Uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) evidenzia l’importanza della pianificazione e la gestione dei rischi correlati agli tsunami nelle aree costiere del Mediterraneo, minacciate dal cambiamento climatico.
Il riscaldamento globale potrebbe aumentare significativamente la pericolosità degli tsunami nel Mediterraneo nei prossimi decenni.
Questo è quanto emerge dallo Studio pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports dal titolo “Including sea-level rise and vertical land movements in probabilistic tsunami hazard assessment for the Mediterranean Sea condotto da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Il 26 dicembre si è celebrato il 20° Anniversario del maremoto (tsunami) che si è verificato nell’Oceano Indiano a seguito del terremoto di magnitudo 9,1 verificatesi al largo della costa occidentale di Sumatra, manifestatosi attraverso una serie di onde alte fino a 51 metri che hanno colpito vaste zone costiere dell’area asiatica tra i quindici minuti e le dieci ore successive al sisma, devastando vaste zone costiere di Indonesia, Thailandia, Myanmar, India, Sri Lanka, Blangladesh, ed anche Somalia e Kenya in Africa.
L’evento provocò oltre 230.000 vittime e l’opinione pubblica mondiale fu nell’occasione fortemente impressionata, tanto da dare impulso a studi approfonditi per la maggior conoscenza dell’origine del fenomeno e per la messa a punto di sistemi di allerta precoce.
L’INGV costituisce un centro di riferimento internazionale per il monitoraggio e il grado di pericolosità di tsunami, non improbabili nel bacino del Mediterraneo, come ci ricordano gli storici di epoca romana per quello che devastò Alessandria d’Egitto, fino a più recente del 1908 che travolse le città di Messina e Reggio Calabria, a seguito di un terremoto di magnitudo 7.1.
Gli effetti oggi di questo “Cigno nero” potrebbero essere catastrofici perché nel corso degli ultimi due secoli la pressione antropica sulle coste del Mediterraneo si è notevolmente accentuata, con insediamenti che oltre alla precarietà conseguente all’innalzamento del livello del mare per effetto del riscaldamento potrebbero subire conseguenze pesantissime da eventuali tsunami.
“Alla fine di questo secolo, il livello medio globale del mare potrebbe salire fino a circa 1,1 metri rispetto a oggi – ha spiegato il ricercatore dell’INGV Marco Anzidei, coautore dello studio e coordinatore del progetto europeo Savemedcoasts2 per valutare il rischio e sostenere la popolazione nell’affrontare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare attesi nei prossimi anni – Questo rappresenta potenzialmente un rischio crescente per le popolazioni costiere del Mediterraneo che non possiamo sottovalutare“.
Lo Studio analizza l’impatto dell’innalzamento del livello marino, attualmente di circa 4 mm all’anno ma che è in accelerazione, basandosi sulle proiezioni fino al 2150 fornite dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).
Una delle novità dello Studio è stata l’integrazione delle analisi sui movimenti verticali delle coste, come la subsidenza, che amplificano gli effetti locali dell’innalzamento del livello del mare.
“Nello studio abbiamo considerato come i movimenti geologici possano sommarsi all’innalzamento marino ha commentato Anita Grezio, ricercatrice dell’INGV e primo autore dello studio – aggravando il rischio nelle zone dove il suolo tende ad abbassarsi“.
Le mappe prodotte dai ricercatori mostrano che, entro i prossimi 50 anni, la probabilità di avere nel Mediterraneo onde di tsunami che causano inondazioni di 1-2 metri potrebbe aumentare dal 10% al 30%.
“Questo significa un significativo incremento del rischio -ha aggiunto Anzidei – in particolare per le coste più basse del Mediterraneo, una delle aree più popolate al mondo”.
L’importanza di queste analisi è cruciale per la pianificazione e la gestione dei rischi nelle aree costiere.
“La nostra ricerca fornisce nuovi strumenti per valutare il pericolo tsunami -ha concluso Grezio – integrando scenari futuri che tengono conto sia dei cambiamenti climatici che dei fenomeni geologici“.
In copertina: Un tratto di costa della Sicilia orientale. L’aumento del livello marino indotto dal riscaldamento climatico, nei prossimi anni farà amplificare gli effetti delle onde di maremoto sulle coste, soprattutto su quelle basse, oggi spesso occupate da importanti infrastrutture e centri abitati. Nella foto un tratto di costa della Sicilia orientale (Foto: Marco Anzidei).