Secondo un Rapporto della Società di consulenza strategica McKinsey & Company, la necessaria transizione verso emissioni zero al 2050, se ben gestita, potrebbe portare ad un saldo positivo di 15 milioni di nuovi posti di lavoro, ma costerebbe 275 trilioni di dollari a livello globale, più di quanto finora previsto. Comunque, le esternalità positive sarebbero superiori a quelle negative.
Nel momento in cui i governi e le imprese alla COP26 di Glasgow hanno assunto l’impegno a conseguire la neutralità carbonica entro il 2050 per rimanere nella traiettoria di 1,5 °C di aumento della temperatura globale entro la fine del secolo, secondo l’Accordo di Parigi, la Società di consulenza strategica McKinsey & Company ha esaminato gli effetti della transizione su domanda, allocazione del capitale, costi e posti di lavoro in tutti i settori in 69 paesi che producono circa l′85% delle emissioni globali.
Secondo il Rapporto “The net-zero transition: What it would cost, what it could bring” , che utilizza l’ipotetico scenario Net Zero 2050 del Network for Greening the Financial System (NGFS) come punto di partenza, il capitale da investire in asset fisici ammonterebbe entro il 2050 a circa 275 trilioni di dollari, pari al 7,5% del PIL globale, circa 9,2 trilioni di dollari l’anno, corrispondenti a un aumento di 3,5 trilioni di dollari rispetto all’attuale livello di spesa annuale, come conseguenza del passaggio dalle attività ad alte emissioni a quelle a emissioni ridotte, equivalenti alla metà dei profitti aziendali globali del 2020, a un quarto delle entrate fiscali totali o al 7% della spesa delle famiglie nello stesso anno.
“La transizione verso lo zero netto rappresenterà una massiccia trasformazione economica – ha affermato Mekala Krishnan, partner del McKinsey Global Institute e autore principale del Rapporto – Le azioni delle singole aziende e dei governi, insieme al supporto coordinato per i settori, i paesi e le comunità più vulnerabili, faciliterebbero gli adeguamenti economici e sociali che saranno necessari“.
Raggiungere lo zero netto significherebbe una trasformazione fondamentale dell’economia mondiale, poiché richiederebbe cambiamenti significativi ai 7 sistemi energetici e di uso del suolo che producono le emissioni mondiali
– energia, costituita da elettricità e generazione di calore: il 30% delle emissioni di CO2 e il 3% delle emissioni di protossido di azoto (N2O);
– industria, con i vari processi industriali, tra cui la produzione di acciaio, cemento, e prodotti chimici, estrazione e raffinazione di petrolio, gas e carbone: 30% di CO2emissioni, 33% delle emissioni di metano, 8% delle emissioni di N2O;
– mobilità, rappresentata da mezzi di trasporto stradali, aerei, ferroviari, marittimi e di altro tipo, per il 19% delle emissioni di CO2 e 2% delle emissioni di N2O;
– edifici, compresa l’energia necessaria per il riscaldamento e per cucinare, pari al 6% di CO2;
– agricoltura, per l’uso diretto dell’energia in azienda e nelle attività agricole e di pesca, per l’1% pratiche e pesca: 1% delle emissioni di CO2, 38% delle emissioni di metano e 79% delle emissioni di N2O;
– silvicoltura e altri usi del suolo, in particolare per il cambiamento di copertura del suolo, con 14% delle emissioni di CO2, il 5% di emissioni di metano e 5% di quelle emissioni di N2O;
– rifiuti, per smaltimento, trattamento e incenerimento di rifiuti solidi, trattamento delle acque reflue, per un totale del 23% delle emissioni di metano e del 3% delle emissioni di N2O.Per realizzare questi cambiamenti, dovrebbero essere soddisfatti 9 requisiti chiave di 3 Categorie: gli elementi fisici, gli adeguamenti economici e sociali, le trasformazioni di governance, sullo sfondo di molte sfide economiche e politiche.
La transizione potrebbe portare alla creazione di circa 200 milioni di nuovi posti di lavoro diretti e indiretti, compensando le perdite e le riqualificazioni di 185 milioni di posizioni entro il 2050, per un saldo netto positivo di 15 milioni di nuovi posti di lavoro.
Secondo il Report, i cambiamenti dovranno essere concentrati nella prima fase della transizione, con il prossimo decennio che sarà determinante. La spesa potrebbe salire all’8,8% del PIL tra il 2026 e il 2030, rispetto al 6,8% attuale, prima di scendere nuovamente.
Sebbene questi requisiti di spesa siano elevati, molti investimenti avrebbero profili di ritorno positivi e non dovrebbero essere visti semplicemente come costi.Inoltre, l’innovazione tecnologica potrebbe ridurre i costi di capitale per le tecnologie net-zero più velocemente del previsto.
“Quando pensiamo alla tecnologia, potremmo essere più avanti di quanto la gente creda – ha aggiunto la Krishnan – Circa l’85% delle riduzioni delle emissioni di cui abbiamo bisogno per arrivare a zero netto in Europa sono realizzabili con le tecnologie che già oggi esistono”.
Se tale transizione fosse mal gestita comporterebbe rischi, come la carenza di approvvigionamento energetico e l’aumento dei prezzi, in particolare se il passaggio allo zero netto fosse ritardato o troppo velocemente intrapresa, ha ammonito McKinsey. Viceversa, se ben coordinata potrebbe fornire ricompense a lungo termine, come un calo dei costi energetici, migliori risultati in termini di salute pubblica e la conservazione del capitale naturale.
“Mentre i compiti immediati che abbiamo davanti possono sembrare scoraggianti, l’ingegnosità umana può alla fine risolvere l’equazione delle emissioni zero nette, proprio come ha risolto altri problemi apparentemente intrattabili negli ultimi 10.000 anni – si legge nel report – La questione chiave è se il mondo può trovare l’audacia e la determinazione necessarie”.