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Microplastiche: contaminati anche i crostacei del Mar Glaciale Artico

Un Gruppo di ricercatori di ENEA, Università La Sapienza e CNR ha scoperto frammenti di microplastiche in un piccolo crostaceo marino, l’anfipode Gammarus setosus, molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico, che è alla base dell’alimentazione di diversi uccelli e pesci che vivono nell’area, destando allarme per le possibili conseguenze sulla catena alimentare.

Un team di ricercatori di ENEA – Centro Ricerche Casaccia, Università La Sapienza – Roma e CNR – Istituto Studi Polari di Venezia ha scoperto frammenti di microplastiche in un piccolo crostaceo marino, l’anfipode Gammarus setosus, molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico.

I risultati dello StudioFirst evidence of microplastics ingestion in benthic amphipods from Svalbard” sono stati pubblicati sulla rivista “Environmental Research” e lanciano un ulteriore allarme sulla possibilità che le microplastiche (particelle < 5mm) entrino nella catena alimentare, i cui effetti tossicologici sono ancora poco chiari.

La plastica è uno dei materiali più comunemente prodotti e utilizzati al mondo grazie alle sue eccezionali caratteristiche. Tuttavia, l’uso sempre più diffuso di materie plastiche e, soprattutto, la cattiva gestione dei rifiuti plastici hanno determinato impatti legativi sugli ecosistemi, anche su quelli più remoti come gli abissi dell’oceano, per effetto delle microplastiche che possono essere prodotte dall’industria (come le microsfere utilizzate in molti prodotti cosmetici o per l’igiene personale), o derivare dalla degradazione in mare di oggetti di plastica più grandi per effetto del vento, del moto ondoso o della luce ultravioletta.

La maggior parte delle microplastiche studiate è costituita da polimeri sintetici di vernici e rivestimenti antivegetativi, impermeabilizzanti e anticorrosivi utilizzati sia nelle imbarcazioni che nelle attrezzature da pesca, individuate tramite specifiche metodologie di colorazione e di spettroscopia infrarossa in campioni del crostaceo raccolti nella fascia costiera di fronte a NyÅlesund un insediamento situato nel nord-ovest dell’isola di Spitsbergen, la più estesa dell’arcipelago delle Svalbard, oltre il 78º parallelo nord, nell’ambito delle attività della Stazione artica “Dirigibile Italia”, una base di ricerca italiana gestita dal CNR, che prende il nome dal dirigibile protagonista delle spedizioni del generale ed esploratore Umberto Nobile e del suo equipaggio.

“Lo studio realizzato con CNR e La Sapienza dimostra che le microplastiche hanno invaso anche le terre più a Nord del Pianeta e sono in grado di penetrare ogni livello dell’ecosistema, con danni agli organismi e all’ambiente ancora poco compresi – ha sottolineato la ricercatrice dell’ENEA Valentina Iannilli del Laboratorio Biodiversità e Servizi ecosistemici e principale autrice dello Studio – Infatti le microplastiche scambiate per cibo possono  arrivare all’apparato digerente degli animali, nei tessuti e poi nelle parti edibili dei pesci. Trattandosi di una specie molto abbondante (fino a 3.000 individui al m2) il rischio di trasferimento delle microplastiche, nella catena alimentare umane è rilevante”.

All’interno di questo crostaceo di dimensioni intorno ai 3 cm, sono state rinvenute mediamente 72,5 particelle di microplastica tra i 3 e i 370 micrometri (milionesimi di metro), la maggior parte delle quali più piccole di un trentesimo di millimetro (30 micrometri).

L’utilizzo di bioindicatori come questo crostaceo – ha continuato la Iannilli – è di grande importanza nel monitoraggio delle microplastiche, poiché può fornire un quadro molto più realistico della contaminazione e soprattutto indicare quanto questa contaminazione sia trasferita nella catena alimentare e possa potenzialmente arrivare anche a noi”.

In copertina: Gammarus setosus, un anfipode di dimensioni tra 2-3cm molto diffuso nelle zone costiere del Mar Artico interessate dalle maree, oggetto di preda di pesci e uccelli che vivono nella regione.

di Eleonora Giovannini

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