Uno Studio di ricercatori dell’Università del Michigan avrebbe individuato nel pangolino, mammifero molto richiesto sul mercato legale e illegale del Sud-est asiatico per le sue carni e squame cornee, tanto da essere inserito nella Red List della IUNC, l’ospite intermedio per il “salto di specie” del nuovo coronavirus dai pipistrelli agli uomini.
Dopo chedue precedenti e recenti studi avevano ipotizzato, rispettivamente, che il salto di specie del coronavirus SARS-CoV-2 (Covid-19) fosse avvenuto attraverso i serpenti, come ospiti intermedi, del salto di specie (spillover) tra i pipistrelli e gli uomini, nonostante si sappia che i coronavirus infettano solo i mammiferi e gli uccelli, e un altro, poi ritirato per le critiche suscitate, avesse rinvenuto sorprendenti analogie con quelle dell’HIV-1, ora lo Studio “Protein Structure and Sequence Reanalysis of 2019-nCoV Genome Refutes Snakes as Its Intermediate Host and the Unique Similarity between Its Spike Protein Insertions and HIV-1”, pubblicato il 22 marzo 2020 sul Journal of Proteome Research della Rivista dell’American Chemical Society (ACS) confuta inequivocabilmente entrambe le congetture, individuando nel pangolino (Manis javanica) l’ospite intermedio.
Comprendere da dove proviene SARS-CoV-2, il virus che ha causato la pandemia di COVID-19, e come si diffonde è importante per il suo controllo e trattamento. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che i pipistrelli sono un serbatoio naturale di SARS-CoV-2, ma era necessario individuare un ospite intermedio per il passaggio dai pipistrelli agli umani.
Rispetto agli studi precedenti, i ricercatori hanno utilizzato un set di dati bioinformatici più ampio e aggiornato per analizzare il genoma SARS-CoV-2, scoprendo proteine nei polmoni degli animali malati identiche al 91% delle proteine del virus umano. Inoltre, il dominio di legame del recettore della proteina del coronavirus del pipistrello con quello del pangolino ha presentato solo 5 differenze di aminoacidi rispetto alle 19 differenze tra le proteine virali umane e quelle del pipistrello.
Questa evidenza, secondo i
ricercatori del Dipartimento di Medicina Computazionale e Bioinformatica
dell’Università del Michigan, indicherebbe nel pangolino l’ospite intermedio
più probabile per il nuovo coronavirus, anche se non si possono escludere altri
ospiti intermedi.
“Il coinvolgimento di pipistrelli, zibetti e
pangolini nell’epidemia di SARS e COVID-19 – aveva affermato Chengxin Zhang, il principale autore dello Studio – suggerisce che un divieto permanente di commercio di animali
selvatici nei wet market dovrebbe effettivamente ridurre al minimo il rischio
futuro di ricadute di malattie zoonotiche“.
La dichiarazione di Chengxin Zhang era in un articolo su Mongabay del 26 febbraio 2020, a commento della decisione delle autorità cinesi di proibire il commercio e la vendita di carni di animali selvatici, dopo che era avanzata l’ipotesi che a Wuhan, l’epidemia da SARS-Co-2 fosse partita proprio da un wet market rionale, prima che lo Studio venisse sottoposto a peer-reviewed e pubblicato.
I wet market sono i mercati dove si vende pesce e carni di animali, per lo più esotici, quali serpenti, istrici, procioni, zibetti e pangolini che vengono macellati sul posto. Sebbene la Convenzione sul Commercio internazionale di specie di flora e fauna selvatica minacciate di estinzione in via di estinzione (CITES) vieti il commercio di alcuni di questi, un’applicazione debole e una domanda elevata di carne di animali e di prodotti di origine animale utilizzati nelle medicine tradizionali hanno ostacolato gli sforzi per controllare questo commercio in Cina, dove diete alimentari tradizionali e rimedi medicinali secolari sono difficili da debellare, così il Paese è una delle principali destinazioni del commercio legale e illegale di questi animali, e sono le classi più agiate ad alimentare tale richiesta.
Così il timido pangolino, mammifero notturno inserito nella Red List della Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC) rischia di diventare il capro espiatorio per l’attuale pandemia, con ulteriori persecuzioni nei suoi confronti che ne ridurrebbero ulteriormente il numero. In particolare, il pangolino del Borneo (Manis javanica) è uno dei più richiesti sul mercato dell’Asia Sud-orientale per le sue squame cornee e per la sua carne, tanto che nel giro di venti anni è passato da “vulnerabile” a “forte rischio di estinzione”.
Lo scorso ottobre in occasione della Giornata Internazionale degli Animali (4 ottobre) uno Studio pubblicato su Science ha evidenziato come il 18% dei vertebrati terrestri siano venduti sul mercato legale e illegale della fauna selvatica, il cui commercio alimenta un’industria multi-miliardaria che la globalizzazione e i social che collegano facilmente i venditori con gli acquirenti hanno accelerato ed ampliato.