Agroalimentare

Pesca e consumi di pesce: italiani più sostenibili e consapevoli

Uno studio di Unioncamere Puglia, commissionato ad AstraRicerche e presentato alla Fiera del Levante di Bari (15-23 ottobre 2022) nel corso dell’evento “Trend Waves”, rivela che negli ultimi anni gli italiani hanno aumentato il consumo di pesce e sono più attenti alla sostenibilità della pesca.

Nel corso dell’evento in presenza e online “Trend Waves” sulle tendenze future dell’economia del mare, organizzato da Unioncamere Puglia e svoltosi a Fiera del Levante (Bari, 15-23 ottobre 2022), è stato presentato uno studio condotto su un ampio campione di italiani tra i 18 e i 70 anni da AstraRicerche, Istituto di ricerche sociali e di marketing.

La cosiddetta Blue Economy,con circa 230mila imprese, produce in Italia 51,2 miliardi di valore aggiunto collocandosi al terzo posto nel ranking europeo con un peso specifico pari al 13,5%. L’effetto moltiplicatore della Blue Economy è pari a 1,7: per ogni euro di valore aggiunto prodotto se ne attivano altri 1,7. Pertanto 51,2 miliardi di valore aggiunto prodotto dall’economia del mare ne attivano altri 84,8 per un totale di 136 miliardi di euro di valore aggiunto che rappresentano il 9,1% della ricchezza nazionale.

Dalla survey di AstraRicerche emerge che negli ultimi quattro anni il mercato è cambiato rapidamente: il 57.1% degli italiani consuma pesce almeno una volta alla settimana: soprattutto i più giovani (18-24enni). Inoltre, il 23.1% del campione ha aumentato il consumo di prodotti ittici, per il suo essere un’alimentazione sana ed equilibrata (81.3%), per il gusto (76.0%) e per gli elementi nutritivi apportati (73.6%).

“I dati mostrano che nel nostro Paese occorre concentrarsi su politiche di prezzo più accessibili e contemporaneamente rispondere con le certificazioni alla domanda di sostenibilità, di italianità del prodotto, di garanzia sulla qualità del pesce – ha commentato Damiano Gelsomino, Presidente di Unioncamere Puglia – Ma come emerso dalla ricerca la blu economy offre spazi di crescita in tutti i suoi settori”.

Per gli italiani la pesca nelle nostre acque (60.0%) è più sostenibile che in quelle fuori dall’area italiana (44.6%), ed è necessario rispettare i periodi di pesca corretti per ogni specie (71.1%) e le quantità massime consentite (71.1%). Il pesce di allevamento supera quello pescato per prezzo accessibile, ottiene risultati simili per sostenibilità sociale e ambientale e per la garanzia di prodotto sano. Il pescato, invece, è considerato superiore per gusto, consistenza e valori nutrizionali.

E al ristorante? Gli italiani si aspettano prima di tutto pesce freschissimo (73.7%), poi un gusto superiore (52.7%), quindi la garanzia che la materia prima sia di origine italiana (50.4%). Solo il 33.7% sceglie un ristorante di pesce per la creatività dello chef.      
Il prodotto quindi è più importante del servizio in questo ambito, ma molto potrà cambiare in futuro: il 36.1% del campione afferma infatti di essere disposto ad assaggiare nuove proposte nel panorama della cucina di pesce e il 26.5% utilizza servizi di delivery per portate di pesce.

Si fa strada, inoltre, il tema del consumo sostenibile nel settore HoReCa: il 65,2% del campione è favorevole alle “porzioni ripensate” o al doggy bag, il 61,1% mostra attenzione per la riduzione degli sprechi nelle cucine, il 62,4% alla pesca sostenibile e il 59,4% alla trasparenza sull’origine della materia prima.  

Anche nel delivery gli italiani si mostrano aperti alle innovazioni: spicca l’idea di formule veloci e semplici per il consumo di pesce presso la ristorazione organizzata (49.0%), ma ottimo consenso ottengono anche l’idea di una più ampia offerta di consegne di prodotti ittici pronti (48.5%) e di “meal kit” preparati da chef di alto livello con cottura terminata a casa dal consumatore finale (40.8%).

Dallo studio è emerso, però, anche il rischio di un’informazione frettolosa.
Un cittadino non ben informato – ha sottolineato Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche – rischia di essere influenzato – come già è capitato in altri settori – da notizie non corrette, non rilevanti, non ben spiegate: questo può ridurre le potenzialità di crescita del mercato che sono invece elevate anche grazie al cambiamento degli stili di consumo alimentare”.

Gli italiani infatti sarebbero poco informati sulla pesca e sull’allevamento (solo il 30.6% dichiara di esserlo molto o abbastanza) e il rischio di fake news è evidente: tra le fonti di informazione prevalenti troviamo la TV (46.5%), a seguire le notizie online (31.9%), i siti specializzati (26.2%) e social network (18.8%). Rilevante anche il ruolo di ristoratori e chef, che si dimostrano una fonte di informazione autorevole per il 20.3% degli intervistati.

La tradizione del pesce e dei prodotti ittici – ha aggiunto Patrizia Martello, sociologa dei consumi, docente alla Nuova Accademia di Belle arti (NABA) a Milano – si unisce perfettamente all’innovazione, sia quella dei prodotti che troviamo al supermercato, sia quella delle cucine dei ristoranti, ma anche quella del delivery: non solo di portate comuni ma anche di piatti di alta cucina, preparati da chef in grado di pensare a soluzioni perfette per la consegna e il consumo a casa; quello che vediamo in crescita all’estero, può crescere rapidamente anche in Italia”.

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