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Allarme Greenpeace: 8 mele su 10 sono contaminate da pesticidi

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Mele nei supermercati contaminate da pesticidi nocivi. Dopo l’analisi dei meleti europei, effettuata su un totale di 85 campioni raccolti in cui sono stati rilevati 53 pesticidi diversi, con l’Italia in testa per il più alto numero di residui nel suolo, Greenpeace pubblica i risultati di un’altra analisi sulle mele ma questa volta acquistate nei supermercati di 11 Paesi europei, Italia compresa. E lancia un nuovo allarme: ben l’83% delle mele prodotte in agricoltura convenzionale sono risultate contaminate da residui di pesticidi e nel 60% di questi campioni sono state trovate due o più sostanze chimiche, l’ormai tristemente noto “multiresiduo”.

Oltre la metà dei pesticidi rilevati sulle mele dei supermarket hanno dimostrato di avere effetti tossici sugli organismi acquatici come i pesci, ma anche api e altri insetti utili. Molte di queste sostanze chimiche, inoltre, sono bioaccumulabili (ciò significa che, una volta rilasciate nell’ambiente, si degradano lentamente e possono risalire la catena alimentare accumulandosi in un’ampia varietà di organismi viventi finendo così per danneggiare l’intero ecosistema), hanno impatti negativi sulla riproduzione e numerose altre proprietà pericolose. Infine, a causa dell’incompletezza dei dati e delle conoscenze disponibili, soprattutto sugli effetti dei residui multipli, non si possono escludere rischi per la salute umana.

Nel report di Greenpeace sono stati analizzati 126 campioni di mele, di cui 109 prodotte convenzionalmente, le rimanenti provenienti da coltivazioni biologiche (quest’ultime non hanno evidenziato tracce di antiparassitari). Le mele sono state acquistate in 23 catene di supermercati e analizzate in un laboratorio indipendente per verificare la presenza del multiresiduo dei pesticidi. In Italia le mele sono state acquistate presso le catene AuchanCarrefourLidl e un campione di mele biologiche presso Naturasì.

Nella maggior parte di essi era presente almeno il residuo di un pesticida, mentre in un campione acquistato presso Lidl sono stati trovati residui di tre pesticidi nello stesso frutto. I pesticidi trovati più frequentemente sono fungicidi (20 tipi diversi), insetticidi (16) e acaricidi (2). La sostanza scoperta più frequentemente è il THPI, un metabolita del fungicida captano, ma sono stati anche riscontrati due pesticidi non autorizzati per l’uso nell’Unione Europea come la difenilammina in un campione spagnolo e l’ethirimol in un campione polacco.

Dai campi al piatto, i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti – ha dichiarato Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace– Anche se tutti i residui individuati rientrano nei limiti stabiliti dalle normative, la varietà di sostanze chimiche trovate mostra che nelle coltivazioni convenzionali è pratica comune irrorare i meleti con applicazioni multiple di pesticidi. Tutto questo, insieme alla scarsa conoscenza dei possibili impatti dei cocktail di pesticidi sull’ambiente e sulla salute, è fonte di grande preoccupazione. Inoltre, non è accettabile che gli agricoltori e le loro famiglie debbano sopportare il carico tossico di questo fallimentare sistema di agricoltura industriale”.

Nel complesso, le analisi sui campioni europei hanno permesso di individuare 39 tipi diversi di pesticidi, altamente persistenti e potenzialmente dannosi anche per la salute umana. Solo il 17% delle mele convenzionali testate è risultata priva di residui rilevabili. I frutti analizzati sono stati prodotti in Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svizzera, e venduti nei supermercati dei rispettivi Paesi d’origine.

I supermercati devono interrompere questa dipendenza da sostanze tossiche pericolose nella produzione ortofrutticola e incoraggiare una progressiva riduzione dei pesticidi nella produzione convenzionale di mele, a partire dai pesticidi più pericolosi, fino alla loro completa eliminazione – conclude Ferrario – I consumatori non vogliono essere responsabili inconsapevoli del degrado dei nostri ecosistemi e i supermercati devono assumersi la responsabilità di ampliare l’offerta di mele coltivate con tecniche che non necessitano di pesticidi, incentivando gli agricoltori ad adottare pratiche di coltivazione ecologiche e sostenibili”.

In risposta al report di Greenpeace è arrivata immediata la replica di Agrofarma, l’Associazione nazionale imprese agrofarmaci (Federchimica). “Le analisi cui fa riferimento Greenpeace non si riferiscono ai controlli di alcuna autorità designata come competente in materia – ribattono da Agrofarma – Le autorità competenti, Ministero della Salute in Italia ed EFSA in Europa, negli ultimi report pubblicati di recente hanno, al contrario, ribadito gli alti standard di sicurezza alimentare perseguiti sul nostro territorio e che pongono l’Italia tra i leader globali rispetto al tema. Nel suo report il Ministero ricorda che il superamento occasionale di un limite legale non comporta un pericolo per la salute. Gli eventuali residui di fitofarmaci rilevati, infatti, rappresentano una percentuale molto inferiore rispetto al livello di guardia preso come riferimento per assicurare la qualità igienico-sanitaria degli alimenti. I dati riportati evidenziano gli elevati standard di regolarità dei cibi che arrivano sulle nostre tavole, tranquillizzando dunque gli italiani sulla sicurezza di ciò che mangiano”.

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