Sostenibilità

Limiti planetari sicuri e giusti: nessun Paese li assicura

Sulla base delle teorie sui limiti planetari sicuri e giusti (l’economia della ciambella), uno Studio di due ricercatori italiani ha trovato la conferma che, pur utilizzando indicatori meno rigorosi, nessun Paese oggi è in grado di vivere nei limiti planetari sicuri e giusti, con i Paesi ricchi che sforano i limiti ambientali planetari, mentre quelli poveri non riescono a garantire i livelli minimi di benessere.

Nessun paese al mondo oggi sarebbe in grado di vivere in planetari sicuri e giusti.

È la conclusione dello Studio Living in the ‘doughnut’: Reconsidering the boundaries via composite indicators”, pubblicato sul numero di dicembre 2024 di Ecological Indicators, Rivista il cui obiettivo è il monitoraggio e la valutazione degli indicatori ecologici e ambientali con le pratiche di gestione, e condotto da Tommaso Luzzati, Professore di Economia politica al Dipartimento di Economia e Management e membro REMARC (Responsible Management Research Center) dell’Università di Pisa, e da Gianluca Guicciardi, Ricercatore dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – Dipartimento di Economia, Management e Statistica (DEMS).

Sulla base della teoria dei “confini planetari” (Planetary Boundaries) elaborata nel 2009 dall’attuale Direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), Johan Rockström ed altri dello Stockholm Resilience Centre, e dell’integrazione nel 2012 da parte dell’economista dell’Università di Oxford Kate Raworth di uno “spazio sicuro e giusto” per garantire che tutti abbiano quel che è essenziale per vivere (“l’economia della ciambella”), nonché sulle valutazioni empiriche che hanno rivelato come nessun paese rientri attualmente in questa “ciambella”, i ricercatori si sono posti la domanda se utilizzando metriche meno rigorose che consentano compromessi tra indicatori, i risultati possano migliorare.

A tal fine, combinando tecniche alternative di normalizzazione, ponderazione e aggregazione, i dui scienziati hanno costruito due set separati di indicatori compositi: uno la dimensione sociale e un altro per quella ambientale. Hanno quindi analizzato la performance di 81 Stati, stilando anche diverse graduatorie. Come linea generale è emerso che i Paesi ricchi sforano i limiti ambientali planetari, mentre quelli poveri non riescono a garantire i livelli minimi di benessere.

Nel complesso lo studio ha preso in considerazione 11 indicatori socioeconomici (soddisfazione nella vita, aspettativa di vita sana, alimentazione,  servizi igienico-sanitari, reddito, accesso all’energia, istruzione, sostegno sociale, qualità della democrazia, uguaglianza, occupazione) e 6 indicatori ambientali (emissioni di CO2, fosforo, azoto, uso del suolo, impronta ecologica e impronta materiale, ovvero il peso complessivo di tutti i materiali  estratti dall’ambiente per sostenere la crescita economica)

Comportamento specifico per Paese rispetto ai confini sociali e ambientali. La figura mostra i Paesi che non stanno superando i confini planetari (blu), quelli che stanno rispettando i confini sociali (giallo) e quelli che stanno superando i confini ambientali e che al contempo non rispettano i confini sociali (rosso).  Fonte: Ecological Indicators, 2024

Come è normale che sia, specie per le classifiche, le cose non sono mai bianche o nere – ha dichiarato Luzzati – Ciò premesso abbiamo trovato che 26 paesi rispettano i parametri socioeconomici. Ai primi posti, come immaginabile, ci sono i paesi scandinavi, ma anche Belgio e Svizzera. L’Italia raggiunge la ‘sufficienza’ e si colloca al 19° posto, superando fra le più grandi nazioni europee solo Portogallo, Spagna e Ungheria”.

Per quanto riguarda gli indicatori ambientali rispettano i parametri 31 paesi del sud globale, tra cui Malawi, Bangladesh, Tajikistan, Nigeria e Mozambico – ha continuato Luzzatti – Infine, non stanno nella ciambella ma si avvicinano ad essa diversi paesi del Centro e Sud America, quali Messico, Costa Rica, Panama, Ecuador, Colombia, Perù e Cile, in Europa Croazia e Bulgaria e in Asia Cina e Thailandia”.

L’analisi rafforza i risultati precedenti, dimostrando che, anche con criteri meno rigorosi, nessun Paese rientra attualmente nella categoria “ciambella”, evidenziando il divario sostanziale da colmare nelle politiche sociali e ambientali.

Immagine di copertina: REMARC (Responsible Management Research Center) dell’Università di Pisa.

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