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Regioni vinicole: drastica riduzione senza l’introduzione di nuove varietà

Uno studio, condotto da un team internazionale di ricercatori, mostra che il 56% delle regioni vinicole del mondo potrebbe scomparire in uno scenario di aumento del riscaldamento globale a 2 °C che potrebbe salire all’85% con + 4 °C. Tuttavia, l’aumento della diversità dei vitigni nelle aree vocate potrebbe dimezzare le potenziali perdite delle regioni viticole nel primo scenario e ridurre le perdite di un terzo nel secondo.

L’impatto del clima sulle regioni vinicole di tutto il mondo è problema reale e serio che non può più essere sottovalutato. Il binomio clima-vino è tale che in questi ultimi anni sono stati numerosi gli studi che hanno cercato di prevedere le implicazioni sul settore viti-vinicolo derivanti dal sempre più probabile aumento della temperatura globale oltre l’obiettivo dell’Accordo di Parigi che prevede che si faccia tutto il possibile per mantenere il riscaldamento globale a +1,5 °C alla fine del secolo.

In un precedente Studio di cui avevamo dato notizia qualche anno fa, avevamo riportato le dichiarazioni del climatologo ed appassionato enologo Antonio Busalacchi, Direttore dell’Earth Science System Interdisciplinary Center presso l’Università del Maryland e Presidente del Programma Mondiale di Ricerca sul Clima.
I cambiamenti climatici produrranno vincitori e vinti tra le regioni viti-vinicole, traducendosi per ognuna di loro in modifiche di alcol, acidi, zuccheri, tannini e colore nel vino – osservava Busilacchi – Dato che la maggior parte dei vigneti producono frutti per un periodo tra 25 e 50 anni, viticoltori e vinificatori devono considerare il lungo termine per determinare cosa piantare, dove piantare, e come gestire i loro vigneti“.

Dallo Studio emergeva che in Europa, ad esempio, a vincere risulterebbero Gran Bretagna e Germania. Mentre tra i perdenti ci sarebbero FranciaSpagna Italia, qualora non venissero attuate azioni di adattamento per affrontare la sfida climatica, adottando tecniche come impianti di vigneti in terreni poco profondi per ridurre il consumo di acqua, introdurre l’irrigazione controllata, proteggere i grappoli dal sole, ecc.

Ora un nuovo StudioDiversity buffers winegrowing regions from climate change losses”, condotto da un team internazionale di ricercatori, coordinati da Ignacio Morales-Castilla dell’Università di Alcalá in Spagna, e pubblicato il 27 gennaio 2020 sulla prestigiosa PNAS, indica che le azioni di adattamento hanno notevoli potenzialità nel ridurre gli impatti del global warming sulle regioni vinicole, ma non sarebbero comunque in grado di evitare la perdita del 56% delle regioni viticole se la Terra subisse un aumento di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, e del 85% in uno scenario business-as-usual con un aumento medio di temperatura di 4 °C.

Un’altra opportunità che viene caldeggiata dagli autori e che finora non ha avuto grande considerazione è la sostituzione dei vitigni tradizionali con varietà più resistenti alla siccità e al calore: “Soluzione che ha una grande potenzialità di adattamento ai cambiamenti climatici – ha sottolineato Morales-Castilla – purché non vengano raggiunti gli scenari di riscaldamento più pessimistici”.

Gli studiosi hanno concentrato la loro analisi su 11 varietà, tra le oltre 1.100 cultivar di vitis vinifera attualmente piantate, scelte perché sono le più diffuse a livello globale, in particolare in tutti i più grandi Paesi produttori di vino: Cabernet Sauvignon, Chasselas, Chardonnay, Grenache, Merlot, Monastrell / Mourvèdre, Pinot Noir, Riesling, Sauvignon Blanc, Syrah e Ugni Blanc (Trebbiano).

I ricercatori volevano verificare il  “turnover delle cultivar“, spostando i vitigni dalle tradizionali località a quelle più appropriate in base ai previsti cambiamenti climatici. Hanno quindi esaminato i dati storici (le loro fonti hanno riguardato le i tempi base dello sviluppo dell’uva in 62 località, principalmente in Francia, tra il 1956 e il 2015) e le proiezioni delle temperature giornaliere e delle precipitazioni di due modelli climatici (+2 °C e 4 °C), combinandoli con quello creato per quando le varietà germogliano, fioriscono e maturano, e hanno utilizzato le proiezioni dei cambiamenti climatici per prevedere dove queste varietà possono essere proficuamente coltivate in futuro.

I risultati ottenuti supportano la possibilità di cambiare le coltivazioni sul posto per adattare l’agricoltura ai cambiamenti climatici anche nelle principali regioni vinicole, fintanto che gli sforzi per evitare scenari di eccessivo riscaldamento non si concretizzino, ma la diversità delle colture da sola non può essere in grado di prevenire il declino delle uve da vino nelle aree più vulnerabili.

In uno scenario a +2 °C, i ricercatori osservano che:
Pinot o Chasselas diminuirebbero la produzione in area come la Borgogna, ma potrebbero essere sostituiti da Mourvedre (Monastrell), Grenache o Syrah;
– in regioni, come quella di Bordeaux, Cabernet Sauvignon e Merlot potrebbero anche essere sostituiti da Mourvedre;
– in Germania, Nuova Zelanda e Pacifico nord-occidentale non si registrano gravi perdite, ma le varietà a maturazione tardiva attualmente inadatte (Merlot, Mourvedre, Grenache) aumenterebbero significativamente la loro idoneità;
– nel Regno Unito, il numero di varietà adatte aumenterebbe da zero a cinque;
– la maggior parte delle varietà classiche delle regioni californiane di Napa e Sonoma (Cabernet Sauvignon, Pinot e Merlot) resisterebbero;
–  in Sudafrica andrebbero perse le produzioni di Cabernet Sauvignon, Chardonnay o Pinot Noir e non potrebbero che essere sostituite da varietà a maturazione tardiva come Grenache e Mourvedre;
– in Nuova Zelanda, il numero di varietà adatte raddoppierebbe.

Guadagni e perdite nelle aree viticole dei principali Paesi produttori di vino per due varietà, Pinot Nero (in viola) e Grenache (in rosso), in uno scenario di riscaldamento a +2 °C. Il Grenache, una varietà a maturazione tardiva e tollerante al calore, mostra chiari guadagni; mentre il Pinot Nero, una varietà precoce meno tollerante al calore, mostra le perdite maggiori (Fonte: Ignacio Morales-Castilla, Università di Alcalá, Henares, Spagna).

I ricercatori sperano in una ricerca più approfondita in regioni vinicole specializzate e microclimi sui vitigni più adeguati per il futuro climatico e sui modi in cui i paesaggi si adattano, anche perché le varietà rappresentano meno dell’1% della diversità nota dell’uva da vino, quindi i benefici della diversità potrebbero essere più elevati se fossero disponibili dati su altri cultivar.
L’uva da vino possiede un’enorme diversità, ma gran parte non è ancora ben documentata o utilizzata dai coltivatori di tutto il mondo – ha sottolineato Morales-Castilla – L’adattamento dei risultati a regioni specifiche richiede anche dati su scala più precisi e ulteriori ricerche“.

La disponibilità di informazioni potrebbe consentire agli agricoltori di capire quali saranno le varietà migliori che dovranno piantare nei prossimi anni, anche se i ricercatori hanno riconosciuto che non è semplice per viticoltori affermati ricominciare daccapo, perché gli investimenti necessari sono notevoli e il ritorno economico non è a breve termine.

Sostituire Grenache o Cabernet Sauvignon con il Pinot Nero, piantare Trebbiano dove è coltivato il Riesling, non sono certo cambiamenti indolori da fare – ha affermato uno dei principali autori, Elizabeth Wolkovich, Professoressa di Scienze forestali e di conservazione alla British Columbia University (Canada) che studia strategie di resilienza per gli ecosistemi agricoli e forestali – tuttavia possono facilitare la transizione dei viticoltori in un mondo nuovo e più caldo. L’efficacia di qualsiasi strategia dipende sia dai viticoltori che dalle persone in generale. I consumatori che sono disposti a provare nuove varietà possono svolgere un ruolo importante nell’aiutare a salvare le regioni che amano. La legislazione può incoraggiare i coltivatori a testare nuove varietà. E infine, tutte le persone possono contribuire attraverso le azioni individuali per ridurre le emissioni a livello globale“.

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