Salute Veneto

PFAS: da IARC la valutazione che sono sostanze cancerogene

Secondo la monografia dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS, pubblicata la scorsa settimana su The Lancet, alcune sostanze della famiglia PFAS, sono “sicuramente cancerogeno per l’uomo” (PFOA) e “possibilmente cancerogeno per l’uomo” (PFOS).

L’acido perfluoroottanoico (PFOA), sostanza chimica ampiamente utilizzata in un ampio gruppo di composti fluorurati chiamati sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), chiamati “sostanze chimiche per sempre” perché non si degradano facilmente, è sicuramente cancerogeno per l’uomo (gruppo 1).

È il risultato della recente valutazione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che per il programma Monografie IARC ha riunito a Lione dal 7 al 14 novembre 2023un gruppo di lavoro di 30 esperti internazionali provenienti da 11 Paesi, le cui conclusioni sono stateil 30 novembre 2023 su The Lancet Oncology con il titolo “Carcinogenicity of perfluorooctanoic acid and perfluorooctanesulfonic acid“.

Oltre al PFOA, che in precedenza era stato classificato come possibilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2b), la IARC ha invece inserito in questa categoria per la prima volta l’acido perfluoroottanosolfonico (PFOS).

Il PFOA è cancerogeno per l’uomo (gruppo 1), sulla base di prove sufficienti di cancro negli animali da esperimento e di forti prove meccanicistiche (di alterazioni epigenetiche e immunosoppressione) negli esseri umani esposti. Si sono avute anche prove limitate di cancro negli esseri umani (carcinoma a cellule renali e cancro ai testicoli) e forti prove meccanicistiche nelle cellule primarie umane e nei sistemi sperimentali (per alterazioni epigenetiche e immunosoppressione, nonché molte altre caratteristiche chiave degli agenti cancerogeni).

Il PFOS è probabilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B), sulla base di forti prove meccanicistiche attraverso i sistemi di test, compresi gli esseri umani esposti (per alterazioni epigenetiche e immunosoppressione, nonché molte altre caratteristiche chiave degli agenti cancerogeni). Prove limitate sono state riscontrate per il cancro negli animali da esperimentoprove inadeguate per quanto riguarda il cancro negli esseri umani.

La IARC ricorda che PFOA e PFOS sono presenti ovunque nell’ambiente, anche nelle aree più remote. Sono stati trovati specificatamente anche in un’ampia gamma di prodotti, come imballaggi alimentari, tappeti, materiali da costruzione, cosmetici, pentole, indumenti impermeabili e schiume antincendio, e hanno molte altre applicazioni industriali. PFOA e PFOS sono stati rinvenuti anche nelle riserve di acqua potabile, soprattutto in prossimità dei siti in cui vengono prodotti o ampiamente utilizzati.

Si prevede che le esposizioni saranno più elevate tra i lavoratori coinvolti nella produzione di PFOA o PFOS o che utilizzano queste sostanze chimiche direttamente nella fabbricazione di altri prodotti. Si ritiene che l’inalazione sia la principale via di esposizione per i lavoratori, sebbene sia possibile l’esposizione cutanea. Da quando sono entrate in vigore le restrizioni sull’uso di questi agenti in alcuni paesi, sottolinea la IARC, è probabile che l’esposizione professionale sia diminuita, ma che abbia continuato nei paesi che non hanno introdotto restrizioni. 

Il PFOA e, in misura molto maggiore, i PFOS sono stati ampiamente utilizzati in alcune schiume antincendio (note anche come schiume filmogene acquose, AFFF), che vengono utilizzate in particolare nelle operazioni antincendio aeroportuali e militari, nonché nell’addestramento. L’uso di PFOA e PFOS in queste applicazioni è stato vietato in molti paesi, ma i vigili del fuoco possono essere esposti a PFOA e PFOS qualora utilizzino vecchie scorte di AFFF.

La popolazione in generale è esposta principalmente attraverso il cibo e l’acqua potabile e potenzialmente attraverso i prodotti di consumo. Nei siti contaminati, l’acqua potabile è la principale fonte di esposizione per la popolazione generale.

In Italia la regione più contaminata da PFAS è il Veneto, in particolare un’area che ha per centro il comune di Lonigo e che comprende 30 Comuni delle province di Verona, Vicenza e Padova, su cui insistono 350.000 abitanti. Il caso era esploso all’inizio del 2017 dopo l’indagine dell’ASL locale che, a seguito del riscontro di elevati quantità di questi inquinanti nell’acqua potabile, aveva sollecitato le famiglie a sottoporre a screening ragazzi e ragazze dai 14 anni in su. I risultati di quelle analisi hanno rivelato livelli di concentrazioni di PFAS nel sangue di gran lunga superiori ai valori allora ammessi. Tant’è che l’esito di quegli esami determinò la costituzione del Comitato Mamme No PFAS, inizialmente composto dalle sole madri, ma in seguito da padri e altri portatori di interesse.

La pubblicazione dello studio è avvenuta nello stesso giorno in cui a Vicenza era in corso un’udienza del “processo Miteni” per l’avvelenamento delle acque in Veneto in cui il Comitato Mamme No PFAS si è costituito parte civile, nel corso della quale sono stati sentiti in controesame i consulenti, tra cui Vincenzo Cordiano dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia) tra i massimi esperti internazionali sull’argomento che fu tra i primi a lanciare l’allarme e che in una intervista rilasciata il 3 dicembre 2023 ha salutato la revisione della IARC come uno “spartiacque” e che i PFAS dovranno sparire dall’acqua e dagli alimenti.

Un’indagine preliminare di laboratorio, pubblicata lo scorso novembre e condotta dallIstituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRSA) e da Greenpeace Italia, ha rivelato che alimenti comuni come pasta o riso (alimenti che assorbono più acqua durante la lessatura) se cotti in acqua contaminata da PFAS possono diventare a loro volta fonte di questi pericolosi inquinanti, sfatando un luogo comune secondo cui l’ebollizione ridurrebbe la loro presenza.

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