Cambiamenti climatici

Precipitazioni estreme di settembre: più frequenti in futuro prossimo

Un’analisi dell’iniziativa World Weather Attribution (WWA), che riunisce scienziati e ricercatori del clima e che cerca di dare una risposta immediata ai fenomeni meteorologici intensi che si verificano in tutto il mondo, e che ha preso in esame i fenomeni di precipitazioni estreme di settembre nelle regioni del Mediterraneo, rileva che i cambiamenti climatici rendono fino a 50 volte più probabili e del 50% più intensi tali fenomeni, e che ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza a tutti i tipi di condizioni meteorologiche estreme è fondamentale per salvare vite umane in futuro.  

I 3 eventi di precipitazioni estreme che si sono registrati nella prima decade di Settembre 2023 in vari Paesi dell’area del Mediterraneo, causando gravi inondazioni, sommergendo insediamenti, lasciando migliaia di senzatetto e uccidendo almeno 4 persone in Bulgaria, 6 in Spagna, 7 in Turchia e 17 in Grecia e, forse 20.000 in Libia per il cedimento di 2 dighe presso la città di Derna, sono fenomeni che i cambiamenti climatici rendono fino a 50 volte più probabili e del 50% più intensi.

È quanto emerge dall’analisi Interplay of climate change-exacerbated rainfall, exposure and vulnerability led to widespread impacts in the Mediterranean region”, pubblicata il 19 settembre 2023 dal World Weather Attribution (WWA), un’iniziativa avviata nel 2015 che valuta il ruolo dei cambiamenti climatici negli eventi meteorologici estremi e che annovera scienziati e ricercatori di diverse istituzioni, tra cui il Grantham Institute – Institute climate Change and the Environmen presso l’Imperial London College, il Royal Netherlands Meteorological Institute, il Laboratoire des Sciences du Climat e de l’Environnement e il Red Cross Crescent Climate Center.

Per catturare le diverse caratteristiche delle forti piogge e delle conseguenti inondazioni i ricercatori si sono concentrati su due regioni per valutare il ruolo dei cambiamenti climatici:
– una su Grecia, Bulgaria e Turchia che comprende la regione colpita dalla tempesta “Daniel” caratterizzata da precipitazioni massime di 4 giorni medie sulla terraferma dal 4 al 7 settembre), regione che riceve poca pioggia durante l’estate, ma molto di più in inverno;
–  l’altra su una regione più piccola sopra la Libia, dove è caduta la maggior parte delle forti piogge che hanno portato alle devastanti inondazioni a Derna. e l’area circostante.

Dall’analisi sono emersi questi risultati chiave.
Le gravi inondazioni in Spagna, Grecia, Turchia, Bulgaria e Libia sono state causate da forti piogge cadute in meno di 24 ore nel caso della Spagna, mentre in Libia sono durate 24 ore e in Grecia e Turchia fino a 4 giorni.
– Per Libia e Spagna è stato valutato il periodo di ritorno del massimo annuo di precipitazioni accumulate su 1 giorno; per la Grecia centrale e la regione più ampia definita al di sopra del massimo annuale di precipitazioni su 4 giorni. A titolo di valutazione sintetica, i ricercatori affermano che il tempo di ritorno per l’evento in Spagna è compreso tra 1 su 10 e 1 su 40 anni; per la Grecia centrale da 1 su 80 a 1 su 250 anni; per la grande regione Grecia-Bulgaria-Turchia da 1 su 5 a 1 su 10 anni; e sulla Libia da 1 su 300 a 1 su 600 anni. In Libia l’entità dell’evento è molto al di fuori di quella degli eventi precedentemente registrati.
Le incertezze sui tempi di restituzione sono molto elevate e dipendono dalla regione precisa e dal set di dati scelti. Nelle singole località possono essere molto diversi da quelli indicati nell’analisi.
– Per valutare il ruolo dei cambiamenti climatici sono stati  combinati dati basati sull’osservazione e modelli climatici e valutati i cambiamenti nella probabilità e nell’intensità di un evento di 4 giorni che si verifica 1 anno su 10 sulla regione più ampia che comprende la Grecia, Bulgaria e parte della Turchia, colpite dalle inondazioni, così come dall’evento di massima pioggia di 1 giorno su 600 in un anno sulla Libia.
– Per la vasta regione GBT, si è scoperto che i cambiamenti climatici indotti dall’uomo hanno reso un evento estremo quanto quello osservato fino a 10 volte più probabile e fino al 40% più intenso, mentre quello osservato sulla Libia è diventato fino a 50 volte più probabile e fino al 50% più intenso rispetto a un clima più fresco di 1,2 °C.
– L’incertezza in queste stime è elevata e comprende la possibilità che non vi siano cambiamenti rilevabili, sottolineano i ricercatori, ma ci sono molteplici ragioni per cui possiamo essere certi che i cambiamenti climatici li hanno resi g più probabili: teoricamente si sa che, stante gli attuali livelli di riscaldamento, ci si aspetterebbe un aumento dell’intensità delle precipitazioni di circa il 10%, quindi si potrebbe concludere che non vi è stato alcun cambiamento se ci fosse un processo dinamico ben noto che contrasta questo effetto, cosa che non c’è. Gli studi focalizzati sulle precipitazioni estreme sulla base del futuro riscaldamento mostrano anche un aumento delle forti piogge, rendendo probabile che l’aumento osservato delle forti piogge sia effettivamente una tendenza dovuta ai cambiamenti climatici. Per questi motivi, i ricercatori non forniscono una stima centrale dell’influenza dei cambiamenti climatici, come negli studi precedenti, bensì un limite superiore dell’effetto.
– In Grecia, l’estate che si avvia a concludersi, è stata caratterizzata da ondate di caldo e incendi estremi, tra cui il più grande mai registrato nell’UE, seguiti dalla tempesta Daniel che ha devastato il centro del Paese. La deforestazione e tassi relativamente elevati di urbanizzazione hanno modificato il paesaggio nel tempo, aumentando il numero di persone e beni esposti alle inondazioni e riducendo il drenaggio delle acque piovane.
– In Libia, il volume dell’acqua e la tempistica dei cedimenti della diga hanno fatto sì che chiunque si trovasse sul percorso dell’acqua fosse maggiormente a rischio, non solo quelli che di solito sono altamente vulnerabili.
– Il conflitto in corso e la fragilità dello Stato in Libia hanno aggravato gli effetti delle inondazioni, contribuendo alla mancanza di manutenzione e al deterioramento delle infrastrutture della diga nel tempo e aumentando il rischio per le persone e i conseguenti impatti. Il conflitto limita anche la pianificazione e il coordinamento dell’adattamento a livello nazionale in una serie di questioni climatiche che il Paese deve affrontare, come la scarsità d’acqua e condizioni meteorologiche estreme, tra cui le ondate di calore e le inondazioni.
– Oltre alla mancanza di manutenzione, le dighe di Al-Bilad e Abu Mansour furono costruite negli anni ’70, utilizzando registrazioni di precipitazioni relativamente brevi, e potrebbero non essere state progettate per resistere a un evento piovoso che si registri una volta ogni 300-600. Sarà necessaria una revisione completa a posteriori che esamini i criteri di progettazione delle dighe per comprendere la misura in cui la progettazione delle dighe e la mancanza di successiva manutenzione abbiano contribuito al disastro. Nonostante ciò, i cedimenti catastrofici delle dighe e i loro impatti possono essere limitati attraverso protocolli di riduzione del rischio che includono il monitoraggio in tempo reale delle previsioni, dei volumi d’acqua e dei sistemi di allarme che avvisano coloro che si trovano a valle di possibili cedimenti e della necessità di evacuare.
– Mentre in Libia c’era una previsione con un anticipo di 3 giorni sulla rotta della tempesta Daniel, l’impatto di quella potenziale pioggia sulle infrastrutture e sulle persone non era stato chiaramente compreso in anticipo. Inoltre, non è chiaro in che misura le previsioni e gli avvertimenti siano stati comunicati e ricevuti dal pubblico in generale o dai servizi di emergenza competenti. Insieme a una migliore capacità di gestione delle emergenze, le previsioni basate sull’impatto potrebbero aiutare a fornire una comprensione più chiara di come le precipitazioni si traducono in potenziali impatti e potrebbero portare a migliori allerte in futuro.
– Questo disastro evidenzia anche la sfida rappresentata dalla necessità di progettare e mantenere le infrastrutture non solo per il clima del presente o del passato, ma anche per quello del futuro. In Libia, ciò significa tenere conto del calo a lungo termine delle precipitazioni medie e, allo stesso tempo, dell’aumento delle precipitazioni estreme nel caso di quest’ultimo evento di intense piogge: una prospettiva impegnativa, soprattutto per un Paese afflitto dalla crisi.

Il Mediterraneo è un punto caldo di rischi alimentati dai cambiamenti climatici – ha dichiarato Friederike Otto, Docente senior di scienze del clima presso il Grantham Institute – Climate Change and the Environment e co-autrice dell’analisi – Dopo un’estate caratterizzata da ondate di caldo e incendi devastanti, con evidenti conseguenze legate ai cambiamenti climatici, quantificare il contributo del riscaldamento globale a queste inondazioni si è rivelato più impegnativo. Ma non c’è assolutamente alcun dubbio che ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza a tutti i tipi di condizioni meteorologiche estreme sia fondamentale per salvare vite umane in futuro”.

La città di Derna e numerosi villaggi in Libia sono stati completamente sommersi dalle alluvioni causate dalla tempesta Daniel e dal cedimento delle 2 dighe sul bacino del Wadi Derna tra il 10 e l’11 settembre 2023 (Foto: Associated Press).

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