Il 40% delle terre emerse è a rischio desertificazione e l’unico modo per salvare la popolazione mondiale da povertà e malnutrizione è quello di sviluppare un’agricoltura sostenibile.
Se da una parte le foreste stanno scomparendo, il fenomeno della desertificazione è in continuo aumento. Infatti, questo processo di inaridimento del suolo è una conseguenza delle attività antropiche e dello sfruttamento stesso del terreno.
La desertificazione rappresenta una delle conseguenze più vistose del cambiamento climatico e dell’impatto negativo dell’uomo sul Pianeta. Infatti, tra le cause che portano alla perdita di terreno vi sono: la distruzione delle foreste e degli habitat naturali e la cattiva gestione dei suoli. Il Wwf ha stimato che il 40% delle terre fertili è a rischio desertificazione, inoltre ogni anno 12 milioni di ettari di terra vengono persi a causa del fenomeno.
La giornata mondiale per combattere il fenomeno della desertificazione, World Day to Combat Desertification, è il 17 giugno e, quest’anno, la sede è stata Pechino. Il tema del 2016 è stato “Proteggere la terra. Ripristinare il terreno. Coinvolgere le persone”, perché il fenomeno della desertificazione è globale e per affrontarlo serve il coinvolgimento, l’attenzione e la cura di tutti i Paesi e delle popolazioni del mondo.
Lo stesso Ban Ki-Moon, Segretario generale delle Nazioni Unite ha sottolineato l’importanza di arrivare ad una situazione di neutralità del degrado del territorio attraverso la cooperazione degli Stati e, allo stesso tempo, raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Le conseguenze peggiori della desertificazione riguardano proprio la sopravvivenza e il benessere di centinaia di milioni di persone. L’aridità del terreno porta ad un cerchio di cause-conseguenze senza una via d’uscita: ad esempio, l’uso eccessivo dell’acqua, quindi un suo utilizzo non sostenibile; la siccità; la perdita della biodiversità e, soprattutto, la sottoalimentazione di quasi 800 milioni di persone. Le stime per i prossimi 25 anni non sono rassicuranti: il degrado del suolo potrebbe ridurre del 12% circa la produzione alimentare globale, portando conseguentemente ad un aumento dei prezzi nel settore alimentare mondiale del 30%.
“Senza una soluzione a lungo termine, la desertificazione e il degrado del territorio non solo influenzerà l’approvvigionamento alimentare, ma porterà ad un aumento della migrazione e minaccerà la stabilità di molte nazioni e regioni – ha detto Ban Ki-Moon– Questo è il motivo per cui i leader mondiali devono avere come obiettivi da realizzare quelli di uno sviluppo sostenibile. Ciò significa riabilitare ogni anno almeno 12 milioni di ettari di terreno degradato”.
La migrazione è uno dei punti fondamentali: secondo le previsioni, infatti, entro il 2030 la scarsità d’acqua causata dalla desertificazione porterà alla migrazione circa 700 milioni di persone, soprattutto dalle zone dell’Africa, in quanto una porzione compresa fra un terzo e metà del suo territorio è interessata dal fenomeno di desertificazione indotto dall’uomo.
La Cina ha avuto un’incidenza del fenomeno molto vasta, circa 10.000 Km2 di terre sono state perdute dal 1990 ad oggi, anche se il governo sta cercando di recuperare i terreni degradati, ponendosi come obiettivo il recupero del 50% entro il 2020. Già dal 2013, il Paese ha intrapreso una nuova strategia di sviluppo, “The Belt and Road”, promuovendo lo sviluppo sostenibile sia attraverso la cooperazione con alcuni Paesi europei, sia attraverso la costruzione di infrastrutture green e senza carbone. La volontà da parte della Cina di collaborare con gli altri Paesi è stata nuovamente sottolineata durante la giornata mondiale contro la desertificazione, in cui attraverso il lancio di una nuova iniziativa, i Paesi della storica Via della Seta sono stati invitati a combattere il fenomeno insieme. Gli Stati, così, potranno cooperare per proteggere e riabilitare tutte le aree che sono state colpite da calamità naturali a causa della perdita del terreno fertile.
Inoltre, l’approccio per uno sviluppo sostenibile è alimentato anche dal fatto che non solo può aiutare le popolazioni più colpite dalla desertificazione a resistere alle sue conseguenze, ma può rallentare l’impatto dei cambiamenti climatici sul Pianeta. La transizione ad un’agricoltura sostenibile può portare, secondo il Segretario generale dell’Onu, effetti positivi: diminuire la povertà e la malnutrizione e creare nuovi settori lavorativi, specialmente nelle aree più povere del Terzo mondo, prevedendo circa 200 milioni posti di lavoro entro il 2050 all’interno di questo settore.
Anche se quest’anno il focus è stato incentrato verso i Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, come Asia o Africa, e i problemi possono sembrare lontani, non bisogna dimenticare che gli aspetti negativi della desertificazione influiscono anche sulla nostra vita. Infatti, contrastare il fenomeno significa poter dare maggiore aspettative di vita a tutte le popolazioni colpite dalla malnutrizione, proteggere la biodiversità e salvaguardare la produzione alimentare.