Biodiversità e conservazione

Specie aliene invasive: il Rapporto IPBES

È stato pubblicato il Sommario per i Decisori Politici del Rapporto della Piattaforma Intergovernativa sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES) sulle specie aliene invasive – piante, animali o microrganismi – introdotte intenzionalmente o meno in aree in cui non sono autoctone, che rappresentano una grave minaccia globale per la natura, le economie, la sicurezza alimentare e la salute umana, fornendo prove, strumenti e opzioni per aiutare i governi a raggiungere un nuovo ambizioso obiettivo globale sulle specie aliene invasive. 

Le gravi minacce per la natura, le economie, la sicurezza alimentare e la salute umana, rappresentate dalle specie aliene invasive sono ancora scarsamente quantificate e poco comprese dai decisori, pur rappresentando un ruolo chiave nel 60% delle estinzioni globali di piante e animali, con costi annuali che superano ora i 423 miliardi di dollari che si sono quadruplicati ad ogni decennio dal 1970.

È quanto emerge dal RapportoIPBES Invasive Alien Species Assessment: Summary for Policymakers”, approvato dalla X sessione plenaria dell’Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) considerata una sorta di IPCC (Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) dedicato alla Biodiversità, che ha riunito a Bonn (28 agosto – 2 settembre 2023) 143 Paesi.

Nel 2019 il Global Assessment Report dell’IPBES aveva rilevato che le specie aliene invasive sono uno dei 5 più importanti fattori diretti della perdita di biodiversità, insieme ai cambiamenti nell’uso del territorio e del mare, allo sfruttamento diretto delle specie, ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Sulla base di questa constatazione, i Governi avevano incaricato l’IPBES di fornire le migliori prove disponibili e le migliori opzioni politiche per affrontare le sfide delle invasioni biologiche. Il Rapporto che ne è scaturito è stato prodotto da 86 esperti provenienti da 49 paesi, che hanno lavorato per più di quattro anni e mezzo. Si basa su oltre 13.000 riferimenti, inclusi contributi molto significativi delle popolazioni indigene e delle comunità locali, rendendolo la valutazione più completa mai effettuata sulle specie aliene invasive in tutto il mondo.

Lo scorso maggio il RapportoFive urgent questions on ecological security”, pubblicato su Insights on Peace and Security” del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) ha indicato nella proliferazione di organismi nocivi e specie invasive, una delle 5 categorie di perturbazioni ecologiche le cui lacune nella conoscenza possono avere ripercussioni sociali, economiche e politiche di vasta portata e persino destabilizzanti, per cui dovrebbero essere incentivate piuttosto che ritardate sia la ricerca che l’azione per prevenire, mitigare o adattarsi alle conseguenze che potrebbero essere catastrofiche.

Secondo il nuovo rapporto IPBES, più di 37.000 specie aliene sono state introdotte da molte attività umane nelle regioni e nei biomi di tutto il mondo. Questa stima conservativa sta ora aumentando a ritmi senza precedenti. Di queste, più di 3.500 sono specie aliene invasive dannose che minacciano seriamente la natura, il contributo della natura alle persone e la buona qualità della vita. Troppo spesso ignorate fino a quando non è troppo tardi, le specie aliene invasive rappresentano una sfida significativa per le popolazioni di tutte le regioni e di ogni paese.

Gli autori del Rapporto sottolineano che non tutte le specie aliene diventano invasive, ma solo quel sottoinsieme di specie aliene note per essersi insediate e diffuse, che causano effetti negativi sulla natura e spesso anche sull’uomo. Circa il 6% delle piante aliene; il 22% degli invertebrati alieni; il 14% dei vertebrati alieni; l’11% dei microbi alieni: sono invasivi e comportano gravi rischi per la natura e per le persone. Inoltre, proprio le persone con la maggiore dipendenza diretta dalla natura, come le popolazioni indigene e le comunità locali, sono quelle che corrono un rischio ancora maggiore. Più di 2.300 specie aliene invasive si trovano nelle terre sotto la tutela delle popolazioni indigene, minacciando la loro qualità di vita e persino le identità culturali.

Mentre molte specie aliene sono state storicamente introdotte di proposito per i loro benefici percepiti per le persone, il rapporto IPBES rileva che gli impatti negativi di quelle che diventano invasive sono enormi per la natura e le persone

Le specie aliene invasive – ha affermato il Prof. Anibal Pauchard co-Presidente della Valutazione – sono state un fattore importante nel 60% dei casi e l’unico fattore determinante nel 16% delle estinzioni globali di animali e piante che abbiamo registrato, e almeno 218 specie aliene invasive sono state responsabili di oltre 1.200 estinzioni locali. In effetti, l’85% degli impatti delle invasioni biologiche sulle specie autoctone sono negativi”.

Gli esperti dell’IPBES sottolineano che le misure in atto sono generalmente insufficienti per affrontare queste sfide. Mentre l’80% dei Paesi ha obiettivi relativi alla gestione delle specie aliene invasive nei propri piani nazionali sulla biodiversità, solo il 17% dispone di leggi o regolamenti nazionali che affrontano specificamente questi problemi. Questo aumenta anche il rischio di specie esotiche invasive per gli Stati confinanti. Il Rapporto rileva che il 45% di tutti i Paesi non investe nella gestione delle invasioni biologiche.

Il rapporto evidenzia pure che le future invasioni biologiche, le specie esotiche invasive e i loro impatti possono essere prevenuti attraverso una gestione efficace e approcci più integrati.

La buona notizia è che, per quasi ogni contesto e situazione, esistono strumenti di gestione, opzioni di governance e azioni mirate che funzionano davvero – ha aggiunto Pauchard – La prevenzione è in assoluto l’opzione migliore e più economicamente vantaggiosa, ma l’eradicazione, il contenimento e il controllo sono efficaci anche in contesti specifici. Il ripristino degli ecosistemi può anche migliorare i risultati delle azioni di gestione e aumentare la resistenza degli ecosistemi alle future specie esotiche invasive. In effetti, la gestione delle specie esotiche invasive può aiutare a mitigare gli effetti negativi di altri fattori di cambiamento”.

Tra l’altro il Rapporto conferma che l’eradicazione si è rivelata efficace ed economicamente vantaggiosa per alcune specie aliene invasive, soprattutto quando le loro popolazioni sono piccole e a lenta diffusione, in ecosistemi confinati come le isole. Alcuni esempi si trovano nella Polinesia francese, dove il ratto nero (Ratus rattus) e il coniglio (Oryctolagus cuniculus) sono stati eradicati con successo. Viceversa l’eradicazione delle piante esotiche è più impegnativa a causa del periodo di tempo in cui i semi possono rimanere dormienti nel terreno. Il successo dei programmi di eradicazione dipende, tra gli altri elementi, dal sostegno e dall’impegno delle parti interessate, delle popolazioni indigene e delle comunità locali. Quando per diversi motivi l’eradicazione non è possibile, le specie aliene invasive possono spesso essere contenute e controllate – soprattutto nei sistemi terrestri e acquatici chiusi, nonché nell’acquacoltura – un esempio è il contenimento del tunicato asiatico alieno invasivo (Styela clava) nelle cozze blu d’acquacoltura in Canada. Il contenimento efficace può essere fisico, chimico o biologico, sebbene l’adeguatezza e l’efficacia di ciascuna opzione dipenda dal contesto locale. L’uso del controllo biologico per le piante esotiche e gli invertebrati invasivi, come l’introduzione del fungo della ruggine (Puccinia spegazzinii) per controllare la vite amara (Mikania micrantha) nella regione dell’Asia-Pacifico, si è rivelato efficace, con un successo in oltre il 60% dei casi conosciuti (Qui le Tabelle chiave del Rapporto completo in sei capitoli che sarà pubblicato entro la fine dell’anno e messe a disposizione per facilitare la consultazione). 

Le opzioni esplorate nel rapporto includono la considerazione di politiche e codici di condotta coerenti tra settori e livelli; impegno e risorse; la sensibilizzazione e l’impegno del pubblico, come le campagne di citizen sciencesistemi informativi aperti e interoperabilicolmare le lacune della conoscenza; una governance inclusiva ed equa.

L’urgenza immediata delle specie aliene invasive, con danni estesi e crescenti alla natura e alle persone, rende questo rapporto così prezioso e tempestivo – ha concluso la Segretaria esecutiva dell’IPBES, Anne LarigauderieI governi di tutto il mondo hanno concordato nel dicembre dello scorso anno, come parte del nuovo Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF) di ridurre l’introduzione e l’insediamento di specie aliene invasive prioritarie di almeno il 50% entro il 2030. Si tratta di una questione vitale, ma anche un impegno molto ambizioso. Il Rapporto IPBES sulle specie aliene invasive fornisce le prove, gli strumenti e le opzioni per contribuire a rendere questo impegno più realizzabile”.

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