Nonostante le principali Associazioni ambientaliste e animaliste avessero chiesto alle Regioni di posticipare l’inizio della caccia per l’eccezionalità della siccità e degli incendi che ha caratterizzato l’estate 2017, come peraltro indicato dall’ISPRA, prende il via il 2 settembre con le pre-aperture in alcune la stagione venatoria 2017-2018.
Dopo la Nota dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), inviata il 28 agosto 2017 a tutte le Regioni e per conoscenza ai Ministeri dell’Ambiente (MATTM) e delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) firmata dal Responsabile dell’Area Pareri Tecnici e Strategie di Conservazione e Gestione Patrimonio Faunistico Nazionale e Mitigazione Impatti, Piero Genovesi, rinfocolano le polemiche sulle aperture e pre-aperture della stagione venatoria 2017-2018.
Già all’inizio di agosto il WWF aveva inviata una lettera al Ministro dell’Ambiente e ai Presidenti delle Regioni per chiedere “L’esclusione di qualsiasi ipotesi di apertura anticipata della caccia a qualsiasi specie; il divieto di attività venatoria per tutto il mese di settembre per consentire agli habitat e alla fauna di recuperare condizioni fisiologiche soddisfacenti; una verifica dopo il mese di settembre per valutare la situazione; un’azione capillare di contrasto al bracconaggio“.
Ma non c’erano state risposte in merito, solo l’Abruzzo, avendo predisposto per ultima tra le regioni il suo calendario, non ha previsto alcuna pre-apertura e posticipato l’inizio della caccia al 1° ottobre.
Ora, dopo il parere dell’ISPRA, rinfocolano le polemiche, peraltro mai sopite, con la richiesta di “Un provvedimento urgente che blocchi la stagione venatoria 2017/2018 e permetta alla fauna e al territorio di ristorarsi, dopo l’interminabile fase di siccità e incendi che ha colpito, e ancora colpisce, l’intero territorio italiano“, avanzata da ENPA, LAC, LAV e LIPU.
“Se tuttavia a queste preoccupazioni, espresse da un istituto solitamente molto prudente come Ispra, aggiungiamo la condizione generale della fauna nel nostro Paese, sofferente per ragioni ambientali e costellata di specie minacciate anche globalmente – proseguono le Associazioni – non può che concludersi ciò che le nostre associazioni chiedono da tempo: la necessità di un’ordinanza urgente del Consiglio dei Ministri che cancelli la stagione venatoria 2017/2018 e permetta agli animali selvatici italiani e al territorio di riprendersi. Ci rivolgiamo dunque ancora una volta al Presidente Gentiloni, ai Ministri Galletti e Martina e all’intero Governo non attendete più, la situazione è grave e richiede azioni responsabili e immediate“.
Anche Legambiente ha rivolto il 23 agosto un appello al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri MiPAAF e MATTM, nonché ai Presidenti di 14 Regioni (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Veneto), per chiedere che “deliberino il posticipo della stagione venatoria 2017/2018 disponendo il divieto, su tutto il territorio, dell’attività venatoria fino al 1° ottobre prossimo, attivando nel contempo un’azione forte e capillare di contrasto al bracconaggio, fenomeno che colloca l’Italia tra i Paesi europei con il maggior impatto subito a causa di tale attività illegale. Tale richiesta urgente all’Amministrazione pubblica nel rispetto dell’applicazione della normativa vigente finalizzata a consentire il mantenimento di popolazioni vitali delle diverse specie animali stanziali e migratrici afferenti alla fauna selvatica, con particolare riguardo alla necessità di intervento pubblico in situazioni eccezionali che, nel caso in atto, è conseguenza del perdurare da mesi dell’assenza delle precipitazioni ed alla quale, negli ultimi tre mesi, si è aggiunta l’ulteriore calamità, eccezionale per numero ed estensione, causata dagli incendi di vegetazione e boschivi che ha devastato grande parte del Paese“.
Ma cosa dice in sostanza la nota dell’ISPRA?
Dopo aver presso che la situazione meteo-climatica del 2017 si è caratterizzata per una elevata criticità, con temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi, e che tale situazione si è aggravata con i numerosi incendi che hanno devastato molte aree del Paese, comportando una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischiando di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie, consiglia di adottare una serie di misure, secondo quanto previsto dalla L. n. 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio“: “Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità” (Art. 19, comma 1).
L’addestramento e l’allenamento dei cani da caccia comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, per cui sarebbe opportuno sospendere l’autorizzazione a svolgere questo genere di attività sino al venir meno delle attuali condizioni climatiche e al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali.
Sino a quando continuerà il deficit idrico si ritiene opportuno prevedere il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata, specie se sia stata autorizzata la cosiddetta preapertura.
Per la riduzione dell’estensione delle aree umide, si ritiene opportuno prevedere un posticipo all’inizio di ottobre dell’apertura della stagione venatoria all’avifauna acquatica.
Per la caccia alle specie stanziali, sarebbe necessario valutare caso per caso la limitazione del prelievo sulla base dei dati sul successo riproduttivo raccolti a livello locale dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini.
L’esercizio dell’attività venatoria a carico di talune specie nelle aree percorse dagli incendi, ma anche nei settori limitrofi e interclusi, può rappresentare un ulteriore motivo di aggravamento delle condizioni demografiche delle popolazioni interessate, per cui l’ISPRA propone l’emanazione di provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco, nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni debbono essere stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti.
Qui il testo completa della Nota dell’ISPRA.