Biodiversità e conservazione Diritto e normativa

Specie esotiche invasive: Italia deferita alla Corte di giustizia europea

Nel pacchetto di infrazioni di gennaio 2023, oltre al deferimento alla Corte di giustizia europea per mancata ottemperanza al Regolamento sulle specie esotiche invasive per contrastarne i principali vettori di introduzione e diffusione, per il nostro Paese ci sono 2 lettere di costituzione in mora (Sicurezza e Mercati di capitali) e 2 pareri motivati (Lavoro e diritti sociali).

Il primo Pacchetto di infrazioni del 2023, adottato dalla Commissione UE il 26 gennaio 2023, contiene, tra l’altro, per l’Italia e per altri 5 Paesi membri (Bulgaria, Irlanda, Grecia, Lettonia e Portogallo) il deferimento alla Corte di giustizia dell’UE per la mancata attuazione delle disposizioni di cui al Regolamento n. 1143/2014, volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive ovvero di piante e animali introdotti accidentalmente o deliberatamente in una zona in cui non sono normalmente presenti.

Il Regolamento IAS, entrato in vigore il 1º gennaio 2015 e vertente sulle specie considerate “di rilevanza unionale“, comprende attualmente, dopo l’ultimo aggiornamento dello scorso luglio 88 specie – ad esempio piante quali il giacinto d’acqua e animali quali il calabrone asiatico o il procione – che richiedono un intervento a livello europeo. Gli Stati membri devono adottare misure efficaci per prevenire l’introduzione deliberata o accidentale nell’UE di tali specie, individuarle e adottare misure di eradicazione rapida in una fase precoce dell’invasione o, se le specie sono già ampiamente radicate, adottare misure per eradicarle, tenerle sotto controllo o impedire che si diffondano ulteriormente.

Nell’ambiente europeo vi sono almeno 12.000 specie esotiche, il 10-15% delle quali sono invasive che costituiscono una delle cinque principali cause di perdita di biodiversità in Europa, rappresentando una grave minaccia per le specie autoctone, a causa della concorrenza su risorse limitate quali cibo e habitat.

In Italia complessivamente al 2018, secondo il report dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), erano presenti in ambiente naturale 31 delle 48 specie esotiche invasive, pari al 64,5% delle specie inserite nell’elenco unionale.

Numero di specie esotiche invasive di rilevanza unionale presenti in ciascuna regione/provincia autonoma (dati aggiornati al 2018). Fonte: ISPRA

Affrontare questo problema è importante per ottenere l’obiettivo dell’UE di arrestare la perdita di biodiversità, come indicato nella Strategia dell’UE sulla biodiversità al 2030.

Le specie esotiche invasive hanno spesso impatti economici significativi nella misura in cui riducono i rendimenti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca: ad esempio, alla noce di mare (Mnemiopsis leidyi), introdotta accidentalmente nel Mar Nero, è imputata la drastica riduzione di almeno 26 stock ittici commerciali, tra cui acciughe e sgombri. Uno Studio condotto l’anno scorso da un team internazionale di ricercatori di vari Istituti e Università, coordinato dal Senckenberg Research Institute di Gelnhausen (Germania), ha stimato danni economici per l’Europa tra il 1960 e il 2020 per 116,61 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (60%) sono correlati ai danni diretti e colpiscono più settori.

Le specie esotiche invasive possono rappresentare un problema serio anche per la salute umana, provocando gravi allergie e irritazioni cutanee, come le ustioni causate dalla panace gigante (Heracleum mantegazzianum), e fungendo ono da vettori di pericolosi agenti patogeni, come il procione (Procyon lotor) che può trasmettere malattie agli animali e agli esseri umani, come la leptospirosi, la giardiasi, il cimurro e la rabbia.

Le specie esotiche invasive possono alterare il funzionamento di interi ecosistemi compromettendone la capacità di fornire servizi preziosi, come l’impollinazione (il calabrone asiatico, ad esempio, introdotto accidentalmente in Europa nel 2005, è predatore di api mellifere), la regolazione delle acque o il controllo delle inondazioni (la nutria provoca rischi idraulici innescati dallo scavo di nicchie, cunicoli e gallerie nei corpi arginali o in corrispondenza di manufatti di regolazione dei corsi d’acqua naturali, invasi e cavi di bonifica).

In tale contesto l’azione preventiva, oggetto della decisione di deferimento alla Corte, è un investimento essenziale in quanto è molto più efficace e meno costoso prevenire l’introduzione di specie invasive che affrontare e mitigare i danni della loro diffusione.

Il Regolamento sulle specie esotiche invasive contiene misure e piani di azione per contrastare i principali vettori di introduzione e di diffusione di tali specie esotiche invasive, che devono essere adottati all’interno dell’UE e che l’Italia, e gli altri 5 Paesi membri, non hanno elaborato, attuato e comunicato alla Commissione.

Nel giugno 2021 la Commissione aveva inviato lettere di costituzione in mora a 18 Paesi e successivamente pareri motivati a 15. Da allora 11 Stati membri hanno adempiuto ai loro obblighi e uno di essi adotterà tempestivamente le misure mancanti, ma, nonostante i progressi compiuti, i restanti 6 Stati membri non hanno affrontato interamente le carenze segnalate. Pertanto, la Commissione ha ritenuto che gli sforzi profusi finora dalle autorità siano stati insoddisfacenti e insufficienti e ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE.

Per l’Italia nel Pacchetto di infrazioni di gennaio 2023, oltre a deferimento alla Corte di giustizia, sopra specificata, c’è una lettera di costituzione in mora per non corretta attuazione del Regolamento UE 2021/784  relativo al contrasto della diffusione di contenuti terroristici online. Garantire la piena attuazione del Regolamento, sottolinea la Commissione UE, è fondamentale per evitare che i terroristi abusino di Internet per diffondere la loro ideologia e intimidire, radicalizzare e reclutare cittadini online. Il Regolamento prevede un quadro giuridico per garantire la rimozione di contenuti terroristici online entro un’ora dal ricevimento di un ordine di rimozione emesso da un’autorità nazionale competente e obbliga le imprese ad adottare misure speciali quando le loro piattaforme sono esposte a tali contenuti. Allo stesso tempo, istituisce solide misure di salvaguardia per garantire il pieno rispetto della libertà di espressione e di informazione. Ma dopo l’entrata in vigore del Regolamento (7 giugno 2022) alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, non hanno adottato nel proprio ordinamento nazionale le misure previste. Ora l’Italia dispone di 2 mesi per rispondere alla Commissione che, in assenza di una risposta soddisfacente, potrà decidere di emettere un parere motivato.

Un’altra lettera di costituzione in mora al nostro Paese è stata inviata dalla Commissione UE per la non corretta applicazione della Direttiva antiriciclaggio del 2015, peraltro già modificata da una successiva Direttiva del 2018.  
Pur avendo l’Italia notificato il recepimento completo della Direttiva, la Commissione tuttavia ha individuato diversi casi di non corretta applicazione, che fanno riferimento al funzionamento di una dei sui elementi centrali: l’istituzione dei registri centrali dei titolari effettivi. Promuovere la trasparenza è fondamentale per contrastare l’abuso dei soggetti giuridici. Gli Stati membri devono garantire che le informazioni sui titolari reali di tali soggetti giuridici (i loro titolari effettivi) siano conservate in un registro centrale. A tal fine, gli Stati membri possono utilizzare una banca dati centrale che raccolga le informazioni sulla titolarità effettiva, o il registro delle imprese, ovvero un altro registro centrale. La fiducia degli investitori e del grande pubblico nei mercati finanziari dipende in larga misura dall’esistenza di un preciso regime di comunicazione che offra trasparenza per quanto concerne la titolarità effettiva e le strutture di controllo delle società. Ciò vale in particolare per i sistemi di governo societario caratterizzati dalla concentrazione della proprietà, come quelli nell’Unione europea. In assenza di una risposta soddisfacente da parte dell’Italia entro 2 mesi, la Commissione potrà decidere di proseguire la procedura di infrazione e di inviare un parere motivato.

Un parere motivato è stato comminato all’Italia per il mancato allineamento di varie disposizioni nazionali alla Direttiva relativa al distacco dei lavoratori che mira a rafforzare l’applicazione pratica delle norme, affrontando le questioni relative all’accesso all’informazione, alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri dell’UE, nonché alla lotta alle frodi e all’elusione delle norme.
In particolare, la Direttiva di applicazione definisce gli obblighi amministrativi e le misure di controllo che gli Stati membri possono imporre per vigilare sul rispetto delle norme in materia di distacco dei lavoratori; difende i diritti dei lavoratori distaccati e li protegge da un trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro in caso di azioni legali o amministrative; tutela i diritti dei lavoratori distaccati in situazioni di subappalto; garantisce l’effettiva applicazione e riscossione delle sanzioni amministrative e delle ammende in tutti gli Stati membri dell’UE; obbliga gli Stati membri a predisporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.
Nel luglio 2021 la Commissione aveva inviato lettere di costituzione in mora a 24  Stati membri e ora sta dando seguito a tali lettere per 17 Stati membri, tra cui l’Italia, che non hanno ancora recepito correttamente alcune o tutte le suddette disposizioni della direttiva. Gli Stati membri interessati dispongono ora di 2 mesi per adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire i casi alla Corte di giustizia dell’UE.

Sempre per il settore Lavoro e Diritti sociali, la Commissione UE ha comminato un altro parere motivato per il mancato rispetto delle norme dell’UE sulla libera circolazione dei lavoratori. A norma del diritto dell’UE, i cittadini dell’UE che esercitano il loro diritto alla libera circolazione non devono essere discriminati a causa della loro nazionalità per quanto riguarda l’accesso all’occupazione e le condizioni di lavoro. In una sua sentenza, la Corte di giustizia dell’UE ha affermato che una legge italiana del 2004 fornisce un quadro accettabile per la cosiddetta ricostruzione della carriera dei lettori stranieri nelle università italiane. Ciò significa che la legge consente di adeguare la retribuzione, l’anzianità e i corrispondenti contributi previdenziali dei lettori a quelli di un ricercatore con un contratto a tempo parziale e concede ai lettori il diritto al pagamento degli arretrati a partire dall’inizio del rapporto di lavoro. Tuttavia la maggior parte delle università non ha adottato le misure necessarie per una corretta ricostruzione della carriera dei lettori, con la conseguenza che la maggior parte di essi non ha ancora ricevuto il denaro cui ha diritto. L’Italia non ha adottato le misure necessarie dall’avvio della procedura di infrazione nel settembre nel settembre 2021 e pertanto continua a discriminare i lettori stranieri. Il nostro Paese dispone ora di 2 mesi per adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’UE.

Foto di copertina: Scalera R., Bevilacqua G., Carnevali L. e Genovesi P. (a cura di) 2018. Le specie esotiche invasive: andamenti, impatti e possibili risposte. ISPRA

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