Ricercatori della Cornell University stanno mettendo a punto un sistema per sapere quando e quanto irrigare, risparmiando il 40% dell’acqua utilizzata con i metodi più tradizionali.
L’acqua dolce non è illimitata; le precipitazioni non sono prevedibili; le piante non hanno sempre sete: sono le considerazioni che hanno spinto alcuni ricercatori della Cornell University a sviluppare un approccio predittivo di controllo automatico dei sistemi di irrigazione.
Solo il 3% dell’acqua mondiale è potabile ed oltre il 70% di quell’acqua dolce viene utilizzata per l’agricoltura. L’irrigazione non necessaria spreca enormi quantità d’acqua, con alcune colture che vengono irrigate il doppio di quel che avrebbero bisogno, contribuendo all’inquinamento di falde acquifere, laghi e oceani.
Combinando i dati provenienti dai satelliti e quelli dei censimenti agricoli e utilizzando modelli computerizzati per simulare il funzionamento della pianta mentre l’acqua sale dalle radici al gambo per poi evaporare attraverso l’apparato fogliare, gli autori di uno Studio pubblicato sul numero di ottobre 2018 di Environmental Research Letters, sono stati in grado di quantificare la differenza tra la quantità d’acqua effettivamente necessaria per una determinata coltura e quel che le viene somministrata, per stimare i possibili aumenti di produttività delle colture.
Un modello predittivo, quindi, che combini informazioni sulla fisiologia vegetale, sulle condizioni del terreno in tempo reale e sulle previsioni meteorologiche, secondo il nuovo Studio “Robust Model Predictive Control of Irrigation Systems with Active Uncertainty Learning and Data Analytics” , pubblicato su IEE Transactions on Control Systems Technology, potrebbe aiutare ad assumere decisioni più informate su quando e quanto irrigare, risparmiando il 40% dell’acqua utilizzata con i metodi più tradizionali.
“Se si disponesse di un sistema in grado di collegare tutte le eccellenti fonti di big data e machine learning – ha affermato Fengqi You, Prof. di Ingegneria dei Sistemi energetici presso la Cornell Universtity (Ithaca, NY) e co-autore dello Studio – si potrebbe rendere intelligente l’agricoltura“.
L’idea fondamentale è quella di utilizzare i dati meteorologici storici e l’apprendimento automatico per valutare l’incertezza delle previsioni meteorologiche in tempo reale, nonché di quella sulla quantità di acqua persa nell’atmosfera dalle foglie e dal suolo (evapotraspirazione), combinando tra loro le informazioni i modelli meccanicistici e rendendo le decisioni per l’irrigazione molto più precise..
Co-autore dello Studio è Abraham Stroock, Professore di ingegneria chimica e biomolecolare, che sta lavorando a strategie di conservazione dell’acqua con i coltivatori di mele dello stato di New York e con quelli di mandorle, mele e viticoltori nelle regioni della costa occidentale degli Stati Uniti, colpite dalla siccità.
“Queste colture praticate negli ambienti semiaridi della Central Valley della California, sono grandi consumatrici di acqua – 4-5 litri di acqua per mandorla. Quindi c’è una reale opportunità per migliorare il modo con cui gestiamo l’acqua in questi contesti – ha dichiarato Stroock – Il controllo preciso dell’umidità delle piante potrebbe anche migliorare la qualità delle colture specializzate sensibili come le uve da vino”.
Tra le sfide della ricerca c’è l’identificazione del metodo migliore per ogni coltura e la determinazione dei costi e dei benefici del passaggio ad un sistema automatizzato da quello gestito dall’uomo. Poiché gli alberi di mele sono relativamente piccoli e rispondono rapidamente ai cambiamenti delle precipitazioni, hanno sottolineato i ricercatori, potrebbero non aver bisogno di settimane o mesi di dati meteorologici, mentre gli alberi di mandorla che tendono ad essere più grandi e più lenti ad adattarsi, beneficiano delle previsioni a lungo termine.
“Abbiamo bisogno di valutare il giusto livello di complessità per una strategia di controllo, e il più sofisticato potrebbe non avere molto più senso – ha concluso Stroock – Gli esperti hanno raggiunto capacità gestionali piuttosto buone, per cui se si propone a qualcuno di investire nelle nuove tecnologie, dobbiamo essere sicuri che queste siano migliori di quelle proposte dagli esperti”.