In un momento di forte declino delle barriere coralline di tutto il mondo, anche a causa del maxi fenomeno conosciuto come sbiancamento, sono state trovate delle inaspettate “oasi di vita” che potrebbero diventare la chiave per elaborare nuove strategie di conservazione dei coralli. Analizzando oltre 6 mila reef in 46 Paesi, l’Arc Centre della James Cook University australiana ha scoperto 15 barriere in cui, contrariamente alle aspettative, vivono ricche colonie di pesci e coralli.
Arriva una buona notizia dagli scienziati per la difesa delle barriere coralline di tutto il mondo. Nonostante il maxi fenomeno conosciuto come “sbiancamento” e dovuto al riscaldamento delle acque, di cui abbiamo parlato più volte nel nostro sito, sono state individuate recentemente ben 15 inaspettate “oasi di vita”, che ora potrebbero far da modello agli studi sui coralli e diventare la chiave per elaborare nuove strategie di conservazione.
Il pessimo stato in cui versano le barriere coralline, affascinanti regni di biodiversità, si deve in gran parte al cambiamento climatico in atto, ma incuria e politiche ambientali sbagliate aggravano una situazione già seriamente compromessa. Lo sbiancamento, in inglese coral bleaching, si verifica quando i coralli, sottoposti a uno stress come può essere l’aumento della temperatura anche di pochi gradi, espellono le piccolissime alghe con cui vivono in simbiosi e che gli donano il colore, diventando progressivamente sempre più bianchi e, se il fattore di stress è di lunga durata, andando incontro alla morte. Ma oltre al surriscaldamento degli oceani, a minacciare questi incredibili spettacoli marini sono anche gli alti livelli di radiazione UV, la bassa salinità, il cambiamento nelle correnti e soprattutto l’inquinamento provocato dall’uomo.
Per questo, analizzando oltre 6 mila reef in 46 Paesi con l’obiettivo di cercare una soluzione allo sbiancamento, gli scienziati dell’Arc Centre della James Cook University australiana sono rimasti letteralmente a “bocca aperta” quando hanno individuato ben 15 oasi o “punti luce”, cioè barriere in cui vivono in sorprendente quantità pesci e coralli. Una scoperta affascinante che permetterà ai ricercatori di salvare i reef in declino attraverso l’esame di queste inaspettate realtà.
Lo studio sulle barriere coralline, pubblicato sulla rivista Nature dall’Università australiana, è uno dei più vasti nel suo genere. “Le oasi individuate non sono necessariamente dei reef incontaminati – ha spiegato il professore Josh Cinner – ma barriere coralline che ospitano più pesci di quanto dovrebbero, considerando le numerose pressioni cui sono sottoposte dall’attività umana e dalle preoccupanti condizioni ambientali. Le oasi di vita si trovano per lo più nell’Oceano Pacifico: alle isole Solomone, in parti dell’Indonesia, della Papua Nuova Guinea e nell’arcipelago Kiribati”.
Tra gli elementi che questi meravigliosi “bright spots” hanno in comune c’è un forte coinvolgimento della popolazione locale nella loro gestione. Tuttavia, restano dei “punti d’ombra” e sono quelli che più preoccupano la comunità scientifica: circa 35 in tutto il mondo sono le barriere che scarseggiano di vita a causa di pratiche di gestione non sostenibili. Per questo gli esperti chiedono di stimolare la popolazione mondiale a capire quali attività “fanno realmente male” ai coralli e di conseguenza a non replicarle, onde evitare di perdere per sempre questi splendidi spettacoli naturali.