzare i consumatori sul valore degli alimenti acquatici; e introdurre i cibi acquatici nelle strategie nutrizionali nazionali.

La FAO lavora molto intensamente con i Paesi per attuare questa trasformazione. Ad esempio, per quanto riguarda l’acquacoltura, è stato recentemente raggiunto un accordo sulle linee guida per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura con i membri della FAO, fornendo un contesto normativo per la crescita dell’acquacoltura che sia sostenibile e duraturo.

Infine, l’esperto sottolinea che anche i consumatori hanno un ruolo significativo da svolgere nel garantire che la Blue Transformation sia attuata e che, di conseguenza, le risorse acquatiche siano più sostenibili ed efficaci: “Dobbiamo assicurarci di educare il consumatore, perché c’è molta disinformazione e incomprensione quando si tratta di questioni di pesca e acquacoltura. Non siamo molto bravi a comunicare le storie belle, solo quelle brutte. Quindi, educare il consumatore è importante”.

Secondo Barange, il consumatore deve anche esigere che ciò che consuma sia sano e sostenibile e, per questo, deve essere posta maggiore enfasi sulla trasparenza nella catena del valore degli alimenti acquatici: ”È anche importante che il consumatore si renda conto che mentre il cambiamento climatico inizia davvero a mordere e a cambiare i sistemi alimentari acquatici, dobbiamo essere preparati a tali cambiamenti. Dico sempre che bisogna mangiare il pesce del giorno, non quello di ieri”.

Le persone sono parte fanno parte dell’ambiente oceanico, con circa 600 milioni di persone a livello globale che dipendono da pesca e acquacoltura, che per il 90% vive nel sud del mondo e molti in comunità dove hanno pochissime alternative per il loro sostentamento che non sia il cibo che deriva da oceani, fiumi e laghi. 

”Dobbiamo anche trovare soluzioni che funzionino su larga scala – conclude Barange – E per far funzionare queste soluzioni bisogna che i giocatori siedono al tavolo e diventino gli steward di cui c’è bisogno. Senza l’oceano, i fiumi ei laghi, non affronteremo efficacemente i problemi della povertà, della malnutrizione, della sicurezza alimentare e del cambiamento climatico. Abbiamo bisogno che al tavolo siedano le comunità dipendenti dall’oceano”.

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