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Rischio climatico: senza azione impatti su larga scala

Presentato al WEF di Davos, il Rapporto del McKinsey Global Institute indica che il rischio climatico fisico avrà forti ripercussioni su mercati finanziari, imprese, paesi e individui, e come possono essere gestite le proprie esposizioni. Il caso studio “Un bacino del Mediterraneo senza un clima mediterraneo?”

McKinsey Global Institute (MGI), l’Istituto di ricerca economica del gruppo di consulenza internazionale McKinsey & Company, ha presentato oggi (23 gennaio 2020) al World Economic Forum (WEF) il Rapporto Climate risk and response: Physical hazards and socioeconomic impacts”, redatto in collaborazione con Woods Hole Research Center (WHRC), il centro di ricerca privata no-profit del Massachussets considerato dall’International Center for Climate Governance (ICCG) uno dei più influenti think tank in materia di attività, pubblicazioni e divulgazioni sul clima.

Frutto delle attività di ricerca, durate oltre un anno, il Rapporto si concentra sul rischio fisico, ovvero sui rischi derivanti dagli effetti fisici dei cambiamenti climatici, inclusi i potenziali effetti su persone, comunità, capitale naturale e fisico e attività economiche, e le implicazioni per aziende, governi, istituzioni finanziarie e privati, suggerendo che molte delle ipotesi formulate sulla natura del rischio e sul potenziale danno che ne deriverebbero devono essere rivisitate. 

I cambiamenti climatici stanno già avendo notevoli impatti fisici a livello locale nelle regioni di tutto il mondo e probabilmente sono destinati a crescere in numero e dimensioni. 
Per più di 10.000 anni e lungo l’intera storia della civiltà umana, il clima è stato relativamente stabile. Adesso non lo è più – ha dichiarato Mekala Krishnan, senior fellow di MCI e uno dei coautori del Rapporto – Non già che ci stiamo muovendo verso una ‘nuova normalità’, bensì verso un mondo in cui il clima è in continua evoluzione, il che significa che anche il rischio climatico si sta evolvendo. E tutto ciò su cui gli uomini fanno affidamento per sopravvivere, comprese le colture che coltiviamo e le infrastrutture nelle città, sono ottimizzate per un insieme di variabili climatiche che sono rimaste le stesse nel tempo. Questo potrebbe ora mettere a rischio i sistemi in tutto il mondo. Alcuni cambiamenti sono più facili da apportare rispetto ad altri. Mentre è possibile impermeabilizzare, le colture che si sono evolute nel corso di migliaia di anni per crescere in una serie di condizioni non possono essere in grado di adeguarsi stante la velocità del riscaldamento globale”.

Il Rapporto è modellato sullo scenario di emissione Representative Concentration Pathways-RCP8.5 dell’ultimo Rapporto di valutazione (AR5) del Gruppo intergovernativo di esperti ONU sui cambiamenti climatici (IPCC), che suppone che l’umanità continui ad emettere gas ad effetto serra come ha fatto finora (il cosiddetto scenario BAU), e presenta 9 casi studio dei rischi climatici previsti al 2030 e al 2050, e quali misure possono essere intraprese per gestirli. 

I casi studio coprono varie aree geografiche e tutti i 5 sistemi presi in esame su cui si riverberano maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici:
–  Livability and workability. I pericoli come le ondate di calore potrebbero influire sulla capacità degli esseri umani di lavorare all’aperto o, in casi estremi, di mettere a rischio la vita umana. L’aumento delle temperature potrebbe anche spostare i vettori delle malattie e quindi influire sulla salute umana.sistemi alimentari,

Food systems.La produzione alimentare potrebbe essere interrotta dal momento che le condizioni di siccità, di temperature estreme o di alluvioni influiscono sui terreni e sulle colture, sebbene un clima che cambia potrebbe migliorare le prestazioni del sistema alimentare in alcune regioni.

Physicals assets.Beni fisici come gli edifici potrebbero essere danneggiati o distrutti da eventi meteorologici estremi, alluvioni da mareggiate, incendi boschivi e altri pericoli.

Infrastructure services. I servizi infrastrutturali sono un particolare tipo di bene, che potrebbero essere distrutti o interrotti nel loro funzionamento, determinando un calo dei servizi offerti o ad un aumento del costo di tali servizi, che a sua volta può avere effetti a catena su altri settori che si basano su queste risorse infrastrutturali.

Natural capital. I cambiamenti climatici stanno erodendo gli ecosistemi e stanno distruggendo le forme di capitale naturale come i ghiacciai, le foreste e gli ecosistemi oceanici, che forniscono importanti servizi alle comunità umane, mettendo in pericolo, al contempo, gli habitat dell’uomo e le sue attività economiche.

Nel complesso, i casi evidenziano una vasta gamma di vulnerabilità ai cambiamenti climatici. L’analisi rileva che entro il 2030 tutti i 105 Paesi esaminati potrebbero sperimentare un aumento di almeno un tipo di rischio per il loro capitale umano, fisico e naturale.

Paesi e regioni con livelli di PIL pro capite inferiori sono generalmente più a rischio. Le regioni più povere spesso fanno più affidamento sul capitale naturale, lavorando per lo più all’aperto e avendo già adesso climi prossimi alle soglie fisiche. Al contempo, alcune regioni ad alte latitudini potrebbero beneficiare dell’aumento delle temperature, con l’aumento dei raccolti, come in Canada. 

Ad esempio, il numero di persone a rischio di subire ondate di calore letali potrebbe aumentare da zero di oggi a 250 – 360 milioni entro il 2030, con una probabilità annuale che possa verificarsi del 9%, e a 700 milioni – 1,2 miliardi entro il 2050 con una probabilità annuale del 14% (in uno scenario RCP 8.5 e senza factoring di penetrazione del condizionatore d’aria).

Il riscaldamento degli oceani potrebbe ridurre le catture di pesce, ad esempio, incidendo sui mezzi di sussistenza di 650 – 800 milioni di persone che fanno affidamento sulle entrate della pesca. 

Se la spesa per investimenti infrastrutturali nei prossimi 10 è stimata fra i 30.000 e i 50.000 miliardi di dollari una progettazione che tenga conto del rischio climatico può contribuire a contenere i costi di riparazione e ricostruzione per danni derivanti dal global warming.

I mercati finanziari potrebbero anticipare il riconoscimento del rischio nelle regioni interessate, con conseguenze su allocazione di capitali e assicurazione. Una maggiore comprensione del rischio climatico potrebbe determinare la mancanza di prestiti a lungo termine, la riduzione dei costi e della disponibilità di coperture assicurative e la riduzione dei valori terminali. 

In Florida, ad esempio, stime basate su tendenze passate suggeriscono che le perdite causate dalle inondazioni potrebbero svalutare le case esposte da 30 – 80 miliardi di dollari, o dal 15 al 35%, entro il 2050, a parità di condizioni.

Affrontare il rischio climatico fisico richiederà una gestione più sistematica del rischio, accelerando sia l’adattamento che la decarbonizzazione. Tutte le principali decisioni aziendali e politiche devono essere esaminate alla luce dei cambiamenti climatici e della gestione dei correlati rischi. L’adattamento può aiutare a gestirli, anche se ciò potrebbe rivelarsi costoso per le regioni interessate e comportare scelte difficili. Mentre l’adattamento è ora urgente e ci sono molti modi per la sua implementazione, la scienza del clima ci dice che ulteriori aumenti nel riscaldamento e nel rischio possono essere fermati solo raggiungendo zero emissioni nette di gas serra.

Il caso che ci coinvolge è quello del Bacino del Mediterraneo analizzato per il rischio climatico correlato alla capacità di vivere in condizioni di aumento previsto delle temperature, tant’è che il titolo che viene assegnato al caso è: “Un bacino del Mediterraneo senza più un clima mediterraneo?

Lo studio vi prevede lunghi periodi di siccità, con la quantità di pioggia annuale in calo di oltre il 15% entro il 2050 in Africa settentrionale, Spagna e Grecia. Il clima diventerebbe più caldo con Marsiglia che al 2050 avrebbe le temperature medie annuali simili a quelle attuali di Algeri, e Madrid a quelle di Marrakesh, con impatti notevoli su settori chiave quali turismo, in particolare sulle località balneari, e l’agricoltura, soprattutto sulla viticoltura.

L’intento di questo rapporto è di chiarire e quantificare il livello di rischio fisico sistemico che si sta attualmente accumulando – ha sottolineato il Direttore del McKinsey Global Institute, Jonathan Woetzelin modo che possa essere preso in considerazione da assicuratori, investitori, istituti di credito, governi, autorità di regolamentazione, società non finanziarie mentre assumono decisioni strategiche“.

Chissà se i grandi della finanza mondiale, presenti a Davos , che continuano ancora a finanziare i combustibili fossili, come documentato nel precedente post, avranno seguito l’evento?

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