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Situazione Energetica Nazionale: luci ed ombre nella Relazione al 2018 del MiSe

Situazione energetica nazionale

Dalla Relazione sulla situazione energetica nazionale pubblicata dal MiSE emerge che mentre le FER hanno consolidato il loro ruolo in tutti i settori di impiego, l’efficienza energetica ha subito una battuta d’arresto. Si conferma, peraltro, che non si sta realizzando il disaccoppiamento tra crescita economica e consumo di energia.

Nel 2018, la crescita dell’economia italiana ha perso slancio, in un contesto internazionale segnato da un progressivo indebolimento anche per effetto del rallentamento del commercio mondiale. La ripresa dell’attività nella prima parte dell’anno ha però sostenuto la domanda di energia che, per il terzo anno consecutivo, ha proseguito a crescere (+1,6% rispetto al 2017), pur rimanendo ancora inferiore ai valori pre-crisi”.

È quanto si legge nella “Relazione sulla situazione energetica nazionale nel 2018”, il documento di 119 pagine che illustra in maniera sintetica l’andamento del settore energetico, aggiornato al 2018, pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) l’11 luglio 2019.

Secondo il Rapporto, l’aumento della domanda energetica va interpretato anche alla luce delle variazioni metodologiche intervenute nella rilevazione dei consumi petroliferi, al netto delle quali si registrerebbe una sostanziale stabilità, ma non c’è dubbio che la sua crescita maggiore di quella del PIL conferma che non si è ancora realizzato il disaccoppiamento tra crescita economica e crescita del consumo di energia.

La domanda è stata soddisfatta da gas naturale e petrolio (complessivamente quasi il 70% del totale), dalle fonti rinnovabili (oltre un quinto del totale) e, in modo residuale, dall’energia elettrica importata e dai combustibili solidi. È anche proseguito l’aumento della domanda finale, cresciuta dell’1,5%, confermando la tendenza manifestatasi negli ultimi anni, trainata in particolare dalla ripresa dei trasporti. In termini settoriali, è ancora cresciuta la domanda di energia per gli usi civili, che rimangono il primo settore di consumo finale (+0,7%), seguito dai trasporti (+3,2%). Rimane debole la domanda dell’industria.

Le dinamiche più innovative del sistema energetico nazionale rimangono legate al ruolo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, coerentemente con gli impegni assunti dal nostro Paese per il 2020 e rafforzati nel Piano Energia e Clima 2030 – si sottolinea nel Documento che è stato redatto da un folto gruppo di lavoro, costituito sia da rappresentanze istituzionali che di settore con esperienza riguardo ai temi trattati – I progressi di questi due perni della strategia di decarbonizzazione, legati anche agli obiettivi di sicurezza ed economicità, mostrano però risultati annuali non uniformi”.

Mentre le fonti energetiche rinnovabili nel 2018 hanno consolidato il proprio ruolo in tutti i settori di impiego ((elettrico, termico e trasporti), confermandosi risorsa strategica, anche in termini economici e occupazionali, per lo sviluppo sostenibile del Paese, l’efficienza energetica ha mostrato una battuta d’arresto.

Le fonti rinnovabili ad oggi sono in grado di soddisfare oltre il 18% dei consumi finali lordi di energia, ben oltre l’obiettivo previsto dal target europeo al 2020. Con riferimento al solo settore elettrico, l’incidenza delle FER – calcolate applicando i criteri di calcolo della direttiva 2009/28/CE – sul consumo interno lordo di energia elettrica al netto dei pompaggi è stimata pari al 34,5%, oltre 3 punti percentuali in più rispetto al 2017 ed è il secondo valore più elevato degli ultimi sei anni dopo il 2014 (quando la quota di FER era stata pari al 37,5%).
In particolare, il risultato è connesso al recupero della generazione idroelettrica, per effetto delle migliori condizioni di piovosità, mentre si contrae quella delle altre FER. Si stima che nel 2018 alle attività legate alla realizzazione e gestione di nuovi impianti alimentati da FER siano corrisposte circa 58.000 unità di lavoro permanenti e poco meno di 38.000 temporanee.

Meno bene va l’efficienza energetica. Il comparto seppur a un buon livello e tradizionalmente tra i migliori in Europa, nel 2018 ha evidenziato un aumento dell’intensità energetica del PIL, intorno alle 106,7 tonnellate equivalenti di petrolio (tep) per milione di euro.

Si evidenzia quindi la necessità di aumentare le azioni per migliorare l’efficienza energetica, in particolare nei settori civile e dei trasporti, dove la domanda di energia continua a crescere e dove sarà ancora più importante, in vista dei target non-ETS 2030, invertire la tendenza”.

Il livello di efficienza è frutto del miglioramento tecnologico e dei molti strumenti di sostegno e promozione adottati (dalle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, al nuovo Conto Termico, ai Titoli di efficienza energetica) che hanno portato a rilevanti risparmi di energia e, conseguentemente, alla riduzione delle emissioni: complessivamente, nel periodo 2014-2018, si stima che con le sole misure attive per l’efficienza energetica siano stati risparmiati 11,8 milioni di tep e sono quasi 26 i milioni di tep di risparmi attesi al 2020.

La proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) al 2030, sul quale la Commissione UE ha espresso le sue Raccomandazioni, pone la promozione dell’efficienza energetica tra i principali obiettivi da perseguire, prevedendo una riduzione dei consumi di energia finale a circa 9,3 Mtep/anno rispetto allo scenario di riferimento, da conseguire prevalentemente nei settori non ETS, e individuando nel settore civile il principale attore degli interventi di efficientamento, con una riduzione dei consumi di energia di circa 5,7 Mtep, seguito dal settore dei trasporti con 2,6 Mtep.

L’accresciuto ruolo delle FER e la dinamica di progressiva riduzione dell’intensità energetica (pur in arresto nel 2018) hanno contribuito alla diminuzione della dipendenza del nostro Paese da fonti di approvvigionamento estere.

La quota di fabbisogno energetico nazionale soddisfatta da importazioni, pur rimanendo elevata (pari al 74%), è risultata ulteriormente in discesa (nel 2017 era al 79%) ed è ormai da anni al di sotto dei valori storici.

Il consumo interno lordo di petrolio e di prodotti petroliferi è cresciuto nel 2018 dell’1,4% rispetto al 2017. La produzione nazionale ha contribuito per circa l’8% e le importazioni nette hanno soddisfatto circa il 90% della domanda, sebbene siano diminuite complessivamente del 4,4% rispetto all’anno precedente.

La domanda del gas naturale in Italia nel 2018 è stata complessivamente pari a 72,7 miliardi di metri cubi, in riduzione del 3,3% rispetto all’anno precedente principalmente a causa di un decremento di consumo nel settore termoelettrico. La copertura di tale fabbisogno è stata garantita dalle importazioni per il 93% e dalla produzione nazionale per il 7%.

Le imprese appartenenti al settore energetico nel 2018 hanno generato un valore aggiunto pari all’1,7% del PIL, in rallentamento, dopo la crescita registrata nel 2017. La contrazione è stata più marcata nel settore petrolchimico rispetto a quello della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata.

Permane il divario di costi energetici che svantaggia il nostro Paese: il differenziale fra i prezzi dei prodotti energetici in Italia e nell’Unione Europea rimane positivo ma è ripreso il processo di convergenza iniziato qualche anno fa. Si conferma un significativo premio pagato dalle imprese italiane per l’energia elettrica (in riduzione) e uno per il gas acquistato dalle famiglie (in crescita). Ciò è anche il risultato della maggiore pressione fiscale che nel nostro Paese colpisce i prodotti energetici: nel 2017, ultimo dato disponibile, ogni tep di energia finale utilizzata era gravata da una imposta di 373 euro, un valore superiore del 51% alla media europea.

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