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Ambiente marino: l’azione di protezione dell’UE non ha raggiunto i risultati

Secondo la Corte dei conti europea che ha condotto un audit sulle aree marine di Francia, Italia, Spagna e Portogallo, solo il 6 % circa dei 6 miliardi di euro di finanziamenti UE per il periodo 2014-2020 del Fondo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) è stato utilizzato direttamente per misure di conservazione dell’ambiente marino. Tra le buone pratiche citateilprogetto Interreg FISHMPABLU2, con Federparchi capofila.

Il quadro normativo UE per la protezione dell’ambiente marino non va abbastanza in profondità da riuscire a riportare i mari ad un buono stato ecologico ed i fondi dell’UE raramente sostengono la la protezione dell’ambiente marino. Le aree marine protette forniscono una protezione effettiva limitata, mentre continua ad esservi praticata una pesca eccessiva, specialmente nel Mediterraneo.

Lo evidenzia la Relazione speciale “Ambiente marino: la protezione esercitata dall’UE è estesa ma non va in profondità”, pubblicata il 26 novembre 2020 dalla Corte dei conti europea (ECA) che ha preso in esame il periodo dal 2008, anno di adozione della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, al marzo 2020, nel golfo di Biscaglia e la costa iberica, la Macaronesia (nome collettivo che identifica l’area dell’oceano Atlantico settentrionale dove si trovano isole e arcipelaghi, tra cui le portoghesi Azzorre e Madeira e le spagnole Canarie) e il Mediterraneo occidentale., visitando gli Stati membri nei quali parte della fascia litoranea si affaccia su queste zone marine, ossia Spagna, Francia, Italia e Portogallo.

La Corte dà atto che l’UE è impegnata a proteggere l’ambiente marino tramite le proprie politiche in materia di ambiente e pesca, come la Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e le Direttive Uccelli e Habitat, che prevedono, tra l’altro, l’istituzione di una rete di aree marine protette. Anche la Politica comune della pesca dell’UE mira a garantire, mettendo a disposizione fondi, attività di pesca sostenibili dal punto di vista ambientale e con un impatto negativo minimo sugli ecosistemi marini. Tuttavia, osserva l’ECA, l’UE non è riuscita ad arrestare la perdita di biodiversità marina nei mari d’Europa.

Peraltro, la stessa Commissione UE nel suo ultimo Rapporto sullo  Stato di attuazione della Direttiva quadro sulla Strategia per l’ambiente marino, riconosce che sebbene il quadro normativo dell’UE   sia uno dei più completi e ambiziosi a livello mondiale, permangono sfide persistenti per gli ecosistemi marini d’Europa, come la pesca non sostenibile.

Data la loro importanza economica, sociale e ambientale, i mari costituiscono un vero tesoro – ha affermato João Figueiredo, il Membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione – Tuttavia, l’azione dell’UE non è finora riuscita né a far tornare i mari europei ad un buono stato ecologico, né la pesca a livelli sostenibili. L’audit della Corte segnala chiaramente una situazione allarmante riguardo alla protezione dei mari dell’UE”.

Nella pratica, il quadro normativo dell’UE fornisce una protezione soltanto limitata della biodiversità marina. Le più di 3 000 aree marine protette rappresentano probabilmente la misura più emblematica di conservazione dell’ambiente marino. Tuttavia, sebbene tali aree costituiscano una ampia rete di protezione, la Corte rileva che tale rete non va in profondità. Quanto detto è in linea con una recente valutazione dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA), secondo cui meno dell’1 % delle aree marine protette europee potevano essere considerate riserve marine soggette a una protezione totale. Per essere efficaci, le aree marine protette dovrebbero coprire in modo sufficiente le specie marine maggiormente minacciate ed i relativi habitat, comprendere restrizioni alla pesca, ove necessario, ed essere ben gestite. Ciò è lungi dall’essere il caso oggi.

Analogamente, gli strumenti di regolamentazione che collegano la politica dell’UE sulla biodiversità marina alla politica in materia di pesca non funzionano, di fatto, correttamente. Nelle zone marine esaminate dagli auditor della Corte, tali strumenti non sono ancora stati usati con successo. La normativa dell’UE include disposizioni sulle specie e sugli habitat minacciati, ma hanno hanno più di 25 anni e non tengono conto delle recenti conoscenze scientifiche.

La pesca ha un impatto considerevole sull’ambiente marino. Sebbene la Politica comune della pesca abbia avviato un miglioramento degli stock ittici nell’Atlantico, nel Mediterraneo non vi è stato alcun segno concreto di progressi. Nel Mediterraneo, la pesca raggiunge livelli doppi rispetto a quelli sostenibili. L’AEA ha di recente segnalato che solo il 6 % degli stock esaminati nel Mediterraneo rispettava i criteri del “rendimento massimo sostenibile”.

Secondo le politiche dell’UE, i finanziamenti dovrebbero essere utilizzati per sostenere la protezione dell’ambiente marino, ma solo una piccola quota di essi è usata per tale finalità. Per il periodo 2014-2020, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) sono stati assegnati 6 miliardi di euro. Tuttavia, la Corte stima che i 4 Stati membri visitati ne avevano utilizzato solo il 6 % circa per interventi direttamente collegati alle misure di conservazione e un ulteriore 8 % per misure aventi un impatto meno diretto sulla conservazione. Di questo ammontare, meno di 2 milioni di euro (0,2 %) erano stati utilizzati per limitare l’impatto della pesca sull’ambiente marino. Ciò detto, conclude la Corte, i fondi UE possono fare la differenza, come osservato in buoni esempi di progetti finanziati tramite il programma LIFE e l’iniziativa Interreg dell’UE.

Tra questi viene citato progetto Interreg FISHMPABLU2, che interessava 11 aree marine protette in 6 Paesi del Mediterraneo (Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia e Slovenia), concluso lo scorso anno con capofila Federparchi, per promuovere la piccola pesca sostenibile all’interno delle AMP e intorno ad esse, testando diversi tipi di misure (ad esempio, assunzione di pescatori per compiti di sorveglianza e monitoraggio e per compiti decisionali, sostituzione di attrezzature da pesca, riduzione dello sforzo di pesca, ecc…). Il progetto ha prodotto una “cassetta degli attrezzi per la governance” (toolkit), per ciascuna misura, ad uso dei gestori delle AMP e dei pescatori artigianali.

Immagine di copertina: Tethys Research Institute

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