Biodiversità e conservazione

Perdita di biodiversità: oltre a fattori ambientali ci sono quelli sociali

Un rapporto, redatto da Global Footprint Network ed European Topic Centre on Biodiversity and Ecosystem Services, esplora i fattori sociali che ostacolano o consentono gli sforzi per invertire la perdita e il cambiamento della biodiversità, individuando 8 barriere sociali chiave che abbracciano ambiti socioeconomici, politici e culturali, come lacune di conoscenza, disinformazione, mentalità utilitaristica a breve termine, sfide di governance, norme sociali, percezione degli altri e filtraggio delle informazioni. 

A causare la perdita di biodiversità non ci sono solo cause ambientali, ma anche a modelli di sviluppo economico e sociale che prediligono l’espansione economica a breve termine, trascurando l’impatto a lungo termine sugli ecosistemi.

È quanto rilevato dal Rapporto Exploring the societal factors enabling to halt and reverse the loss and change of biodiversity”, redatto da Global Footprint Network (GFN) ed European Topic Centre on Biodiversity and Ecosystem Services (ETC-BE), il Consorzio di 24 organizzazioni europee con competenze nell’area tematica della biodiversità e degli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e marina, che collabora con l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA).

La perdita di biodiversità ha raggiunto livelli allarmanti, come ci ha ricordato l’’ultimo Living Planet Report, il Rapporto di WWF International che monitora ogni due anni lo stato del mondo naturale, pubblicato alla vigilia ella CBD-COP16: le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci hanno subìto un declino medio catastrofico del 73% in mezzo secolo, principalmente a causa di attività umane come le modifiche nell’utilizzo del suolo, l’inquinamento, l’invasione di specie aliene, lo sfruttamento delle risorse naturali e il cambiamento climatico.

Per proteggere la natura invertendo e ripristinando il degrado degli ecosistemi, l’UE ha adottato la Strategia sulla biodiversità per il 2030, più ambiziosa rispetto alla precedente Strategia. Tuttavia per avere la possibilità che gli obiettivi al 2030 siano raggiunti, c’è necessità di un’analisi più approfondita sulle cause che determinano la crisi della biodiversità, con la comprensione olistica dei determinanti del comportamento umano.

Scopo del rapporto è quindi di identificare le barriere che impediscono il cambiamento trasformativo e le leve che possono innescare il cambiamento e fattori di successo utilizzabili.

Oltre a questioni ambientali, infatti, ci sono anche modelli di sviluppo economico e sociale che prediligono l’espansione economica a breve termine, trascurando l’impatto a lungo termine sugli ecosistemi. Tra queste, il report di GFN e ETC-BE individua norme sociali e la diffusione di informazioni errate, che minano la consapevolezza del pubblico sull’importanza della conservazione della biodiversità. Inoltre, l’approccio utilitaristico verso le risorse naturali e la tendenza a perseguire profitti immediati, sacrificando la sostenibilità, rappresentano significativi ostacoli al cambiamento.

A queste si aggiungono altre barriere definite psicologiche, e che portano in gioco fattori come:
– la percezione che il cambiamento non sia necessario o addirittura inutile;
– la mancanza di conoscenza in materia;
obiettivi e aspirazioni contrastanti;
tokenismo, una pratica che consiste nel fare uno sforzo superficiale o simbolico;
tipologia, profondità e incisività nelle relazioni tra pari;
attribuzione esterna delle responsabilità.

Le 8 barriere identificate possono essere raggruppate in 2 gruppi principali: barriere appartenenti al contesto socioeconomico, politico e legislativo più ampio e barriere legate al contesto socio-culturale. Inoltre, queste barriere possono manifestarsi come ostacoli che impediscono la realizzazione dell’azione o la mancanza di fattori abilitanti per il cambiamento del comportamento.

Per affrontare efficacemente la perdita e il cambiamento della biodiversità sono necessari cambiamenti comportamentali in un triangolo di parti interessate e livelli: individui, collettività e istituzioni/governance. Sono state identificate 5 leve generali che si intendono come macro-aree di intervento per un più ampio cambiamento trasformativo della società:
Offrire una Narrativa Alternativa che sia avvincente e positiva e che possa facilitare una transizione sociale fluida.
Livellare gli Squilibri di Potere per affrontare e ridurre le disparità di esistenti all’interno della società.
Migliorare la consapevolezza dell’impegno collettivo per aumentare la conoscenza degli attori dell’UE e la comprensione delle relazioni reciproche tra biodiversità e società, che in definitiva portano al ripensamento e alla ristrutturazione, tra l’altro, dei modelli di produzione e consumo dell’UE.
Comprendere l’Accettazione Sociale per approfondire la nostra comprensione dei meccanismi attraverso la quale l’accettazione sociale (e mentalità) viene modellata, formata e trasformata.
Dotare le Strutture di Governance,  governi e le istituzioni con strutture di governance di adeguate risorse  per gestire in modo efficace la crescente complessità (ad esempio, attraverso l’integrazione di priorità di conservazione della biodiversità in tutte le politiche dell’UE).

Partendo dalla consapevolezza che la crisi della biodiversità sta accelerando e che la biodiversità sta diminuendo a ritmi senza precedenti, guidata da attività di consumo e produzione umane non sostenibili -ha postato Alessandro Galli, Direttore programma Mediterraneo del Global Footprint Network e principale autore del rapporto – abbiamo esplorato i fattori sociali che ostacolano o consentono gli sforzi per invertire la perdita e il cambiamento della biodiversità”.

In definitiva, il rapporto offre una base per la riflessione, la discussione e la ricerca futura, offrendo spunti preziosi per i decisori politici, le istituzioni dell’UE e le parti interessate. Inoltre, viene sottolineata la necessità di affrontare i driver sociali più profondi per raggiungere gli obiettivi di biodiversità dell’UE per il 2030 e garantire che gli ecosistemi europei siano sulla strada della ripresa e della sostenibilità

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