Biodiversità e conservazione Sostenibilità

Restoration Economy: la natura per creare valore e competitività

In occasione del Convegno “Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori”, organizzato da Nature Positive Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Po (ADBPO), che riunisce le imprese interessate a realizzare iniziative di tutela e valorizzazione del capitale naturale, è stato presentato il 1° Rapporto “Verso un’economia nature positive. Il ruolo delle imprese per il ripristino degli ecosistemi”.

In Italia solo il 46,3% delle superfici naturali è a rischio, solo il 9,9% degli habitat gode di uno stato di conservazione favorevole e il consumo di suolo continua a crescere, in particolare nella Pianura Padana. La qualità delle acque non è migliore: appena il 47% dei corpi idrici superficiali raggiunge uno stato ecologico buono o elevato. Eppure gli ecosistemi in buona salute sono fondamentali per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Stoccaggio dell’acqua, stabilizzazione dei suoli, riduzione delle isole di calore e sequestro del carbonio sono solo alcune delle funzioni che contribuiscono alla resilienza economica e sociale dei territori.

Nel corso di “Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori”, il Convegno organizzato da Nature Positive Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS) e dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Po (ADBPO), che riunisce le imprese interessate a realizzare iniziative di tutela e valorizzazione del capitale naturale, è stato presentato il 17 settembre 2025 il Rapporto “Verso un’economia nature positive. Il ruolo delle imprese per il ripristino degli ecosistemi”, che restituisce i risultati di un anno di analisi, confronto e scambio di conoscenze compiuti all’interno del Network.

Il Rapporto ha l’obiettivo di mostrare perché le imprese traggono vantaggio dall’impegnarsi in azioni di ripristino ambientale e presenta le esperienze concrete delle aziende che aderiscono al Network. Inoltre, fa il punto sugli strumenti e le fonti di finanziamento disponibili per gli interventi a favore della natura e illustra i benefici della collaborazione tra pubblico e privato per la riqualificazione dei territori.

La transizione verso l’obiettivo nature positive è molto impegnativa e necessita di un significativo cambiamento di approccio e di forti investimenti – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della FoSS – Ma è economicamente fattibile, con benefici superiori ai costi. Non muoversi rapidamente verso un modello produttivo in equilibrio con le capacità rigenerative del Capitale Naturale rischia di compromettere irreversibilmente le prospettive di sicurezza economica e di benessere sociale. Rigenerare la natura è un fattore imprescindibile per contrastare la crisi climatica ed ecologica che minaccia la stabilità della nostra economia”.

Come evidenziato dal VI Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, recentemente rilasciato dal MASE, su un totale di 85 ecosistemi censiti, ben 58 attualmente in uno stato di conservazione sfavorevole. Poco meno della metà dell’intera superficie occupata da ecosistemi naturali in Italia (46,3 %) è da considerarsi a rischio. La situazione peggiore si riscontra nell’Ecoregione Padana.

L’Italia ospita 132 habitat d’interesse comunitario, corrispondenti a circa il 56,7 % di tutti quelli presenti nell’UE, ma solo il 9,9 % gode di uno stato di conservazione “favorevole”. Il consumo del suolo è inarrestabile, con una copertura che copre adesso il 7,16 % del territorio nazionale con una maggiore intensità in pianura Padana e in particolar modo lungo la via Emilia e la direttrice Milano-Venezia. Anche la qualità delle acque mostra forti elementi di criticità: solo il 47% dei corpi idrici superficiali ha raggiunto lo stato ecologico “buono” o “elevato”.

Gli Ecosistemi in buono stato di conservazione rivestono invece un ruolo cruciale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, grazie alla loro capacità di svolgere efficacemente numerose funzioni, tra cui sequestro del carbonio, laminazione delle piene, infiltrazione e stoccaggio dell’acqua, stabilizzazione e trattenimento dei suoli, mitigazione delle isole di calore.

La tutela e la gestione dell’acqua rappresenta una priorità da affrontare consapevolmente e da attuarsi in modo responsabile, solidale e collaborativo sia da parte dei soggetti pubblici sia da parte degli utilizzatori e stakeholder del distretto – ha sottolineato Andrea Colombo, Segretario generale facente funzione dell’Autorità di bacino distrettuale del Fiume Po – Con questo progetto l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po auspica lo sviluppo di un nuovo modello di governance pubblico-privato, capace di integrare la dimensione ambientale, economica e sociale nella gestione delle acque, con il contributo attivo di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. Si intende dimostrare come la collaborazione tra istituzioni, imprese e società civile possa risolvere le criticità creando nuovi paradigmi e opportunità per uno sviluppo sostenibile, rafforzando la coesione territoriale e la competitività dell’intero distretto idrografico”.

È necessario invertire la rotta e conviene farlo rapidamente. Innanzitutto, perché il recupero delle aree naturali è un fattore decisivo per l’adattamento ai cambiamenti climatici, in un Paese come il nostro in cui le anomalie termiche, l’alterazione dei regimi di pioggia, gli eventi alluvionali, stanno già determinando gravi criticità ambientali ed economiche. E anche perché investire nella natura conviene. L’UE ha stimato che non intervenire, lasciando inalterata l’attuale traiettoria di degrado, comporterebbe una perdita di circa 2,2 miliardi di euro annui per l’Italia, per un valore cumulato al 2050 di circa 60 miliardi di euro. Il bilancio 2021-2027 dell’UE prevede 115 miliardi di euro alla biodiversità nel bilancio, ma sarà necessario affiancare risorse nazionali, regionali e private e coinvolgere imprese e comunità locali.

Le imprese che adottano una strategia nature positive possono ricavarne numerosi benefici: amplia le possibilità di accesso al credito, riduzione dei costi assicurativi, miglioramento della stabilità della supply chain, conseguimento degli obiettivi climatici. Inoltre, i progetti di riqualificazione ecologica riescono a generare buoni rendimenti per le imprese che li realizzano, con moltiplicatori economici e occupazionali talvolta superiori a quelli di altri settori tradizionali.

Restaurare la natura ha un costo elevato e centrale sarà la questione dei finanziamenti» ha ricordato Giuseppe Dodaro, coordinatore del Nature Positive Network. L’Unione Europea ha destinato 115 miliardi di euro alla biodiversità nel bilancio 2021-2027.

Per riuscire a centrare il cambio di paradigma sarà necessario affiancare a queste risorse quelle nazionali, regionali e private, coinvolgendo anche il mondo produttivo e le comunità locali – ha concluso Giuseppe Dodaro, Coordinatore del Nature Positive Network, presentando il Rapporto – Un’azione diffusa di tutela, gestione e ripristino degli ecosistemi è imprescindibile per contrastare in maniera efficace la crisi climatica. Per le imprese investire nella natura significa garantirsi resilienza e competitività nell’immediato futuro. È fondamentale sfruttare collaborazioni propositive tra pubblico e privato. Passare da progetti isolati a interventi individuati con criteri scientifici rigorosi- nell’ambito del Piano Nazionale e di strategie che lo attuano alla scala locale- assicura risultati ecologici misurabili e più rilevanti”.

Esistono in Italia imprenditori e manager che hanno una forte consapevolezza del contesto globale in cui operano e considerano come oramai ineludibile l’attuazione di un’azione coordinata per contrastare in maniera efficace la crisi climatica ed ecologica e il Nature Positive Network è nato anche per supportare queste realtà verso un’economia nature positive. Qui le imprese che sostengono l’iniziativa.   

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